Ardito (torpediniera)

Ardito
Il varo dell’Ardito
Descrizione generale
Tipotorpediniera di scorta
ClasseCiclone
Proprietà Regia Marina
Kriegsmarine
CostruttoriAnsaldo, Sestri Ponente
Impostazione3 aprile 1941
Varo16 marzo 1942
Entrata in servizio30 giugno 1942
Destino finalecatturata il 16 settembre 1943, incorporata nella Kriegsmarine come TA 26, affondata da motosiluranti il 15 giugno 1944
Caratteristiche generali
Dislocamentostandard 1160 t
carico normale 1652 t
pieno carico 1800 t
Lunghezza87,75 m
Larghezza9,9 m
Pescaggio3,77 m
Propulsione2 caldaie
2 turbine Tosi
potenza 16.000 HP
2 eliche
Velocità26 nodi (48,15 km/h)
Autonomia2800 miglia nautiche a 14 nodi
800 miglia nautiche a 22 nodi
Equipaggio7 ufficiali, 170 tra sottufficiali e marinai
Armamento
Artiglieria2 pezzi da 100/47 mm
8 mitragliere Breda 20/65 Mod. 1935 (4 impianti binati)
4 mitragliere da 2 cm FlaK (1 impianto Flakvierling quadrinato)
Siluri4 tubi lanciasiluri da 533 mm
Altro4 lanciabombe di profondità
attrezzature per il trasporto e la posa di 20 mine
dati presi principalmente da Warships 1900-1950, Regiamarina (archiviato dall'url originale il 18 giugno 2012). e Trentoincina.
voci di navi presenti su Wikipedia

L’Ardito è stata una torpediniera di scorta della Regia Marina.

Moderna unità della classe Ciclone, concepita appositamente per scortare i convogli lungo le pericolose rotte per il Nordafrica, la torpediniera entrò in servizio a metà 1942 ed ebbe intenso impiego nelle acque tra Italia, Libia, Grecia e Tunisia.

Una volta operativa fu assegnata alla III Squadriglia Torpediniere, effettuando un intenso periodo di addestramento iniziale[1].

Alle otto di sera del 12 ottobre salpò da Brindisi di scorta, insieme al cacciatorpediniere Folgore e da Recco ed alla torpediniera Clio, alla moderna motonave D'Annunzio; il convoglio si congiunse poi con un altro proveniente da Corfù (torpediniera Partenope e cacciatorpediniere Lampo di scorta alla motonave Foscolo); e giunse indenne in porto il 14, nonostante continui attacchi aerei che vennero respinti con il fuoco delle armi di bordo[2]. L’Ardito e le altre unità della scorta ripartirono in giornata e scortarono poi le motonavi Sestriere e Ruhr in rotta di rientro, senza venire attaccati[2].

Il 4 novembre 1942 scortò indenne a Tripoli (insieme ai cacciatorpediniere Freccia, Folgore ed Hermes, quest'ultimo tedesco, ed alla torpediniera Uragano), nonostante ripetuti attacchi aerei britannici, un convoglio composto dalla nave cisterna Portofino e dai trasporti Col di Lana ed Anna Maria Gualdi[2].

Il 30 novembre, alle undici di sera, lasciò Napoli per scortare a Tripoli, insieme alle torpediniere Lupo, Aretusa e Sagittario, il convoglio «C», formato dai piroscafi Chisone, Veloce e Devoli[2]. Intorno alle otto di sera del 2 dicembre il convoglio fu attaccato da quattro aerosiluranti Fairey Albacore dell'821° ed 828° Squadron di Malta: il piroscafo Veloce riuscì con le proprie mitragliere ad abbattere un velivolo, ma alle 20.15 fu colpito da un siluro che lo incendiò[3]. La torpediniera Lupo rimase sul posto per fornire assistenza, mentre il resto del convoglio proseguì verso la propria destinazione. Tra le 23.30 e la mezzanotte Lupo e Veloce furono attaccati dalla Forza K britannica ed affondati dopo un impari combattimento[4].

Il 16 dicembre 1942 la torpediniera effettuò un'azione antisommergibile, conclusasi con il probabile danneggiamento di un'unità subacquea nemica[5].

Il 25 dicembre dello stesso anno l’Ardito e la gemella Ardente stavano scortando un convoglio nel golfo di Tunisi quando, una decina di miglia a nordovest dell'isola di Zembra, le navi vennero attaccate dal sommergibile britannico P 48: la reazione con bombe di profondità da parte delle due torpediniere colpì il sommergibile, che affondò con tutto l'equipaggio nel punto 37°15' N e 10°30' E[5][6][7].

Il 12 gennaio 1943 l’Ardito recuperò i naufraghi della gemella Ardente, affondata al largo di Punta Barone (Sicilia) a seguito di una collisione con il cacciatorpediniere Grecale[5].

La nave soccorse inoltre, in varie occasioni, naufraghi di mercantili affondati, venendo in un'occasione mitragliata da aerei nemici con danni e perdite tra l'equipaggio, riuscendo però ad abbattere due aerei[5].

Il 9 giugno 1943 la torpediniera effettuò un'altra azione antisom di cui non si sono potuti accertare i risultati[5].

Il 21-22 giugno 1943 la nave scortò a Siracusa un trasporto, che mentre entrava in porto fu attaccato da un'unità subacquea avversaria con il lancio di due siluri: da bordo dell’Ardito furono avvistate le scie e fu aperto il fuoco contro le due armi, permettendo al mercantile di accorgersi dell'attacco ed evitare i siluri[5]. Seguì una pesante caccia antisommergibile da parte dell’Ardito, i cui risultati non sono stati però accertati[5].

Complessivamente la torpediniera effettuò 54 missioni di scorta, 26 delle quali nel 1942 e 28 nel 1943, abbattendo tutto quattro aerei angloamericani[1].

La proclamazione dell'armistizio sorprese l’Ardito nella base di La Spezia: nel corso della giornata dell'8 settembre 1943 l'unità ed una nave gemella, l’Aliseo, salparono dal porto ligure e diressero per Bastia, dove giunsero in serata, di scorta alla motonave armata Humanitas[8][9]. Il 9 settembre le truppe tedesche tentarono con un colpo di mano l'occupazione del porto corso: l’Aliseo riuscì a salpare ed uscire dal porto, ma l’Ardito, mentre si preparava a sua volta a partire, venne cannoneggiata e mitragliata dai cacciasommergibili tedeschi UJ 2203 ed UJ 2219 e fatta oggetto anche del tiro delle mitragliere della motonave Humanitas, catturata dalle truppe germaniche: il fuoco di cannoni e mitragliere uccise 70 dei 180 membri dell'equipaggio dell’Ardito, oltre ad arrecare pesanti danni alla torpediniera; poi la nave, bloccata all'interno del porto, venne assaltata dalle truppe tedesche[9]. Tuttavia, dopo la sorpresa iniziale, le truppe italiane organizzarono un contrattacco: gli artiglieri italiani riconquistarono le batterie costiere e l’Aliseo, poco fuori del porto, affrontò ed affondò l’UJ 2203 e l’UJ 2209 insieme ad un motobattello della Luftwaffe ed a cinque motozattere armate tedesche. Riparata alla meglio, l’Ardito poté lasciare il porto corso a seguito dell’Aliseo e fece rotta per Portoferraio (dove erano confluite numerose torpediniere, corvette ed unità minori ed ausiliarie provenienti dai porti del Tirreno), ove arrivò intorno alle 18 del 9 settembre, necessitando di riparazioni[8][10]. Causa la serietà dei danni, l’Ardito, a differenza delle altre unità, non poté ripartire per il sud, ed il 16 settembre 1943 la torpediniera fu catturata dai tedeschi nel porto elbano[1][11][12]. La nave venne quindi incorporata nella Kriegsmarine come TA 26[1][11] e nel gennaio 1944 fu assegnata alla X Flottiglia Torpediniere con base a Genova[13]. Formalmente in servizio dal 18 dicembre 1943, in realtà compì le prove in mare appena il 2 febbraio 1944[14].

Nella notte tra il 24 ed il 25 aprile 1944 la TA 26 ed altre due torpediniere ex italiane, la TA 23 (ex Impavido) e TA 29 (ex Eridano) effettuarono la posa di un campo minato a meridione di Capraia, ma poco dopo la TA 23 urtò una mina rimanendo danneggiata; la TA 26 la prese a rimorchio, ma dopo un infruttuoso attacco di motosiluranti britanniche, la TA 23, irrimediabilmente danneggiata, dovette essere abbandonata e finita dalle navi gemelle; TA 26 e TA 29 rientrarono poi a Portoferraio scampando anche ad un attacco aereo (che si concluse con il lieve danneggiamento della TA 29 e l'abbattimento due aerei)[13].

Nella notte tra il 14 ed il 15 giugno 1944 la TA 26, mentre era in navigazione – al comando del Kapitanleutnant Albrand – assieme alla torpediniera TA 30 (ex Dragone) nelle acque prospicienti Rapallo per una missione di posa di mine, fu attaccata dalle motosiluranti statunitensi PT 552, PT 558 e PT 559: centrata da un siluro, la TA 26 saltò in aria e s'inabissò nel punto 43°58' N e 9°29' E[15][16][17], portando con sé 90 uomini[14].

Comandanti

Tenente di vascello Emanuele Corsanego (nato a Nervi il 22 aprile 1908) (luglio - dicembre 1942)

Capitano di corvetta Silvio Cavo (nato a Boissano il 21 febbraio 1904) (dicembre 1942 - settembre 1943)

  1. ^ a b c d Sito di Nave Ardito, su naveardito.it. URL consultato il 26 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 22 gennaio 2012).
  2. ^ a b c d Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare: la marina tra vittoria e sconfitta, 1940-1943, Mondadori, 2002, pp. 531, 532 e 544, ISBN 978-88-04-50150-3.
  3. ^ Rolando Notarangelo e Gian Paolo Pagano, Navi mercantili perdute, Roma, Ufficio Storico Marina Militare, 1997, p. 513, ISBN 978-88-98485-22-2.
  4. ^ Gianni Rocca, Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina italiana nella seconda guerra mondiale, p. 270.
  5. ^ a b c d e f g Giulio Biscaccianti, Uomini, su regianaveroma.org, 16 febbraio 2009. URL consultato il 26 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 2 ottobre 2018).
  6. ^ Allied Warships of WWII - Submarine HMS P 48 - uboat.net.
  7. ^ (EN) HMS P.48 U-Class submarine, su naval-history.net.
  8. ^ a b 7-12 settembre 1943 - Lo Stato in fuga.
  9. ^ a b (EN) Vincent O'Hara e Enrico Cernuschi, Dark Navy: The Italian Regia Marina and the Armistice of 8 September 1943, Nimble Books, 2009, ISBN 9781934840917.
  10. ^ Roberto Roggero, Oneri e onori: le verità militari e politiche della guerra di liberazione in Italia, Greco & Greco Editori, 2006, ISBN 9788879804172.
  11. ^ a b Torpediniera Ardito, su trentoincina.it.
  12. ^ Comandante Manara - Betasom - XI Gruppo Sommergibili Atlantici.
  13. ^ a b Copia archiviata, su tsaeurope.com. URL consultato il 26 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 26 gennaio 2011).
  14. ^ a b Corvette Classe Gabbiano - Betasom - XI Gruppo Sommergibili Atlantici.
  15. ^ Italian Ardito (AR), German TA 26 - Warships 1900-1950 (archiviato dall'url originale il 24 dicembre 2013).
  16. ^ Itinerario subacqueo nel mare di Moneglia e dintorni: il relitto del Marcella (archiviato dall'url originale il 22 giugno 2007).
  17. ^ Battaglia 15 giugno 1944 (archiviato dall'url originale il 24 aprile 2021).
  Portale Marina: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di marina