Anunnaki

Sigillo cilindrico accadico risalente circa al 2300 a. C. raffigurante le divinità Inanna, Utu ed Enki, tre Anunnaki

Il termine sumerico Anunna(ki), reso in accadico con Anunnakkū, o, occasionalmente con Anukkū o Enunnakkū o Annunaki, indica, nelle religioni della Mesopotamia, l'insieme o parte degli dèi.[1][N 1]

Il nome e i miti

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Il loro nome è riportato in vari modi: "da-nuna", o "da-nun-na", col significato di "progenie del Principio" (il Dio supremo dell'universo);[1] in forma completa "da-nun-na-ke4-ne", Anunnaki significa "figli del Cielo e della Terra" (An, "Cielo", e Ki, "Terra").[2]

L'assiriologo italiano Pietro Mander sostiene[3] che gli dèi Anunna siano un nome collettivo di divinità dal significato, forse, di "discendenza principesca", e forse:

«dal periodo kassita, allorché è posto in opposizione all'altro collettivo, Igigi [...] il nome passa a designare le divinità infere, mentre nel periodo sumerico designava l'insieme degli dèi, anche celesti. Tuttavia, anche nel Quando in alto, databile alla fine del II millennio, si parla di Annunaku celesti (in numero di 300) insieme a quelli ctoni (che sono il doppio: 600).»

Così gli assiriologi Jean Bottéro e Samuel Noah Kramer:[4]

«Gli Anunna, definizione sumerica ("Progenie del Principe"), resi in accadico con Anunnuku, Anunnaki, sembrano aver inizialmente composto il gruppo dei grandi dèi, che esercitavano all'interno della comunità divina i principali ruoli di comando, mentre gli Igigu-Igigi, termine più recente, di origine probabilmente semitica ma di significato fondamentalmente sconosciuto, designavano l'insieme degli dèi "lavoratori" di ordine inferiore [...]. Più tardi la differenza si è sfumata e ciascuno dei due vocaboli ha potuto confondersi con l'altro o riferirsi, a seconda dei casi, sia all'insieme degli dèi, sia a questa o a quell'altra delle loro categorie. Anunnaku, per esempio, si è facilmente esteso alle divinità che abitano gli inferi come si vede in 18:32, mentre nella versione sumerica [...] il corrispondente Anunna indica il gruppo di divinità infernali più importanti, che raccolti in assemblea prendono decisioni fondamentali.»

Giovanni Pettinato ne raccoglie diverse indicazioni:[5]

«Anunna(ki/u) I. "Progenie principesca". Designazione degli dèi del cielo e della terra. In generale il nome indica o un gruppo consistente di divinità, sia celesti sia infere, o le sette divinità maggiori che decidono i destini, sia dei vivi che dei morti. Nel mito della discesa agli Inferi di Ištar, il termine è usato nel doppio senso, grandi dèi celesti e grandi dèi degli Inferi. Nel mito di Nergal ed Ereškigal, così come in quello della discesa agli Inferi di Ištar, gli Annunaki appartengono al regno degli Inferi.
Anunna (ki/u) II. Dèi inferi. La totalità degli dèi che risiedono negli Inferi alla corte di Ereškigal, oppure i grandi dèi degli Inferi che decidono i destini dopo la morte.
Anunna(ki/u) III. "Anunna del Duku": ricevono i doni da Gilgameš al suo arrivo agli Inferi.»

Secondo il mitologo statunitense David Adams Leemings il loro nome richiama il Cielo (An)[6] e consisterebbero negli dèi sumeri delle origini, indicando delle divinità ctonie della fertilità, associate al mondo sotterraneo, del quale sono i giudici.[6]

Gli Anunna nella letteratura religiosa sumerica

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La prima apparizione di questo nome collettivo delle divinità mesopotamiche appare nella letteratura religiosa sumerica risalente al periodo di Ur III (XX secolo a.C.).[7]

(SUX)

«1.⌈u4? an? en⌉-né an mu-ká[r?] ki mu-gi6 kur-šè igi m[u-lá?/bar]
2. bùru a nu-bal ninda nu-gar ki-dagal xx ⌈á⌉ nu-aka
3.[i] šib-maḫ d en-⌈líl⌉-lá nu-ùḡál [š]u ⌈luḫ⌉-ku-ge ⌈šu⌉ su-nu-ù-ma-du7
4. x xan-na ⌈ke4-šu⌉ nu-ù ⌈du7⌉ [dik] u5? ⌈nu-di⌉
5. [an-k]i teš-bi-a mu-dab5»

(IT)

«1. An, il signore, illuminava il cielo, mentre la Terra (Ki) era al buio e nel Kur[8] lo sguardo non penetrava;
2. dall'abisso non si attingeva acqua,[9] nulla si produceva, nella vasta terra non venivano scavati solchi;
3. L'eccelso purificatore di Enlil non esisteva ancora, i riti di purificazione non venivano eseguiti;[10]
4. [la iero]dula del cielo non era ancora ornata,[11] non si proclamavano le (sue) [lodi (?)];
5. [Cielo e Ter]ra non erano legati l'uno all'altra (formulando) un tutt'uno,
6. non si erano ancora sposati;
7. la Luna non splendeva ancora, l'oscurità si estendeva [(dappertutto)];
8. An manifestava il suo splendore nell'abitazione (celeste),
9. il luogo dove egli abitava, non presenta tracce di vegetazione,
10. i poteri (me) di Enlil non erano stati distribuiti nei paesi
11. la santa signora dell'E-anna[12] non riceveva ancora le of[ferte];
12. i grandi Dei, gli Anunna,[N 2] non circolavano sulla terra (?)
13. gli dèi del cielo, gli dèi della terra non esistevano ancora.»

Gli Anunnaki nella letteratura religiosa in lingua accadica

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La relazione fra gli dèi Anunnaki e gli dèi Igigi non è chiara: talvolta i due nomi sono intercambiabili, ma, nel mito semitico del diluvio di Atra-ḫasis, gli Igigi costituiscono la sesta generazione di divinità, che devono lavorare per gli Anunnaki; dopo la loro ribellione sono sostituiti dall'umanità, che è creata in quella occasione.[13]

Gli Anunnaki sono anche menzionati nell'Epopea di Gilgameš, versione classica, quindi in lingua accadica, quando Utanapištim racconta la storia del Diluvio. Secondo questa tradizione, gli Anunnaki avevano incendiato la terra prima dell'arrivo della tempesta.[N 3]

Gli Anunnaki compaiono nel poema babilonese Enūma eliš.[14] Dopo la creazione dell'umanità, il dio Marduk divise gli Anunnaki (i "grandi dèi") in due gruppi di trecento divinità ciascuno e assegnò al primo gruppo il cielo e al secondo la terra.[15] Per gratitudine, gli Anunnaki costruirono una nuova dimora per gli dèi Marduk, Enlil ed Ea: il tempio di Esagila, che eguagliava l'Apsû.

Note al testo
  1. ^ «Gli dèi Anuna. Un nome collettivo di divinità è Anuna (forse "discendenza principesca"), in accadico Anunnaku. Forse dal periodo kassita, allorché è posto in opposizione all'altro collettivo, Igigi (cfr. pp. 104-5); il nome passa a designare le divinità infere, mentre nel periodo sumerico designava l'insieme degli dèi, anche celesti. Tuttavia, anche nel Quando in alto, databile alla fine del II millennio, si parla di Anunnaku celesti (in numero di 300) insieme a quelli ctoni (che sono il doppio: 600)», cfr. Mander, p. 90.
  2. ^ Annuna (ki) riportato come: da-nuna, da-nuna-ke4-ne, d'a-nun-na, con il significato di "sangue principesco", "stirpe reale", sono il nome collettivo degli dèi principali e appare qui tra le prime volte. In genere sono indicati nel numero di cinquanta, ma nell'Enûma Eliš sono sei, in altre tradizioni sette.
  3. ^
    (AKK)

    «d-a-nun-na-ki il-šu-ú di-pa-ra-a-ti
    ina nam-ri-ir-ri-šu-nu ú-ḫa-am-ma-ṭu ma-a-tum»

    (IT)

    «Gli Annunaki levano le fiaccole,
    col loro splendore bruciano il paese»

Fonti
  1. ^ a b Leick, p. 7.
  2. ^ Black, Green, p. 34.
  3. ^ Mander, p. 90.
  4. ^ Bottéro, Kramer, p. 58.
  5. ^ Pettinato, pp. 527-528.
  6. ^ a b Leemings, p. 21.
  7. ^ Leick, p. 8.
  8. ^ Van Dijk e Römer rendono con Inferi; Chiodi e Pettinato come "montagna mitica".
  9. ^ Questo abisso è la dimora di Enki.
  10. ^ Ancora un riferimento a Enki che soprintendeva a questi riti.
  11. ^ Si riferisce a Inanna quindi alla stella Venere.
  12. ^ Si riferisce a Inanna, anch'essa divinita poliade di Uruk.
  13. ^ Leick, p. 85.
  14. ^ Enûma Eliš, Tavola I, 156.
  15. ^ Enûma Eliš, Tavola VI, 39-69.
  • Jean Bottéro, Samuel Noah Kramer, Uomini e dèi della Mesopotamia, Torino, Einaudi, 1992, ISBN 978-88-06-12737-4.
  • (EN) Jeremy Black e Anthony Green, Gods, Demons and Symbols of Ancient Mesopotamia: An Illustrated Dictionary, Austin, University of Texas Press, 1992, ISBN 978-0-292-70794-8.
  • (EN) Gwendolyn Leick, A Dictionary of Ancient Near Eastern Mythology, New York, Routledge, 1998, ISBN 978-0-415-00762-7.
  • Giovanni Pettinato, Mitologia assiro-babilonese, Torino, UTET, 2005, ISBN 978-88-02-07088-9.
  • Pietro Mander, La religione dell'antica Mesopotamia, Roma, Carocci, 2009, ISBN 978-88-430-5109-0.
  • (EN) David Leemings, The Oxford Companion to World Mythology, Oxford, Oxford University Press, 2009, ISBN 978-0-19-538708-7.

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