Haifaa al-Mansour

Haifaa al-Mansour nel 2011.

Haifaa al-Mansour (in arabo هيفاء المنصور; Al Zulfi, 10 agosto 1974) è una regista saudita, prima regista donna dell'Arabia Saudita[1][2]. Ha avuto successo con i suoi primi cortometraggi e documentari, influenzando una vasta gamma di registi esordienti e non in patria, dove è sia lodata che diffamata, a causa dei suoi argomenti considerati "tabù" nel Regno saudita, come la tolleranza, i pericoli dell'ortodossia e la critica alla cultura restrittiva araba[3].

Haifaa al-Mansour è l'ottava figlia (di dodici)[4] del poeta Abdul Rahman Mansour, che la introdusse al mondo dei film attraverso i video, visto che non ci sono cinema in Arabia Saudita.[5] Laureata in Lettere all'Università Americana del Cairo,[5] ha completato un Master in Regia presso l'Università di Sidney.[4] Haifaa al-Mansour ha vissuto in Bahrein per alcuni anni con suo marito, un diplomatico americano, e i loro due figli.[4]

Ha iniziato la sua attività di regista con tre cortometraggi, Who?, The Bitter Journey, e The Only Way Out. The Only Way Out ha vinto premi negli Emirati Arabi Uniti e nei Paesi Bassi.[6] In seguito ha realizzato il documentario Women Without Shadows, che ha a che fare con le vite nascoste delle donne in Medio Oriente. È stato visto in 17 festival internazionali del cinema. Il film ha ricevuto la Golden Dagger per il miglior documentario al Mascate Film Festival, in Oman e una menzione speciale dalla giuria nella quarta edizione dell'Arab Film Festival a Rotterdam. Haifaa al-Mansour è stata ospite al ventottesimo Three Continents Festival a Nantes, in Francia.[1] Con il film La bicicletta verde ha ottenuto una candidatura ai Premi BAFTA 2014 nella categoria "miglior film straniero".

La regista non era intenzionata a fare film incentrati sulla questione femminile, ma trovò semplicemente che tale questione fosse troppo importante per non essere affrontata. Sia Who? che Women Without Shadows hanno a che fare con l'uso dell'abaya. Per questi cortometraggi ha ricevuto lettere d'odio e critiche che la accusavano di essere ostile alla religione in generale, accuse che lei puntualmente rigetta. Haifaa al-Mansour ritiene, tuttavia, che l'Arabia Saudita debba assumere una visione più critica rispetto a determinati aspetti della propria cultura.[5] Essa ha anche ricevuto però richieste da parte di cittadini sauditi che la incoraggiano a discutere di argomenti solitamente considerati tabù.[6]

Sceneggiatrice

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  1. ^ a b Joan Dupont. “ Saudi filmmakers come out of the shadows.”. International Herald Tribune, 14 December 2006.
  2. ^ Cannes 2012: Saudi Arabia's First Female Director Brings 'Wadjda' to Fest, su hollywoodreporter.com, The Hollywood Reporter, 15 maggio 2012. URL consultato l'8 settembre 2012.
  3. ^ Haïfa Al-Mansour, una voce fuori dal coro, su swissinfo.ch, 14 maggio 2013. URL consultato il 1º gennaio 2019.
  4. ^ a b c Tobias Grey, The undercover director, in Financial Times, 30/31 March 2013, p. 14.
  5. ^ a b c Danna Harman. “ Middle Eastern Female Filmmakers Give Glimpse of Once-Veiled Worlds (archiviato dall'url originale il 9 marzo 2012).” 10 marzo 2008. The Christian Science Monitor/Alternet.
  6. ^ a b Najah Al Osaimi. “ Haifa Film Creates a Stir..” ‘'Arab News'’. 21 aprile 2005.

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