Aspartato transaminasi

aspartato transaminasi
Modello tridimensionale dell'enzima
La struttura tridimensionale della AST, con il cofattore piridossalfosfato
Numero EC2.6.1.1
ClasseTransferasi
Nome sistematico
L-aspartato:2-ossoglutarato aminotransferasi
Altri nomi
glutammico-ossaloacetico transaminasi; glutammato-ossaloacetato transaminasi; SGOT; GOT; AAT; AspT; aspartato α-chetoglutarato transaminasi; aspartato aminotransferasi; aspartil aminotransferasi; AST
Banche datiBRENDA, EXPASY, GTD, PDB (RCSB PDB PDBe PDBj PDBsum)
Fonte: IUBMB
Aspartato transaminasi 1
(forma solubile)
Gene
HUGOGOT1
Entrez2805
LocusChr. 10 q24.1-q25.1
Proteina
OMIM138180
UniProtP17174
PDB1AAM
Enzima
Numero EC2.6.1.1

L'aspartato transaminasi (AST) è un enzima appartenente alla classe delle transferasi. È conosciuto anche come aspartato aminotransferasi (ASAT) o col suo vecchio nome inglese Serum Glutamic Oxaloacetic Transaminase (SGOT o GOT). L'enzima catalizza la seguente reazione:

L-aspartato + α-chetoglutaratoossalacetato + L-glutammato

L'aspartato transaminasi venne caratterizzata per la prima volta intorno al 1954 dal chimico americano Arthur Karmen e dai suoi colleghi.[1]

L'enzima catalizza sia la reazione di trasferimento del gruppo amminico () dall'aspartato all'α-chetoglutarato a favore della formazione di ossalacetato e glutammato, sia la reazione opposta, a seconda delle concentrazioni relative di reagenti e prodotti.

Equilibrio della reazione catalizzata dall'aspartato transaminasi

AST (e tutte le altre aminotransferasi) richiedono il coenzima piridossalfosfato, senza il quale non funzionano. Il coenzima viene convertito in piridossamina nella prima fase della reazione, quando un amminoacido viene convertito in un chetoacido.

Il trasferimento del gruppo amminico catalizzato da questo enzima è cruciale sia nella degradazione degli amminoacidi che nella loro biosintesi. Nella degradazione degli amminoacidi, in seguito alla conversione dell'α-chetoglutarato in glutammato, il glutammato subisce successivamente una deaminazione ossidativa per formare ioni ammonio (), che vengono escreti come urea. Nella reazione inversa, l'aspartato può essere sintetizzato dall'ossalacetato, che è un intermedio chiave nel ciclo dell'acido citrico. Tali reazioni costituiscono dunque lo shunt dell'aspartato-arginosuccinato dell'acido citrico.

L'AST è abbondante nel fegato, nel cuore, nel muscolo scheletrico, nei reni, nel cervello e nei globuli rossi. L'AST è stato trovato anche in un certo numero di microrganismi, tra cui Escherichia Coli, Haloferax mediterranei, e Thermus thermophilus.[2][3] In E. coli, l'enzima anche dimostrato di esibire l'attività di un aminoacido transaminasi aromatica utilizzando anche gli amminoacidi aromatici L-tirosina, L-fenilalanina e L-triptofano.[4]

Studi di cristallografia a raggi X hanno determinato quale fosse la struttura tridimensionale di AST. L'enzima è omodimerico, ossia costituito da due subunità identiche, ciascuna formata da circa 400 residui amminoacidici e un peso molecolare di circa 45 kD.[5][6]

Esistono due isoenzimi di aspartato transaminasi:

  • cAST o GOT1, la forma citoplasmatica dell'enzima, che abbonda all'interno dei globuli rossi e nelle cellule cardiache (cAST deriva dall'inglese cytosolic AST). Questo isoenzima lavora prevalentemente con l'equilibrio di reazione spostato verso la formazione di glutammato.
  • mAST o GOT2, la forma mitocondriale dell'enzima, che prevale nel fegato e che sposta l'equilibrio verso la formazione di α-chetoglutarato (mAST deriva dall'inglese mitochondrial AST).

Si pensa che questi due isoenzimi si siano evoluti da un AST ancestrale comune tramite un meccanismo di duplicazione genica e che condividano un'omologia di sequenza di circa il 45%.[7]

Significato clinico

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L'AST viene misurato negli esami del sangue per rilevare danni ai tessuti in cui è abbondante (fegato, cuore, muscolo scheletrico, reni, cervello). Quando uno dei tessuti che si servono di AST viene danneggiato infatti, le cellule diventano necrotiche e rilasciano in circolo tutti gli enzimi in esse contenute, tra cui AST stessa. La sua concentrazione plasmatica dipende evidentemente dall'estensione del danno tissutale. Dopo danni severi, i livelli di AST possono alzarsi in 6/10 ore e rimanere alti per circa 4 giorni. Il test sui livelli di AST è svolto solitamente insieme con quello per i valori di alanina transaminasi (ALT).

In maniera del tutto analoga infatti, la concentrazione di ALT viene misurata negli esami ematici per rilevare i danni al fegato. Siccome entrambi gli enzimi sono associati al parenchima epatico, ma uno è molto meno specifico dell'altro, se si ricerca un indicatore specifico di infiammazione epatica si analizzerà la concentrazione sierica di ALT, mentre se si ricercano infiammazioni o malattie che colpiscono altri organi, come infarto miocardico, pancreatite acuta, anemia emolitica acuta, ustioni, malattie renali acute, malattie muscoloscheletriche e traumi si studierà la concentrazione di AST. Anche il loro rapporto (AST/ALT) è comunemente calcolato come biomarcatore per la salute del fegato.[8]

I risultati dei test di laboratorio devono essere sempre interpretati utilizzando l'intervallo di riferimento del laboratorio che ha eseguito il test. Tuttavia, gli intervalli di riferimento tipici per AST sono:[9]

Tipo di paziente Valore (U/L)
Bambini fino a 2 anni 20 - 75
Donna 0 - 40
Uomo 0 - 40

In genere un aumento di due volte il valore massimo di base indica la possibile esistenza di una patologia ostruttiva del fegato, che spesso sarà trattata chirurgicamente.[10], se invece i valori massimi fossero almeno 10 volte quelli di base la diagnosi si orienterebbe sulla possibile presenza di una epatite (sia essa virale o tossica)[10].

Al pari dell'ALT, AST viene utilizzata durante l'uso delle statine, farmaci usati per il controllo delle ipercolesterolemie[11], e che possono causare necrosi epatica. Sono numerosi i farmaci che possono aumentare i valori di AST: acetaminofene, allopurinolo, clofibrato, codeina, fenotiazine, idralazina, isoniazide, morfina, salicilati, sulfonamidici, verapamil, vitamina A. Al contrario il metronidazolo e la trifluoperazina possono diminuirne i valori)[10].

  1. ^ Arthur Karmen, Felix Wróblewski e John S. LaDue, TRANSAMINASE ACTIVITY IN HUMAN BLOOD, in Journal of Clinical Investigation, vol. 34, n. 1, 1955-01, pp. 126–133. URL consultato il 28 agosto 2021.
  2. ^ F J G Muriana, M C Alvarez-Ossorio e A M Relimpio, Purification and characterization of aspartate aminotransferase from the halophile archaebacterium Haloferax mediterranei, in Biochemical Journal, vol. 278, n. 1, 15 agosto 1991, pp. 149–154, DOI:10.1042/bj2780149. URL consultato il 28 agosto 2021.
  3. ^ Akihiro Okamoto, Ryuichi Kato e Ryoji Masui, An Aspartate Aminotransferase from an Extremely Thermophilic Bacterium, Thermus thermophilus HB81, in The Journal of Biochemistry, vol. 119, n. 1, 1º gennaio 1996, pp. 135–144, DOI:10.1093/oxfordjournals.jbchem.a021198. URL consultato il 28 agosto 2021.
  4. ^ (EN) Escherichia coli mutants deficient in the aspartate and aromatic amino acid aminotransferases, su Journal of Bacteriology. URL consultato il 28 agosto 2021 (archiviato dall'url originale il 28 agosto 2021).
  5. ^ (EN) X-ray structure refinement and comparison of three forms of mitochondrial aspartate aminotransferase, in Journal of Molecular Biology, vol. 225, n. 2, 20 maggio 1992, pp. 495–517, DOI:10.1016/0022-2836(92)90935-D. URL consultato il 28 agosto 2021.
  6. ^ (EN) Sangkee Rhee, Mercedes M. Silva e C. Craig Hyde, Refinement and Comparisons of the Crystal Structures of Pig Cytosolic Aspartate Aminotransferase and Its Complex with 2-Methylaspartate *, in Journal of Biological Chemistry, vol. 272, n. 28, 11 luglio 1997, pp. 17293–17302, DOI:10.1074/jbc.272.28.17293. URL consultato il 28 agosto 2021.
  7. ^ Hideyuki Hayashi, Hiroshi Wada e Tohru Yoshimura, Recent topics in pyridoxal 5'-phosphate enzyme studies, in Annual Review of Biochemistry, vol. 59, n. 1, 1º giugno 1990, pp. 87–110, DOI:10.1146/annurev.bi.59.070190.000511. URL consultato il 28 agosto 2021.
  8. ^ AST/ALT, su rnceus.com. URL consultato il 28 agosto 2021.
  9. ^ Studiolabo Srl, S, su ospedaleniguarda.it. URL consultato il 28 agosto 2021.
  10. ^ a b c Wilson, 2008.
  11. ^ Managing Abnormal Blood Lipids
  • (EN) Il gene che codifica per AST, su ncbi.nih.gov (archiviato dall'url originale il 17 novembre 2004).
  • (EN) La struttura tridimensionale di AST, su pdb.org. URL consultato il 4 giugno 2006 (archiviato dall'url originale il 26 settembre 2008).
  • (EN) Aspartate aminotransferase of Escherichia coli: nucleotide sequence of the aspC gene Entrez PubMed 3897210
  • (EN) The complete amino acid sequence of aspartate aminotransferase from Escherichia coli: sequence comparison with pig isoenzymes Entrez PubMed 6378205
  • (EN) Site-directed mutagenesis of Escherichia coli aspartate aminotransferase: role of Tyr70 in the catalytic processes Entrez PubMed 1868057
  • (EN) Banks, B.E.C. e Vernon, C.A. Transamination. Part I. The isolation of the apoenzyme of glutamic-aspartic transaminase from pig heart muscle. J. Chem. Soc. (Lond.) (1961) 1698–1705.
  • (EN) Bertland, L.H. e Kaplan, N.O. Chicken heart soluble aspartate aminotransferase. Purification and properties. Biochemistry 7 (1968) 134–142. Entrez PubMed 5758538
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  • (EN) Jenkins, W.T., Yphantis, D.A. e Sizer, I.W. Glutamic aspartic transaminase. I. Assay, purification, and general properties. J. Biol. Chem. 234 (1959) 51–57. Entrez PubMed 13610891
  • (EN) Lowe, P.N. e Rowe, A.F. Aspartate: 2-oxoglutarate aminotransferase from Trichomonas vaginalis. Identity of aspartate aminotransferase and aromatic amino acid aminotransferase. Biochem. J. 232 (1985) 689–695. Entrez PubMed 3879173
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  • (EN) Schreiber, G., Eckstein, M., Oeser, A. e Holzer, H. [The concentration of aspartate aminotransferase from brewers' yeast] Biochem. Z. 340 (1964) 13–20.
  • (EN) Shrawder, E. e Martinez-Carrion, M. Evidence of phenylalanine transaminase activity in the isoenzymes of aspartate transaminase. J. Biol. Chem. 247 (1972) 2486–2492. Entrez PubMed 4623131
  • Denise D. Wilson, Manuale di Tecniche Diagnostiche ed Esami di Laboratorio, ed. Italiana, Milano, McGraw-Hill, ottobre 2008, pp. 671, ISBN 978-88-386-3950-0.

Voci correlate

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