Contributo indiano alle scienze nell'islam medievale
Con il contributo indiano alle scienze nell'Islam medievale ebbe modo di manifestarsi la cosiddetta età dell'oro islamica nel campo delle scienze, in particolar modo nella Matematica, e nell'Astronomia, specialmente nel IX e X secolo.
Fino ad allora la scienza islamica si era ispirata in modo precipuo al periodo ellenistico ma, con l'allargamento del Califfato abbaside, si ebbe l'opportunità - immediatamente colta dai musulmani - di venire a conoscenza dei formidabili contributi scientifici della cultura dell'India, che aveva fruito di uno straordinario periodo di crescita culturale durante il periodo Gupta (dal IV al VI secolo).
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Per gran parte di un millennio, dall'età seleucide, passando per il periodo sasanide, vi fu un proficuo interscambio di studiosi tra le culture della Grecia, della Persia e dell'India. Le origini dello numero zero e la notazione posizionale cadono in questo periodo. Il loro primo uso prende origine nella matematica indiana del V secolo (Lokavibhaga), influenzando gli studiosi persiani dell'età sasanide nel corso del VI secolo.[1]
L'improvvisa e imprevista conquista islamica della Persia negli Anni quaranta del VI secolo, introdusse un cuneo tra il Mar Mediterraneo e le tradizioni indiane, ma l'interscambio tra studiosi subito ricominciò, con traduzioni dal Greco e dal Sanscrito in Arabo lungo tutto l'VIII secolo. Ciò innescò una fioritura di ricerche e di progresso scientifico del mondo abbaside, con centro Baghdad, nel IX secolo, e la trasmissione di questo sapere verso Occidente via al-Andalus ed Emirato di Sicilia nel X secolo.
Vi furono continui contatti tra studiosi Indiani e Arabi e Persiani durante il IX e l'XI secolo quando la conquista islamica dell'India fu temporaneamente arrestata. Al-Biruni, ai primi dell'XI secolo, viaggiò a lungo in India e divenne un'importante fonte di conoscenza sull'India nel mondo musulmano a quel tempo.[2]
Con la creazione del Sultanato di Delhi nel XIII secolo, l'India settentrionale cadde sotto la dominazione arabo-persiana e la tradizione indigena indiana cadde in declino, mentre quasi allo stesso tempo l'"Età dell'oro dell'Islam", crollata sotto i colpi dei Mongoli, trovava un ambiente favorevole nell'Ilkhanato di Persia turco-mongolo, originando una seconda "Età dell'oro dell'Islam" nel campo della tradizione letteraria turco-persiana durante i secoli XIII-XVI, esemplificata dalla dinastia Timuride e da quella ottomana a ovest e dall'Impero Mughal a est.
Astronomia
[modifica | modifica wikitesto]Il Brahmasiddhanta di Brahmagupta fu tradotto parzialmente in lingua araba durante il califfato dell'Abbaside al-Mansur (753–774) da al-Fazārī, sotto il titolo al-Zīj ʿalā Sinī al-ʿArab,[3] o Zij al-Sindhind. Questa traduzione fu verosimilmente un ottimo veicolo tramite il quale i numerali indiani furono trasmessi dalla cultura scientifica sanscrita a quella araba.[4]
«Col Sindh sotto il controllo del califfo al-Mansur (AD 753–774), vennero a Baghdad ambascerie da quella parte dell'India e in esse studiosi, che portarono con loro due libri.[5]»
«Con l'aiuto di questi Paṇḍit, al-Fazārī, forse anche Yaʿqūb ibn Ṭāriq, li tradusse. Entrambi i lavori furono ampiamente usati ed esercitarono una grande influenza. Fu in questa occasione che gli Arabi divennero per primi coinvolti con un sistema scientifico circa l'astronomia. Essi impararono più da Brahmagupta che da Tolomeo.[6]»
Al-Fazārī tradusse anche il Khandakhadyaka (Arakand) di Brahmagupta.[6] Attraverso le traduzioni in arabo del Sindhind e dell'Arakand, l'uso dei numeri cardinali indiani si affermò stabilmente nel mondo islamico.[7]
Matematica
[modifica | modifica wikitesto]«Molto dell'approccio indiano alla matematica fu di certo indirizzato nell'Europa occidentale attraverso gli Arabi. Il metodo algebrico, precedentemente considerato scoperto da Muḥammad ibn Mūsā al-Khwārizmī, può ora essere considerato proveniente da fonti indiane.[8]»
«Come nel resto della scienza matematica, così in Trigonometria, sono stati gli allievi arabi degli Indiani, e più ancora dei Greci, a produrre risultati, non senza importanti contributi apportati da loro stessi.[9]»
«Per più di 500 anni gli scrittori arabi e altri continuarono a usare per i loro lavori di aritmetica il nome "indiano".[10]»
«Un altro importante pionieristico trattato che rese noti i numeri decimali fu il Kitāb fī uṣūl ḥisāb al-Hind (Il libro sui fondamenti del calcolo indiano) del matematico e astronomo persiano Kushyar ibn Labban.[11]»
Testi medici
[modifica | modifica wikitesto]Mankah, un medico indiano alla corte di Hārūn al-Rashīd, si dice avesse tradotto in Persiano il Sushruta saṃhitā (il classico testo sanscrito di medicina dell'epoca Gupta).[12]
«A large number of Sanskrit medical, pharmacological and Toxicological texts, were translated into Arabic under the patronage of Khalid, the vizier of al-Mansur. Khalid was the son of a chief priest of a Buddhist monastery at Balkh. Some of his family was killed when the Arabs captured Balkh; others including Khalid survived by converting to Islam. They were to be known as the Barmakids of Baghdad who were fascinated by the new ideas from India. Indian medical knowledge was given a further boost under the Caliph Harun al-Rashid (788–809) who ordered the translation of Sushruta Saṃhitā into Arabic.[13]»
«We know of Yahya ibn Khalid al-Barmaki (805) as a patron of physicians and, specifically, of the translation of Hindu medical works into both Arabic and Persian. In all likelihood however, his activity took place in the orbit of the caliphal court in Iraq, where at the behest of Harun al-Rashid (786–809), such books were translated into Arabic. Thus Khurasan and Transoxania were effectively bypassed in this transfer of learning from India to Islam, even though, undeniably the Barmakis cultural outlook owed something to their land of origin, northern Afghanistan, and Yahya al Barmaki's interest in medicine may have derived from no longer identifiable family tradition.[14]»
«The Caraka Saṃhitā was translated into Persian and subsequently into Arabic by ʿAbd Allah ibn ʿAli in the ninth century.[15]»
«Probably the first Islamic hospital (Bimaristan or Maristan) was established in Baghdad Yahya ibn Khalid ibn Barmak, tutor and subsequently vizier of Hārūn al-Rashīd when the latter became Khalif in 786. Yahya ibn Khalid ibn Barmak's hospital, usually referred to as the Barmakid Hospital must have been established before 803, the year in which the Barmakid family fell from power. The Hospital is mentioned in two places in the Fihrist.(written in 997). Ibn Dahn al-Hindi, who administered the Bimaristan of the Barmak. He translated from the Indian language into Arabic. Yahya ibn Khalid ordered Mankah (Kankah), the Indian to translate it (an Indian book of medicine) at the hospital to render it in the form of a compilation[16]»
Il Liber continens (al-Hawi) di al-Razi, circa del 900, si afferma contenga "molto del sapere indiano", come il Sushruta Saṃhitā.[17]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ D. Reidel, The Arithmetic of Al-Uqlîdisî, Dordrecht, 1978: "It seems plausible that it [decimal notation] drifted gradually, probably before the 7th century, through two channels, one starting from Sindh, undergoing Persian filtration and spreading in what is now known as the Middle East, and the other starting from the coasts of the Indian Ocean and extending to the southern coasts of the Mediterranean."
- ^ Max Müller, Lectures on the science of language delivered at the Royal Institution of Great Britain in April, May, and June, 1861, 1868, p. 150.
- ^ E.S. Kennedy, "A Survey of Islamic Astronomical Tables", in Transactions of the American Philosophical Society, New Series, 46, 2), Philadelphia, 1956, pp. 2, 7, 12 (zij n. 2, 28, 71).
- ^ D. E. Smith e L. C. Karpinski, The Hindu-Arabic Numerals, Dover, 2013 (I ed. Boston, 1911), ISBN 0-486-15511-0.
- ^ Alberuni's India, tradotto da Eduard Carl Sachau (p. xxxiii).
- ^ a b Alberuni's India, tradotto da Eduard C. Sachau, p. xxxiii
- ^ Burjor Avari, India: The Ancient Past: A History of the Indian Sub-Continent from C. 7000 BC to AD 1200, Routledge, 2007, pp. 168-170, ISBN 1-134-25162-9.
- ^ The Origins of the Infinitesimal Calculus, di Margaret E. Baron, p. 65
- ^ A Brief History of Mathematics, di Karl Fink, Wooster Woodruff Beman e David Smith (traduttori), Cosimo Classics, p. 285.
- ^ David Eugene Smith, The Hindu-Arabic Numerals, p. 92.
- ^ Helaine Selin (ed.), Encyclopaedia of the history of science, technology, and medicine in non western countries, Berlino, Springer, 2008, p.69.
- ^ Max Müller, Lectures on the science of language delivered at the Royal Institution of Great Britain in April, May, and June, 1861, 1868, p. 150. L'opera fu ancora tradotta diverse volte nei secoli seguenti, tanto che Müller cita una traduzione araba del 1381.
- ^ Burjor Avari, India, the ancient past: a history of the Indian sub-continent from c. 7000 BC to AD 1200, p. 219
- ^ Clifford Edmund Bosworth, M.S. Asimov, History of Civilizations of Central Asia, Volume 4, Part 2, p. 300.
- ^ Plinio Prioreschi, A History of Medicine: Byzantine and Islamic medicine, Volume IV, p. 121. ISBN 1-888456-02-7
- ^ Plinio Prioreschi, A History of Medicine: Byzantine and Islamic medicine, p. 367.
- ^ Burjor Avari, India, the ancient past: a history of the Indian sub-continent from c. 7000 BC to AD 1200, p. 220.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Scienza indiana
- Matematica indiana
- Astronomia indiana
- Metodi per il calcolo della radice quadrata#Approssimazione Bakhshali
- Scienziati e studiosi del mondo arabo-islamico
- Contributo islamico all'Europa medievale
- Scienza e tecnica islamiche
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- The Development of The numerals Among The Arabs: capitolo del libro The Hindu-Arabic Numerals di David Eugene Smith