Ermarco di Mitilene

Ermarco di Mitilene

Ermarco di Mitilene (in greco antico: Ἕρμαρχoς?, Hérmarchos; IV secolo a.C.III secolo a.C.) è stato un filosofo epicureo greco antico.

Ermarco, come scrive Diogene Laerzio, nacque a Mitilene da Agemorto[1]; poiché apparteneva a una famiglia di modeste condizioni, da giovane esercitò l'arte della retorica[2]. In occasione di un soggiorno di Epicuro a Mitilene, Ermarco lo conobbe e divenne suo discepolo intorno all'anno 310 a.C. quando trentenne aveva forse la stessa età del suo maestro[3], che lo invitò per lettera a seguirlo ad Atene quando fondò la scuola del Giardino nel 306 a.C.:

«Con una svolta ti allontanerai dai discorsi retorici per ascoltare qualcosa della nostra dottrina. Perciò speriamo fiduciosi che busserai alle porte della filosofia[4]»

Un vivo affetto reciproco legava Ermarco e Epicuro che fu assistito sino alla morte dal suo discepolo, che ne avvolse il cadavere nel sudario[5]. Testimonianza di questo sentimento è il Testamento di Epicuro a beneficio di Ermarco (che il maestro chiamava "colui che insieme con me è invecchiato nella filosofia")[6] al quale fu affidata la direzione della scuola e della biblioteca:

«Lascio tutti i miei beni ad Aminomaco, figlio di Filocrate del demo Bate e a Timocrate, figlio di Demetrio, del demo Potamo, secondo la donazione fatta a ciascuno di loro e trascritta nel Metroo, a condizione che il Giardino e le sue dipendenze vengano assegnati a Ermarco figlio di Agemorto, mitilenese, per lo studio della filosofia e ai suoi compagni, e a coloro che Ermarco lascerà successori nello scolarcato, in modo che possano conservarlo nel miglior modo possibile insieme ad Aminomaco e Timocrate. [...] La casa di Melite sia data da Aminomaco e Timocrate a Ermarco e ai compagni che con lui filosoferanno perché la abitino finché Ermarco vivrà. [...] Aminomaco e Timocrate si prendano cura di Epicuro figlio di Metrodoro e del figlio di Polieno, perché vivano e coltivino la filosofia insieme con Ermarco. Abbiano cura anche della figlia di Metrodoro, e all'età giusta la diano in matrimonio a colui che Ermarco sceglierà fra i suoi compagni di filosofia, perché è brava e ubbidisce molto a Ermarco. Per il loro mantenimento Aminomaco e Timocrate prendano quanto a loro sembrerà giusto dalle mie rendite, anno per anno, sempre sentito il parere di Ermarco. Diano anche a Ermarco la piena disponibilità di disporre dei miei redditi, affinché ogni decisione sia presa con la piena partecipazione di colui che invecchiò con me negli studi filosofici, e che ho lasciato a capo della mia scuoia. [...]Seguendo quanto io feci quando ero in vita, si prendano cura anche di Nicanore, perché desidero che tutti i nostri compagni in filosofia che mi sono venuti incontro coi loro mezzi e con ogni prova d'affetto scelsero di invecchiare con me nella filosofia, nulla abbiano a patire di ciò che è necessario per vivere. A Ermarco vada tutta la mia biblioteca.[7]»

Lo stesso Diogene Laerzio racconta che Ermarco morì per una paralisi e che gli successe come scolarca Polistrato.

Da questi dati emerge l'importanza della figura filosofica di Ermarco che, ad esempio, nel pensiero di Cicerone, che lo cita negli Academica[8], appare come strettamente associato ad Epicuro.

Opere e pensiero

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Diogene Laerzio riporta i seguenti titoli delle opere di Ermarcoː Contro Empedocle (Πρὸς Ἐμπεδoκλέα), in 22 libri; Sulle scienze (Περὶ των μαθημάτων); Contro Platone (Πρὸς Πλάτωνα); Contro Aristotele (Πρὸς Ἀριστoτέλην). DI esse ci sono rimasti i soli titoli e alcuni frammenti. Proprio studiando i frammenti di Ermarco, Francesca Longo Auricchio sostiene che sia stato giudicato una figura di secondo piano a causa di una considerazione di Seneca secondo il quale «Epicuro ha operato, per così dire, una classificazione dei caratteri dei discepoli che tendono alla verità. Metrodoro e Ermarco devono essere entrambi guidati nel cammino verso la sapienza, ma Ermarco ha bisogno di un sostegno maggiore. Tuttavia ambedue raggiungono il fine, e Epicuro, che si rallegra con Metrodoro, ammette che la sua ammirazione va in misura maggiore a Ermarco, perché maggiore è stato il suo impegno nella pratica della filosofia.[9]»

L'affinità di Ermarco con il pensiero del maestro si riscontra anche nel tema degli dei:

«Secondo Ermarco bisogna pensare agli dèi come esseri che ispirano e espirano. Senza questa caratteristica certo non potremmo più pensare questi esseri viventi tali quali li abbiamo conosciuti attraverso le nostre anticipazioni, come neppure (potremo pensare) pesci che non abbiano bisogno di acqua né uccelli che non abbiano bisogno di ali per muoversi attraverso l'aria [...]. E bisogna dire che essi fanno uso sia della voce sia della conversazione fra loro. Infatti non li penseremo felici e indistruttibili in grado maggiore – egli afferma – se non avessero voce o non discorressero fra loro, ma fossero simili agli uomini muti: In verità, poiché noi, che non siamo mutilati in alcuna parte, ci serviamo della voce, dire che gli dèi o sono mutilati o non somigliano a noi sotto questo aspetto è anche estremamente sciocco, dal momento che né noi né loro diversamente in alcun modo coniamo espressioni, e, d'altra parte, perché conversare con i propri simili è per i buoni fonte di piacere indicibile E, per Zeus, si deve ritenere che la loro lingua sia il greco o una lingua non lontana dal greco… tutti i sapienti... si dice che usino parole non molto diverse nelle articolazioni. E sappiamo che sono sapienti solo coloro che si servono della lingua greca.[9]»»

  1. ^ Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, a cura di L.Nechi, Tipografia Molina, 1842, p.360
  2. ^ Francesca Longo Auricchio, Ermarco. Frammenti, La scuola di Epicuro, Vol. VI, Napoli 1988
  3. ^ Così lascia intendere Epicuro nel suo Testamento (X, 20 in Longo, Ermarco cit. fr. 1)
  4. ^ M.Gigante, Scetticismo e Epicureismo, Napoli 1981, p.185
  5. ^ Filodemo, De morte, IV libro
  6. ^ Enciclopedia Italiana Treccani (1932) alla voce corrispondente
  7. ^ Diogene Laerzio, Op,cit., p.359
  8. ^ Lucullus 30, 97; cfr. Longo, Ermarco, cit. fr.15
  9. ^ a b F. Longo Auricchio, Ermarco
  • Francesca Longo Auricchio, Ermarco. Frammenti, Napoli, Bibliopolis, 1988.

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