Istituto Bancario San Paolo di Torino

Istituto Bancario San Paolo
StatoItalia (bandiera) Italia
Fondazione1563 a Torino
Chiusura1998 (divenuto Sanpaolo IMI)
SettoreBancario

L'Istituto Bancario San Paolo di Torino (generalmente noto come il San Paolo) è stato un'importante banca italiana, con sede a Torino.

Il Monte di Torino

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Per finanziare le iniziative economiche, soprattutto agrarie e minerarie, Emanuele Filiberto di Savoia pensò di fondare un monte che concedesse prestiti ad un interesse inferiore al 12%, ma l'impresa non ebbe successo[1].

Nel 1563 era nata una confraternita religiosa, la Compagnia di San Paolo[2], che nel 1579[3] fondò il monte di pietà di Torino.

A partire dalla metà del Seicento il Monte di Torino gestì anche il debito pubblico dello Stato sabaudo[2].

Il San Paolo di Torino

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Nel 1853 il Monte divenne una banca a tutti gli effetti, abilitata anche all'esercizio del credito fondiario[2]. Continuò (e continua tuttora) ad esercitare il monte dei pegni.

Nel 1928 prese il nome di Istituto Bancario San Paolo di Torino[3]. Il San Paolo partecipò al salvataggio della Banca Agricola Italiana di Riccardo Gualino, rilevandone la rete di filiali in Piemonte e Liguria[3]. Nel 1932, nell'ambito della risistemazione del sistema bancario italiano conseguente alla crisi del '29, il San Paolo venne dichiarato insieme ad altre banche istituto di credito di diritto pubblico, ovvero sotto uno stringente controllo statale[3].

Nel 1987 acquisì la quota di maggioranza della Banca Provinciale Lombarda. Questa operazione portò in dote all'Istituto torinese circa 400.000 clienti e una rete distributiva composta da 117 sportelli bancari.[4] Nel 1993 la Banca Provinciale Lombarda e il Banco Lariano furono definitivamente incorporati[5].

Nel 1991 acquisì il controllo del Crediop[6], che fu successivamente ceduto a Dexia nel 1999 dal Sanpaolo IMI.

Nel 1992, in seguito alla legge Amato, l'istituto fu trasformato in società per azioni e privatizzato[2]. La Compagnia di San Paolo ne rimase il maggior azionista[7].

Negli anni Novanta divenne la più grande banca italiana per raccolta[3]. Si rese popolare attraverso una campagna pubblicitaria televisiva, interpretata da Vittorio Gassmann nei panni di Nostradamus.

Nel 1997 La Compagnia possedeva il 20.54% del capitale, seguita dal Banco Santander (6.8%) e dall'Istituto Mobiliare Italiano (5%)[8].

Nel 1998 si fuse con l'Istituto Mobiliare Italiano per dare vita al Sanpaolo IMI[2]. Gli azionisti del San Paolo ricevettero circa il 55% delle azioni della nuova banca (ovvero 775,184,948)[9]. La Compagnia di San Paolo ne possedeva il 16.4%[8].

  1. ^ Gianni Oliva, I Savoia, Milano, Mondadori, 1998, pag. 224
  2. ^ a b c d e storia dell'"Istituto Bancario San Paolo di Torino" sul sito Intesa Sanpaolo
  3. ^ a b c d e Napoleone Colajanni, Storia della banca italiana, Roma, Newton Compton, 1995
  4. ^ PROVINCIALE LOMBARDA AL S. PAOLO DI TORINO - la Repubblica.it, su ricerca.repubblica.it. URL consultato il 6 luglio 2015.
  5. ^ S. Paolo più grande: assorbirà la BPL e il Banco Lariano, su Corriere della Sera - Archivio Storico, 25 maggio 1993. URL consultato il 26 dicembre 2014 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2016).
  6. ^ Tensione al sanPaolo sul prezzo del Crediop: non si può comprare, su La Repubblica, 20 settembre 1991. URL consultato il 20 febbraio 2016.
  7. ^ Ministero del Tesoro, Approvazione del progetto di ristrutturazione presentato dall'Istituto bancario San Paolo di Torino, su gazzettaufficiale.it, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 13 novembre 1991. URL consultato il 14 aprile 2016.
  8. ^ a b Provvedimento N°6274 (C3141): Istituto Bancario San Paolo di Torino / Istituto Mobiliare Italiano (PDF), su agcm.it, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), 31 luglio 1998. URL consultato il 14 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 22 ottobre 2016).
  9. ^ Istituto Bancario San Paolo di Torino / Istituto Mobiliare Italiano, Estratto del progetto di fusione per incorporazione dell'IMI nell'Istituto Bancario San Paolo di Torino, su gazzettaufficiale.it, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 24 giugno 1998.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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Controllo di autoritàVIAF (EN123139280 · ISNI (EN0000 0001 2105 3169 · BAV 494/37448 · LCCN (ENn82055002 · J9U (ENHE987007419001405171