Padiglione di Barcellona
Padiglione di Barcellona | |
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Il padiglione di Barcellona nel 2010 | |
Localizzazione | |
Stato | Spagna |
Comunità autonoma | Catalogna |
Località | Barcellona |
Indirizzo | Av. Francesc Ferrer i Guàrdia, 7 |
Coordinate | 41°22′14″N 2°09′00″E |
Informazioni generali | |
Condizioni | In uso |
Costruzione | 1929 |
Inaugurazione | maggio 1929 |
Demolizione | 1930 |
Ricostruzione | 1983-1986 |
Stile | Minimalismo |
Uso | Espositivo |
Realizzazione | |
Architetto | Ludwig Mies van der Rohe |
Il padiglione tedesco, meglio noto come Padiglione di Barcellona, era una delle opere principali dell'architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe (1886-1969), eretto per dell'Esposizione Universale tenutasi nella città spagnola di Barcellona nel 1929[1]. Nel padiglione Mies van der Rohe introdusse per la prima volta alcune significative innovazioni architettoniche, sfruttando i principi di "pianta libera" e degli "spazi fluenti"[1]. Come tradizione per gli edifici costruiti per le grandi esposizioni universali, anche li Padiglione tedesco fu concepito come costruzione temporanea e fu demolito all'inizio del 1930. A seguito di un accurato studio delle fotografie realizzate durante l'Esposizione, il padiglione fu interamente ricostruito da un gruppo di architetti spagnoli tra il 1983 e il 1986, ed oggi è possibile visitarlo.[2]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]In seguito al successo dell'esposizione del Werkbund a Stoccarda nel 1927, il governo tedesco aveva incaricato Mies van der Rohe della direzione artistica e della costruzione degli edifici per la sezione tedesca dell'Esposizione internazionale di Barcellona che si sarebbe svolta due anni più tardi. Il compito assegnatogli era fortemente condizionato dalla situazione economica incerta e da forti limitazioni temporali, in quanto l'incarico gli fu affidato con relativo ritardo[1]. Il commissario tedesco, Georg von Schnitzler disse che il padiglione avrebbe dovuto "dare voce allo spirito di una nuova era"[3]. Il Padiglione doveva quindi rappresentare la nuova Germania, democratica, culturalmente all'avanguardia, prospera e pacifista.[1]
Progettato come padiglione espositivo temporaneo, l'edificio era quindi destinato ad essere smantellato alla fine della manifestazione. I tempi ridotti per la realizzazione, i tagli al budget e i metodi costruttivi inadeguati ad una struttura tanto moderna portarono ad alcuni difetti strutturali, soprattutto legati alla scarsa tenuta del tetto[2]. Completato nel maggio 1929 l'edificio fu distrutto all'inizio del 1930[2].
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]La struttura poggia interamente sopra un podio di travertino alla cui estremità sud si eleva un segmento di muro dello stesso materiale che comporta una svolta di 180° e conduce ad un piccolo edificio annesso. Una grande vasca rettangolare si estende verso sud-est, circondata dalle lastre del pavimento che proseguono oltre il bordo creando una continuità visiva dando l'impressione che l'acqua continui a scorrere sotto il basamento. Una seconda vasca più piccola è situata sul lato nord, dove il podio è circondato da un segmento di muro di marmo verde a forma di "U" che separa questa parte della struttura dall'esterno[1].
Il tetto, completamente piano, è sostenuto da otto pilastri cruciformi cromati molto sottili che danno una forte impressione di leggerezza che rivelano il carattere non portante delle pareti: lastre di pietra pregiata come marmo di Tino, marmo antico di Vert, onice dorato oppure di vetro colorato grigio, verde, bianco e traslucido, fungono unicamente da preziosi elementi divisori che sembrano intrecciarsi e fluire l'uno dentro l'altro al di sotto e oltre il tetto in modo tale da creare una continuità tra esterno ed interno[1].
Il padiglione è caratterizzato da una pianta "libera", il che permette al visitatore di spaziare attraverso i variegati ambienti dal confine incerto, che permettono di apprezzare il dinamismo e il ritmo delle scansioni e delle pareti. L'accesso all'interno, definito dalla lastra del tetto, richiede una svolta di 180° che conduce ad uno stretto corridoio d'accesso chiuso a destra da una parete di vetro e a sinistra da una parete di marmo che conduce all'ambiente principale[1]. Questo ambiente è un grande spazio rettangolare dominato da una lunga lastra di onice dorato di fronte al quale sono posizionate delle sedute e un tavolo posizionate sopra un tappeto nero e protetti dalla luce dell'ingresso da una tenda di seta rossa. Sulla sinistra della parete di onice, vi è una parete opalina di vetro smerigliato illuminata dall'interno. Altri elementi a parete sono presenti a rompere la continuità spaziale, e il muro esterno sulla destra introduce i visitatori in una piccola corte scoperta che ospita la vasca d'acqua più piccola[4].
In fondo al piccolo specchio d'acqua è posizionata una statua in bronzo "Der Morgen" (il mattino) di Georg Kolbe; una figura femminile che esce dall'acqua e alza le braccia verso il cielo. La statua si staglia contro uno sfondo verde scuro dettato dalla parete prima citata a forma di "U", e girando a sinistra il visitatore si trova all'interno di un ambiente delimitato in parte da una lastra in onice e sul fondo da un pannello vetrato[4]. I critici contemporanei definirono la struttura come un'oasi che invitava i visitatori dell'affollata esposizione ad una breve sosta[5].
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- La ricostruzione del padiglione di Mies a Barcellona, in Casabella, anno L, n. 526, Milano, Electa, luglio-agosto 1986, pp. 44-55.
- Kenneth Frampton, Storia dell'architettura moderna, quarta edizione, Bologna, Zanichelli. ISBN 978-88-08-16462-9.
- Claire Zimmerman, Mies van der Rohe, Colonia, Taschen, 2007, ISBN 978-3-8228-2685-0.
in inglese
- George Dodds, Building Desire, New York, Routledge, 2005, ISBN 0-415-32524-2.
- Ignasi Rubio, Mies Van Der Rohe: Barcelona Pavilion, New York, Watson-Guptill Publications, 1993, ISBN 84-252-1607-9.
- Katie Campbell, Icons of Twentieth-Century Landscape Design, London, Frances Lincoln, 2007, pp. 38–42, ISBN 0-7112-2533-8.
- Alejandro Lapunzina, Architecture of Spain, Westport, Greenwood Press, 2005, pp. 76–81, ISBN 0-313-31963-4.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Padiglione di Barcellona
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) German Pavilion, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 316750733 · LCCN (EN) n94060789 · GND (DE) 4386701-7 · J9U (EN, HE) 987007604134605171 |
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