Jean Dorat

Jean Dismenandi

Jean Dismenandi, noto con lo pseudonimo Dorat (Limoges, 3 aprile 1508Parigi, 1º novembre 1588), è stato uno scrittore e poeta francese, membro della Pléiade.

Nacque in una nobile famiglia e dopo gli studi svolti al Collegio di Limoges si trasferì a Parigi per essere presentato al re Francesco I che divenne il suo protettore.[1]

Nel frattempo, l'intraprendente giovane conobbe gli ellenisti Toussaint e Guillaume Budé e dal 1544 al 1547 svolse le funzioni di precettore del rampollo Jean-Antoine de Baïf, nell'imponente casa del padre, l'umanista Lazare de Baïf.[2] In quegli stessi anni Dorat ebbe come allievo Pierre de Ronsard, che seguì fedelmente il maestro quando assunse il ruolo direttivo nel collegio Coqueret. A Ronsard e Baïf si aggiunse in seguito Joachim du Bellay per dare vita al nucleo originario della innovativa scuola lirica de La Pléiade, destinata ad avere un ruolo determinante sul futuro della poesia della seconda metà del Cinquecento, la cui denominazione fu un atto di omaggio ai sette poeti alessandrini che assunsero lo stesso titolo.[1]

Dopo aver svolto l'attività di precettore a corte, Dorat venne invitato ad insegnare greco presso il Collegio Reale di Parigi, incarico che resse dal 1556 per una dozzina d'anni prima di cederlo al suo genero, Nicolas Goulou.[3]

Fino alla fine della sua vita, Dorat proseguì la sua carriera di precettore e solamente poco prima di morire, nel 1586, raccolse in un volume di Poematia una parte del suo imponente materiale lirico.[2]

La maggior parte delle sue poesie non è stata ancora raccolta completamente, comunque pare abbastanza chiara l'importanza di Dorat sulla nascita di un gusto classicheggiante in Francia e sull'influenza esercitata sui suoi discepoli. D'altronde fu proprio lo stesso Ronsard ad attribuirgli il merito di fondatore ed il titolo di maestro della Pléiade, nonostante la stessa posizione la meriterebbe anche Jacques Peletier du Mans, autore di un'opera poetica più imponente di quella di Dorat.[1]

Dorat condivise l'idea per l'arte di far poesia tramite l'imitazione degli antichi e della loro eccellenza. Il contenuto poetico deve attingere al patrimonio mitico dell'antichità, da cui trarne motivi e temi.[3] Scrisse specialmente in latino, greco e a volte in francese, indirizzando molte delle sue poesie ad amici e discepoli, quasi a prefazione delle loro opere.[2]

  1. ^ a b c Le Muse, IV, Novara, De Agostini, 1965, pp. 248-249, SBN RAV0082203.
  2. ^ a b c (EN) Jean Dorat, in Encyclopedia Britannica. URL consultato il 28 luglio 2018.
  3. ^ a b Enea Balmas e Diego Valeri, La Letteratura nell'età del Rinascimento in Francia, Milano, Sansoni Accademia, 1968, p. 364, SBN UBO1681920. Camillo Marazza, Recensione su: “E. Balmas e D. Valeri, La letteratura nell'età del Rinascimento in Francia: letteratura e storia”, in Rivista di letterature moderne e comparate, vol. 25, n. 1, Firenze, G.C. Sansoni, 1972, SBN USM2000949.
  • (FR) H. Chamard, Histoire de la Pléiade, vol. 4, Parigi, 1940.
  • (FR) Geneviève Demerson, Dorat en son temps, culture classique et présence au monde, Clermont-Ferrand, Adosa, 1979.
  • (FR) Geneviève Demerson, Les Odes latines, Clermont-Ferrand, Presses Universitaires, 1990.
  • (FR) Jean-Claude Ternaux, Lucain et la littérature de l'âge baroque en France. Citation, imitation et création, Parigi, Champion, 2002.
  • (FR) Jean-Claude Ternaux, Furax poeta, l'imitation dans Ad Belli ciuilis auctores et eorum socios (1576) de Dorat, in L'Information littéraire, n. 1, 1992, pp. 11-16.
  • (FR) Christine de Buzon e Jean-Eudes Girot, Colloque Dorat de Limoges, Ginevra, Droz, 2002.

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