Novenio Bucchi

Novenio Bucchi
NascitaCascia, 29 novembre 1895
MorteRoma, 5 luglio 1964
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaArtiglieria
CorpoAlpini
Reparto163ª Batteria, 1º Reggimento artiglieria da montagna
Anni di servizio1915-1918
GradoColonnello
GuerrePrima guerra mondiale
BattaglieBattaglia di Caporetto
Battaglia del Solstizio
Decorazionivedi qui
Notedati tratti da I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro[1]
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Novenio Bucchi (Cascia, 29 novembre 1895Roma, 5 luglio 1964) è stato un militare italiano, decorato con Medaglia d'oro al valor militare a vivente nel corso della prima guerra mondiale.

Nacque a Cascia, in provincia di Perugia, il 29 novembre 1895,[2] figlio di Angelo Antonio e Luigia Morelli. Emigrò in Cile in giovane età, creandosi una agiata posizione economica. All'atto della dichiarazione di guerra all'Impero austro-ungarico da parte del Regno d'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, chiese al Consolato italiano di arruolarsi volontario nel Regio Esercito ritornando in Patria. Destinato a prestare servizio nel 1º Reggimento artiglieria da montagna, dopo un breve periodo di addestramento, col grado di caporale puntatore scelto, fu assegnato alla 63ª Batteria someggiata e raggiunse la zona di operazioni sul Carso.[3] Si distinse durante i combattimenti a quota 208 sud del Veliki Hiribak, rimanendo ferito gravemente. Dopo il ricovero in ospedale, rinunciò alla licenza di convalescenza, e rientra in servizio assegnato alla 163 ª Batteria da montagna con il grado di caporale maggiore. Si distinse sul Monte San Marco e a Pieve di Monte Aperta.

Nell'ottobre 1917, dopo la disfatta di Caporetto, si distinse durante il ripiegamento sulla linea del Piave, schierato sul Monte Grappa. Prese parte alla battaglia del Solstizio del giugno 1918,[3] e quindi rimase gravemente ferito a Croce dei Lebi il 1 luglio dello stesso anno, riportando la perdita totale della vista. Per il coraggio dimostrato in questo frangente fu decorato con la Medaglia d'oro al valor militare concessagli con Regio Decreto 28 marzo 1926.[3]

Promosso sottotenente di complemento dell'arma di artiglieria nel ruolo speciale nel novembre 1932, promosso capitano per meriti eccezionali è richiamato temporaneamente in servizio attivo nel febbraio 1938.[2] Maggiore nel 1942, diviene tenente colonnello nel 1952 e colonnello nel 1958.[2] Muore a Roma il 5 luglio 1964.[2]

Gli è stata intitolata una via e la scuola media statale di Cascia, così come una via a Roma ai piedi di Monte Mario. Inoltre una lapide commemorativa si trova sulla Strada degli Artiglieri, nella zona monumentale istituita dal Ministero Italiano della Difesa nel 1967, in località Costa Violina a Rovereto (Provincia di Trento).

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Accorso dalla lontana America per offrire la sua ardente giovinezza alla Patria prese parte alla guerra sempre in prima linea dando continua prova di valore, di disciplina esemplare e di altissimo spirito di sacrificio. Puntatore di un pezzo che in circostanze particolarmente difficili, sotto violento tiro nemico, era riuscito a piazzarsi sulle linee di fanteria, con mirabile fermezza e valore non esitava per due volte, in cui granate mal calibrate incepparono la bocca da fuoco, ad uscire dal riparo degli scudi per infilare lo scovolo nelle voltate e tentare lo sgombero della culatta con ripetuti colpi sul proietto innescato. Nell’eseguire per la seconda volta la detta operazione, rimaneva ferito da pallottola al petto. Non ancora perfettamente guarito rinunciò alla licenza di convalescenza per rientrare alla sua batteria, ove rinnovò, in ripetute azioni, atti di valore e coraggio non comune. Durante la ritirata dall’Isonzo al Tagliamento volontariamente si offerse per prendere collegamento con le 4 colonne autocarreggiate di munizioni rimaste in territorio già occupato dal nemico, riuscendo con somma audacia, coadiuvato da altro sottufficiale, ad incendiare gli autocarri. Più tardi, lavorando in una galleria ricovero, causa lo scoppio accidentale di una mina, riportava ferite multiple e la perdita della vista. Chiudeva così dolorosamente il ciclo dei suoi atti di valore e di devozione al dovere, che quasi come un rito offriva giornalmente alla Patria. Carso (quota 208 sud) 7 settembre 1916; zona di Gorizia novembre 1916; Pieve di Monte Aperta, 28 ottobre 1917; Monte Grappa 1 luglio 1918.[4]»
— Regio Decreto 28 marzo 1926


  1. ^ Bianchi, Cattaneo 2011, p. 185.
  2. ^ a b c d Bianchi, Cattaneo 2011, p. 186.
  3. ^ a b c Gruppo Medaglie d'Oro al valor Militare 1968, p. 130.
  4. ^ Novenio Bucchi, su quirinale.it. URL consultato il 21 giugno 2019.
  • Andrea Bianchi e Mariolina Cattaneo, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro, Associazione Nazionale Alpini, 2011, ISBN 978-88-902153-1-5.
  • Andrea Bianchi, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Medagliere, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-88-902153-2-2.
  • Giuseppe Capoccetti, L’irto sentiero ovvero le mie memorie, Monterotondo, Fuorilinea Editore, 2014.
  • Gruppo Medaglie d'Oro al valor Militare, Le Medaglie d'Oro al Valor Militare 1918, Roma, Tipografia regionale, 1968.

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