Belisma
Belisama (dal protoindoeuropeo "bhel", "brillante" o "forte") era la divinità protoceltica associata alle arti, al fuoco, e alla guerra.
Un'iscrizione latina trovata a Saint-Lizier, in Aquitania, la accosta alla dea Minerva della cultura mediterranea[1]. Il suo compagno era Belanu, dio della luce, uno dei maggiori e più influenti tra gli antichi dei europei. È l'equivalente di Brigid, Brigit e Brigantia.
Gaio Giulio Cesare nel suo Commentarii de bello Gallico afferma che Minerva è venerata dai Galli come maestra di tutte le arti. La associazione con le arti e la radice "bhel" indicante la forza o la brillantezza la potrebbero accostare al fuoco, che ne esprime entrambi i caratteri.[2]
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Varianti
[modifica | modifica wikitesto]- Belasama
- Belesama
- Belesana
- Belisama
- Belisana
- Belisna
Culto
[modifica | modifica wikitesto]Adorata dai Liguri, Iberi, Celti continentali e insulari era nota per la sua influenza sulle arti e mestieri legati al fuoco e di conseguenza sull'artigianato. Faceva doverosamente parte del pantheon degli dei europei, dacché in quell'epoca il fuoco rivestiva un'importanza cruciale per le principali attività umane. Iscrizioni con il suo nome sono state rinvenute dalla Gallia Cisalpina e Transalpina, a sud, sino alle isole britanniche, a nord.
Diverse traccie del suo culto si possono trovare in Nord Italia nei luoghi che in epoca romana verranno utilizzati per il culto di Minerva, dea alla quale era associata tramite l'Interpretatio romana.
Esempio di ciò è il santuario di Minerva a Breno (Italia) nei pressi del quale erano praticati rituali in epoca precedente alla conquista romana. Lì infatti vennero trovati diversi strati di terra bruciata, segni di fuochi votivi a lei accesi.[3] Questi fuochi votivi agli dei erano comuni nella fascia alpina e sono chiamati Brandopferplatz.
Polibio nelle sue Storie, parlando della guerra fra i Romani e gli Insubri, a lei devoti, la identifica come la Greca Atena, Dea della guerra. Gli insubri si sarebbero rivolti a lei per ottenere il favore in guerra contro i Romani.
I capi insubri infatti si sarebbero recati al suo santuario nella loro capitale, Medhelan (Milano), per ottenere il suo favore, prelevando le sue insegne auree dette "Le Immovibili".[4]
I suoi santuari, come nel caso di Breno si trovavano vicino alle fonti.
Tradizioni
[modifica | modifica wikitesto]Alla dea era consacrato il biancospino, e con questo, secondo una leggenda, avrebbe segnalato a Belloveso la locazione di fondazione di Milano. Il tempio romano dedicato a Minerva i cui resti sono stati rinvenuti sotto l'attuale Duomo, potrebbe essere sorto su un santuario dedicato alla celtica Belisama,
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), 13 Tres Galliae et Germanae. 0008
- ^ versionibus, Le divinità dei Galli (De bello Gallico, VI, 17-18), su Versionibus | Versioni di Latino, 28 ottobre 2014. URL consultato il 16 febbraio 2025.
- ^ Santuario di Minerva di Breno, su Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, 5 maggio 2022. URL consultato il 16 febbraio 2025.
- ^ Polibio, Polibio. Le Storie Vol. I (libri I IV) [ocr] [1955], 1955. URL consultato il 16 febbraio 2025.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Belisma
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Ptolemy at RomanBritain.org, su roman-britain.org. URL consultato il 15 aprile 2008 (archiviato dall'url originale il 20 febbraio 2010).
- (EN) Ptolemy at Lacus Curtius, su penelope.uchicago.edu.