"L’esistenza di una collezione iconografica della dinastia dei Savoia-Carignano e dei suoi rami collaterali, è attestata a partire almeno dall’inventario redatto nel 1838 che riportava nella Sala di Ricevimento a sinistra di quella di accesso al secondo piano del castello la presenza di diciotto ritratti di principi e principesse di Carignano, muniti tutti di cornice in legno dorato con ornati in pastiglia e dotata di targa con l’iscrizione per il riconoscimento dell’effigiato. Questa tipologia di cornice è ancora riconoscibile in parte delle opere pittoriche esposte nella stanza 22. Lo stesso assetto è testimoniato nel successivo inventario del 1850, con l’incremento dei ritratti di Carlo Alberto e Maria Teresa di Toscana e di due tele di maggiore formato per i capostipiti, Maria di Borbone e il principe Tommaso, e poi nella Guida alla residenza di Giuseppe Casale, pubblicata nel 1873, dove si registrava anche la presenza, in questa stessa sala, dei ritratti dei più recenti esponenti del casato. La tela rappresenta Maria Vittoria Francesca di Savoia (Torino, 1690-Parigi, 1766), figlia legittimata del re di Sardegna Vittorio Amedeo II, nata dalla relazione con Giovanna-Battista d'Albert di Luynes contessa di Verrua, nota come madamigella di Susa. Nel 1714 sposò il principe Vittorio Amedeo I di Carignano che seguì dal 1720 a Parigi, ove prevalentemente visse. Sino al 1741 visse all’Hotel de Soisson, il palazzo dinastico dei principi di Savoia-Carignano nella capitale francese. Analogamente al consorte, mantenne un alto tenore di vita frequentando i principali salotti parigini e intrattenendo varie relazioni tra cui quella con il cardinale di Fleury e Luigi Enrico di Borbone. Due furono i figli nati da questo matrimonio che raggiunsero l’età adulta Luigi Vittorio, principe di Carignano, e Anna Tersa, che sposò Carlo di Rohan, principe di Soubise. L’opera è stata a più riprese riferita dagli studi, analogamente al ritratto della consorte che gli fa da pendent, benché originariamente i due dipinti non sembra siano stati concepiti insieme, a Carle van Loo o al suo talentuoso nipote Louis Michel, o ancora al più anziano fratello Jean Baptiste e alla loro vasta bottega. Carle fu protetto dal principe Vittorio Amedeo nei decenni di permanenza a Torino, tra il secondo e il quarto decennio del Settecento, e dopo il definitivo trasferimento in Francia, avvenuto nel 1735, fu incaricato di decorare alcune sale del palazzo parigino dei Savoia-Carignano. Non si trova, tuttavia, traccia nel catalogo redatto dopo la morte del principe per la messa all’asta della sua collezione d’arte (1742) di ritratti riferiti all’artista di origini nizzarde o a membri della sua ampia famiglia. Vale la pena di osservare che presso il castello di Racconigi si trovano altri due ritratti della principessa che presentano l’uso di questo medesimo prototipo, segno della fortuna iconografica dello stesso. La presenza di numerose iscrizioni inventariali, tutte riferibili ai primi decenni del Novecento, quando il ritratto senza dubbio già si trovava a Racconigi, non permette di confermare una originaria presenza dell’opera nel castello, né, per altro, figurano contrassegni inventariali di passaggi collezionistici precedenti. L’esibizione di un atteggiamento da penitente, inginocchiata con il libro di preghiere tra le mani e con il corpo interamente coperto dal mantello, suggeriscono una cronologia dell’opera successiva alla morte del consorte, avvenuta nel 1741. Anche l’aspetto maturo e pingue del volto concorre a confermare una datazione lungo il quinto decennio del Settecento. Si noti, tuttavia, che l’esibizione in primo piano del drappo rosso trapunto da croci sabaude, sottolineando l’origine della principessa, conferisce allo stesso dipinto, il chiaro ruolo di immagine ufficiale dell’effigiata, elemento che confermerebbe la circolazione di replica. Dal punto di vista stilistico, pur trattandosi di un dipinto di notevole qualità, la scelta di immediatezza nella posa, che sottolinea l’interruzione della lettura per rivolgersi all’osservatore, e la qualità della pennellata potrebbero indurre a collocare l’opera non esclusivamente nella cerchia dei pittori della famiglia Van Loo, ma a un più ampio raggio di talentuosi artisti attivi a Parigi alla metà del XVIII secolo". [1] |