Giovanni Troglita

Giovanni Troglita (Latino: Ioannes Troglita; fl. VI secolo) è stato un militare bizantino vissuto nel VI secolo.

I suoi successi militari contro i Sasanidi Persiani a Oriente e soprattutto contro i ribelli Mauri in Nord Africa sono narrati nell'ultimo poema epico latino dell'Antichità, la Iohannis o de Bellis Libycis di Flavio Cresconio Corippo.

Primi anni di carriera

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Giovanni Troglita combatté nella Guerra vandalica (533534), sotto il comando di Belisario, comandando un'armata di foederati. Rimase in Africa dopo la partenza di Belisario, combattendo in Byzacena i Mori (Mauri) sotto il comando di Salomone. Sotto il comando del successore di Salomone Germano, comandò l'ala destra dell'esercito nella battaglia di Scalas Veteres, contro il traditore Stotzas.[1]

Dopo il 538 venne mandato in Oriente, dove venne nominato dux Mesopotamiae, una delle più importanti cariche militari della regione. Nel 542, ottenne alcuni piccoli successi contro i Persiani: il suo esercito vinse di notte i Persiani che stavano assediando Teodosiopoli, e in seguito sconfisse un altro esercito Persiano che stava assediando Dara, catturando il suo generale, Mihr-Mihroe.[2]

Comandante in Africa

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Nella primavera 546, avvenne l'ultima rivolta militare nella provincia d'Africa, sotto il generale Gontarico, che voleva rendersi indipendente da Costantinopoli. Fresco dei suoi successi in Oriente, e avendo già combattuto in quella regione, Giovanni venne nominato da Giustiniano magister militum Africae.

Repressione della Rivolta Mora

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Nel dicembre 546, quando Giovanni raggiunse Cartagine, la situazione era tragica. Le sue truppe, comandate da Marcenzio in Byzacena e da Gregorio a Cartagine, erano poche e di scarsa qualità. Per questo Giovanni provò inizialmente a usare la diplomazia per porre fine alla rivolta delle tribù more. Con la diplomazia ottenne piccoli successi, per esempio Coutzinas si unì a lui con alcune migliaia di cavalieri, mentre Iabdas, il capo degli Aurasii (le tribù dei Monti Aures) decise di essere neutrale. Tuttavia le altre tribù di Byzacena e Numidia si unirono in una confederazione, con lo scopo di espellere i Romani dalle loro ultime fortezze lungo la costa. Nonostante tutto, Giovanni continuò a negoziare con le tribù, guadagnando tempo per preparare il suo esercito a una controffensiva.

Quando finirono i preparativi, Giovanni con il suo esercito lasciò Cartagine, si unì con l'esercito di Marcenzio, e, prendendo le tribù completamente di sorpresa, liberò rapidamente le città assediate. I Mori si ritirarono di nuovo nell'entroterra montagnoso, e sotto il comando di Antalas, unirono le proprie forze presso Sbeitla (antica Sufetula). I Mauri ottennero un successo iniziale quando tesero un'imboscata a un'armata romana in ricognizione. Giovanni avanzò con il suo esercito, ma i Mori rapidamente si ritirarono nei loro accampamenti, che avevano fortificato. Incapace di assaltare direttamente i loro accampamenti, anche l'esercito romano fortificò i propri accampamenti. Dopo che Antalas rifiutò per l'ennesima volta la resa, i due eserciti si scontrarono in battaglia. Alla fine i Romani ebbero la meglio e dispersero i Mori, rompendo le loro difese e devastando i loro accampamenti. Poco dopo la battaglia, molti prigionieri vennero rilasciati, e vennero recuperate insegne militari perse da Salomone a Cillium nel 544.[3]

Alcuni mesi dopo tuttavia, i Leuathae, la più grande tribù della Tripolitania, si rivoltarono capeggiati dal loro comandante Carcasan, e Giovanni dovette affrontarlo. I Mori inizialmente si ritirarono nell'arido entroterra, sperando di scrollarselo di dosso, ma l'esercito di Giovanni, accompagnato da una carovana con acqua e provviste, li seguì nel deserto. Entrambi gli eserciti soffrirono di sete e fame. Alla fine si scontrarono presso Marta, sulle pianure di Gallica. Secondo Corippo, Giovani era riluttante a scontrarsi in battaglia con i Mauri,[4] ma venne costretto dal suo esercito a combattere, un fenomeno frequente durante il Tardo Impero, quando gli eserciti divennero poco disciplinati. La battaglia fu una disfatta per i Romani, che vennero messi in fuga.[5] Giovanni fuggì prima a Iunci e poi a Laribus, dove iniziò a radunare un nuovo esercito.[6] Antalas immediatamente si rivoltò di nuovo e si alleò con i Leuthae, e nel 547 saccheggiarono la provincia, giungendo anche nelle vicinanze di Cartagine.

Nella primavera del 548, Giovanni, formato un nuovo esercito e alleatosi con alcune tribù, partì per scontrarsi con le tribù nemiche. I Mori ancora una volta si ritirarono prima della sua avanzata, sperando di attirarlo nel deserto, lontano dalle basi di rifornimento, e far morire di fame l'esercito romano. Grazie allo spionaggio Giovanni scoprì le loro intenzioni, e decise invece di accamparsi a Iunce, presso il mare. Dopo aver sedato un ammutinamento tra i suoi uomini, si diresse verso i Campi di Cato, dove si erano accampati i Mori. Intento a indurli a combattere un'aperta battaglia, Giovanni mostrò riluttanza a combattere.[7] Il suo piano funzionò e la battaglia venne vinta dai Romani. Diciassette capi Mori, incluso Carcasan, caddero, mentre Antalas venne catturato; le Guerre More si erano definitivamente concluse.[8] Byzacena, Numidia e Tripolitania vennero pacificate e venne inaugurato un lungo periodo di pace.

Gli ultimi anni

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Troglita, ora patricius (patrizio),[9] fu magister militum Africae per almeno altri 4 anni, iniziando il difficile lavoro di ricostruzione. Troglita capì che era impossibile cacciare i Mauri dall'interno delle province, e riportare la provincia ai suoi antichi confini. Invece di inimicarsi le tribù, instaurò buoni rapporti con loro con la diplomazia. Le tribù dei Mauri divennero foederati dell'Impero; in cambio avrebbero avuto autonomia, e i loro capi avrebbero ricevuto una pensione annuale (pacta). Nello stesso tempo, la rete di fortificazioni erette da Salomone venne riparata e rinforzata, assicurando ai Bizantini il controllo delle zone strategicamente importanti.

Nel 551, Totila, re degli Ostrogoti, occupò la Sardegna e la Corsica. Giovanni, per riconquistarle, mandò una flotta lì, ma venne sconfitta.[10] Non si sa la data esatta della sua morte; probabilmente morì nel 552 o poco dopo, e venne sepolto a Cartagine.[11]

  1. ^ Procopio, De Bello Vandalico II.XVII.7
  2. ^ J.A.S. Evans, The Age of Justinian: The Circumstances of Imperial Power, Routledge 1996, p. 166
  3. ^ Procopio, De Bello Vandalico II.XXVIII.45
  4. ^ Iohannis, VI.478–481
  5. ^ Iohannis, VI.497–773
  6. ^ Iohannis, VII.110–149
  7. ^ Iohannis, VIII.164–179
  8. ^ Iohannis, VIII.627–636
  9. ^ Jordanes, Romana 385
  10. ^ Procopio, De Bello Gothico IV.XXIV.33–37
  11. ^ Charles Diehl, L' Afrique byzantine (1896), p. 381