Davide Pacanowski

Villa Crespi, Napoli

Davide Pacanowski (Łódź, 4 gennaio 1905Roma, 4 agosto 1998) è stato un ingegnere e architetto polacco naturalizzato italiano.

Figlio di Hermann, industriale tessile, e di Augusta Roth, scultrice, nacque in un'antica famiglia ebraica. Ebbe due sorelle: Felicia, pittrice all'École de Paris, ed Erna, pianista; quest'ultima morirà durante la Shoah in un campo di concentramento tedesco, assieme ai genitori.

Laureato in ingegneria al Politecnico di Milano, nel 1928 si trasferì a Londra e successivamente a Parigi, ove divenne allievo di Le Corbusier in qualità di ingegnere specializzato in calcestruzzo armato. Ritornato in Italia nel 1934, vi si stabilì definitivamente, progettando numerose strutture tra Milano, Campobassohttp://www.casadellarchitettura.eu/fascicolo/data/2011-03-15_441_1843.pdf[collegamento interrotto], Roma Caserta e Napoli.

Sempre a Napoli, partecipò in vano nel 1938 ai concorsi per il completamento del rione Carità. In seguito, con l'emanazione delle leggi razziali Pacanowski venne internato in un campo di concentramento a Sepino. Ivi, curò il ritrovamento dell'antica città, venendo insignito nel 1944 della cittadinanza onoraria insieme ad Amedeo Maiuri.

Nel dopoguerra progettò in Napoli importati edifici privati come Villa Crespi e Villa Maderna, ambedue sulla collina di Posillipo, esprimendo particolarmente il suo concetto di architettura razionalista; la prima villa fu criticata notevolmente, sebbene dalla rivista Epoca fosse stata considerata tra le più belle del mondo[1].

Nel corso della sua carriera, inoltre, operò significativi interventi nell’ambito dell’architettura popolare, collaborando con architetti quali Stefano Paciello, Carlo Cocchia e Michele Capobianco. Compí opere di edilizia sociale a Napoli, Benevento, Termoli, Boiano e Casacalenda.

Tra le sue ultime opere figurano l'edificio della SIP in Napoli sul monte Echia, edificato tra il 1959 e 1966, la Chiesa di Sant'Antonio di Padova a Foggia del 1966 e la stazione superiore della Funicolare di Capri.

  1. ^ Copia archiviata (PDF), su awn.it. URL consultato il 2 giugno 2008 (archiviato dall'url originale il 1º febbraio 2014).

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