Gian Giacomo Gallarati Scotti

Gian Giacomo Gallarati Scotti

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato24 febbraio 1934 –
LegislaturaXXIX - XXX
Incarichi parlamentari
  • membro della commissione degli affari dell'Africa italiana (17 aprile 1939 - 5 agosto 1943)
  • membro della commissione degli affari esteri, degli scambi commerciali e della legislazione doganale (15 aprile 1942 - 5 agosto 1943)
Sito istituzionale

Podestà di Milano
Durata mandato13 giugno 1938 –
15 agosto 1943
PredecessoreGuido Pesenti
Successore
  • Giorgio Boltraffio (Commissario prefettizio)
  • Piero Parini (Sindaco di Milano)

Dati generali
Partito politicoPNF
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
ProfessionePossidente

Don Gian Giacomo Gallarati Scotti, nobile dei principi di Molfetta, patrizio milanese, patrizio napoletano (Oreno, 2 settembre 1886Venezia, 4 gennaio 1983), è stato un diplomatico e politico italiano.

Al momento della sua morte era l'ultimo superstite dei senatori del Regno d'Italia.

Nato a Oreno (oggi frazione di Vimercate) e sesto di otto figli, era di famiglia nobile: suo padre Gian Carlo (Pisa, 17 febbraio 1854 - Milano, 15 maggio 1927) era principe di Molfetta e conte di Candia, mentre sua madre era Maria Luisa Melzi d'Eril, figlia di Giacomo dei duchi di Lodi e di Giuseppina Barbò dei conti di Casalmorano (Balerna, 21 gennaio 1856 - Milano, 7 febbraio 1937). Tommaso Gallarati Scotti fu suo fratello primogenito.

Si laureò in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Genova. Entrato nel 1912 nella carriera diplomatica, prestò molti anni di servizio nelle colonie, diventando commissario del governo nel primo dopoguerra a Tobruk. Proprio nella prima parte della sua carriera coloniale perse un braccio, all'inizio degli anni venti, a seguito di un'infezione dovuta ad un colpo di arma da fuoco.

Tornato in Italia, nel 1926 fu chiamato alla carica di podestà di Oreno (all'epoca ancora comune indipendente). Nel 1927 sposò Ida Mocenigo Soranzo (Venezia, 21 ottobre 1898 - Venezia, 23 dicembre 1969), ultima discendente di una famiglia dogale veneziana, da cui ebbe quattro figlie.

Nel 1934 fu senatore del Regno e l'anno successivo podestà di Vimercate, dopo l'annessione di Oreno a questo comune. Mantenne questa carica fino a quando, nel giugno 1938, fu chiamato dal Governo di Roma a divenire podestà di Milano, nonostante non si fosse mai distinto per il suo attaccamento al regime fascista[1], e nonostante suo fratello maggiore Tommaso Gallarati Scotti, ambasciatore italiano a Madrid (1944-1946) e a Londra nel dopoguerra, fosse un noto antifascista.

Dopo il 25 luglio 1943 e la caduta di Mussolini, il nuovo capo del Governo Pietro Badoglio, con il quale aveva già lavorato nelle colonie, lo sostituì il 14 agosto con un commissario prefettizio. Posto sotto processo per collaborazionismo col fascismo, fu dapprima condannato ma poi assolto in Cassazione.[2]

Da quel momento, e soprattutto dalla nascita della Repubblica Italiana, Gian Giacomo si ritirò a vita privata, abbandonando completamente lo scenario politico.

Nel 1983, poco prima della sua morte, fu insignito dall'ex Re Umberto II del Collare della SS.Annunziata, la massima onorificenza di Casa Savoia.

Morì nella sua dimora veneziana il 4 gennaio 1983, a 97 anni, ultimo superstite dei senatori del Regno d'Italia.

La tutela dell'orso bruno

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Sin da ragazzo è attrastto dal padre Gian Carlo, abile cacciatore ma, soprattutto, esperto naturalista, che nella vita ha avuto occasione di esplorare sia in Europa sia in Africa, per motivi legati allo studio e alla caccia.

Nel 1924, durante un permesso dalla missione diplomatica, organizza un soggiorno sulle Dolomiti per fare escursioni. Non è solo, fra i sentieri viene accompagnato da un esemplare di giovane leopardo proveniente dall'altopiano eritreo di Mària Neri. Un eccentrico fatto che narrerà, avanti negli anni, scrivendo: «assicuro che la bella e maculata bestiola, che balzava tra i massi di Pataseos e di Val Nembino, era inaspettata, ma non sempre gradita visione ai passanti![3]». Supportato dai legami instaurati con molti valligiani durante le numerose villeggiature a Madonna di Campiglio, Gian Giacomo si rende conto dello spopolamento dell'orso bruno dovuto alla caccia intensificata sia per fame sia per venderne la pelliccia, soprattutto, durante il primo conflitto mondiale.

A seguito della perdita del braccio sinistro durante un conflitto a fuoco subito in Libia, deve interrompere la carriera diplomatica per trascorrere un periodo di convalescenza in Italia. Approfitta della situazione per affinare gli studi naturalistici, approfondendo soprattutto, la figura dell'orso bruno delle Alpi e i luoghi che abita. Si rende conto che la sopravvivenza dell'animale è indissolubilmente legata alla salvaguardia dell'ambiente in cui vive: l'orso [4]ha bisogno di grandi spazi dove poter essere libero di procurarsi il cibo e di riprodursi. Gian Giacomo, vedendo quanto l'equilibrio biologico sia compromesso, vuole intervenire e così, nel 1928 scrive un rapporto «inteso ad ottenere dal Governo Nazionale misure protettive nella zona Adamello-Brenta, istituendo un parco nazionale che potrà chiamarsi di Madonna di Campiglio».[5] Cataloga la documentazione in suo possesso ed elenca le persone che potrebbero prodigarsi per la causa. Stila una proposta di istituzione del parco e la invia al veneziano conte Alessandro Marcello, membro della sezione veneta della Società Botanica Italiana, per far sì che venga vagliata dall’assemblea e si possa sperare in un’eventuale adesione alla sua domanda presso il ministero dell’Economia nazionale. Il 25 giugno 1928 il conte Marcello ottiene l'approvazione dall’assemblea. Inoltre, trova l'appoggio di tre onorevoli, i senatori Cesare Nava, Giuseppe Castiglioni e Gilberto Borromeo[4]. Nava si spende affinché la domanda arrivi sulla scrivania di Alessandro Martelli, l’allora ministro dell’Economia nazionale e con lettera del 15 dicembre 1928, comunica a Gian Giacomo di aver «consegnato e illustrato a S.E. Martelli, ministro per l’Economia nazionale, la domanda relativa al Parco Nazionale di Madonna di Campiglio»[4]. La missiva continua informandolo che «il ministro accolse assai fervidamente la proposta e mi propose che l’avrebbe personalmente studiata»[4] ma, dopo questo promettente andamento, il progetto si interrompe.

Per sua iniziativa, la legge sulla caccia, entrata in vigore il 1º gennaio 1940 (regio decreto 1016 del 5 giugno 1939), vietò per la prima volta la caccia all'orso bruno in tutta Italia, fatto questo che verosimilmente permise di evitarne l'estinzione.

Da quando si ritirò a vita privata, si dedicò soprattutto ad iniziative volte alla salvaguardia dell'ambiente naturale, particolarmente degli orsi delle Alpi.

Nel 1957 diede vita a un comitato per la tutela dell'orso bruno.

Su questi argomenti produsse varie pubblicazioni, perlopiù a proprie spese, tra le quali L'orso bruno di Linneo (1958), La protezione dell'orso bruno in Italia (1960) e Gli ultimi orsi bruni delle Alpi (1962).

Si dedicò alla tutela dell'orso sino alla fine: nel 1981, quando aveva ormai 95 anni, pubblicò un accorato appello per la tutela dell'orso bruno in Italia sulla neonata rivista Airone.

Onorificenze italiane

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Onorificenze straniere

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Onorificenze di dinastie non regnanti

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Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata - nastrino per uniforme ordinaria
— 1983[serve una fonte per la data][6]

Albero genealogico

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Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Carlo Gallarati Scotti, I principe di Molfetta Giuseppe Gallarati Scotti, VI marchese di Cerano  
 
Costanza Orsola Belloni  
Tommaso Gallarati Scotti, II principe di Molfetta  
Francesca Guerrieri Gonzaga Odoardo Guerrieri Gonzaga  
 
Camilla Gallarati Scotti  
Gian Carlo Gallarati Scotti, III principe di Molfetta  
Giovanni Francesco Melzi d'Eril, II duca di Lodi Luigi III Melzi d'Eril, X conte di Magenta  
 
Caterina Odescalchi  
Barbara Melzi d'Eril  
Elisa Suardi Giovanni Suardi  
 
Adelaide Archinto  
Gian Giacomo Gallarati Scotti  
Carlo Melzi d'Eril Luigi III Melzi d'Eril, X conte di Magenta  
 
Caterina Odescalchi  
Giacomo Melzi d'Eril  
Carolina Barbiano di Belgiojoso d'Este Rinaldo Alberico Barbiano di Belgiojoso d'Este, III principe di Belgioioso  
 
Giovanna Mellerio  
Luigia Melzi d'Eril  
Giulio Barbò, conte di Casalmorano Gerolamo Giuseppe Barbò, conte di Casalmorano  
 
Teresa Pallavicino  
Giuseppina Barbò  
Palmira Cadolini  
 
 
 
  1. ^ "Il fascismo (...) Non ama la natura, perché identifica la natura nella vita di campagna, cioè nella vita dei servi; ma è cafone, cioè ha le spocchie del servo arricchito. Odia gli animali, non ha senso dell’arte non ama la solitudine, né rispetta il vicino, il quale d’altronde non rispetta lui." cit. Ennio Flaiano
  2. ^ [1]
  3. ^ G. G. Gallarati Scotti, Gli ultimi Orsi bruni delle Alpi, Trassini, Vimercate 1962
  4. ^ a b c d F. PEDROTTI, Notizie storiche sul parco naturale Adamello Brenta, TEMI, Trento 2018.
  5. ^ A. MARCELLO, La protezione della flora alpina e la istituzione del Parco Nazionale di Madonna di Campiglio «Nuovo giornale botanico italiano», a. XXXV (1928)..
  6. ^ a b c d e Scheda senatore GALLARATI SCOTTI Gian Giacomo, su notes9.senato.it. URL consultato il 7 marzo 2021 (archiviato il 7 marzo 2021; seconda copia archiviata il 7 marzo 2021).
  • Michele Mauri, Trittico vimercatese. Gian Giacomo Caprotti detto Salai. Gaspare da Vimercate. Gian Giacomo Gallarati Scotti, Missaglia 2002

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Podestà di Milano Successore
Guido Pesenti 13 giugno 1938 - 15 agosto 1943 Commissario Giorgio Boltraffio
Controllo di autoritàVIAF (EN35301270 · ISNI (EN0000 0000 3556 6881 · SBN LO1V343843 · LCCN (ENn2006071011 · GND (DE121009033