Paysandisia archon
Castnide delle palme | |
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Paysandisia archon | |
Stato di conservazione | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Sottoregno | Eumetazoa |
Superphylum | Protostomia |
Phylum | Arthropoda |
Subphylum | Tracheata |
Superclasse | Hexapoda |
Classe | Insecta |
Sottoclasse | Pterygota |
Coorte | Endopterygota |
Superordine | Oligoneoptera |
Sezione | Panorpoidea |
Ordine | Lepidoptera |
Sottordine | Glossata |
Infraordine | Heteroneura |
Divisione | Ditrysia |
Superfamiglia | Cossoidea |
Famiglia | Castniidae |
Sottofamiglia | Castniinae |
Tribù | Gazerini |
Genere | Paysandisia Houlbert, 1918 |
Specie | P. archon |
Nomenclatura binomiale | |
Paysandisia archon (Burmeister, 1880) | |
Sinonimi | |
Castnia archon Burmeister, 1880 |
Il castnide delle palme (Paysandisia archon (Burmeister, 1880)) è un lepidottero appartenente alla famiglia Castniidae di origine sudamericana, introdotto recentemente in Europa. È l'unica specie del genere Paysandisia Houlbert, 1918[1].
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Adulto
[modifica | modifica wikitesto]L'ala anteriore ha un colore compreso tra il grigio e il verde olivastro sulla pagina superiore, abbastanza uniforme, benché tenda ad essere più scura nella regione dell'apex, nella costa e nel termen. Si scorge una banda mediana longitudinale di colore più scuro.[2][3][4] La pagina inferiore è grigiastra nella parte distale, mentre tende al marroncino nell'area prossimale.
L'ala posteriore ha, sulla pagina superiore, una colorazione di fondo rossa, sulla quale si stagliano due larghe bande nere trasversali, che vanno dal margine interno fin quasi a quello esterno, e sono percorse da sei celle bianche. Sulla pagina inferiore, il disegno ripete quello della pagina superiore, ma il colore di fondo è sostituito da un grigio spento, più chiaro verso il margine esterno e l'angolo anale, e le celle bianche hanno contorni meno netti e tendono a fondersi tra loro.
Le antenne sono clavate e uncinate alle estremità.
Il capo e il torace sono bruno-grigiastri, mediamente pelosi.
L'addome ripete la tonalità di colore del torace, ma lievemente più scura, particolarmente nel maschio.[2]
Il dimorfismo sessuale è accentuato, dal momento che la femmina è molto più grande del maschio, e mostra un ovopositore appuntito, della lunghezza di 4–5 mm.
L'apertura alare del maschio raggiunge i 90 mm, quella della femmina è di 110 mm.[5][6]
Uova
[modifica | modifica wikitesto]Le uova sono fusiformi, lunghe circa 5 mm e larghe 1,5 mm, di colore biancastro all'atto della deposizione, virando poi al grigio-rosato prima della schiusa; sono presenti 6/8 coste longitudinali (tipicamente 7). Vengono deposte, fino a 6 per volta, tra le fibre della corona fogliare della pianta ospite, in posizione riparata dai raggi diretti del sole, o in prossimità dei meristemi, o ancora alla base del rachide fogliare. Il periodo di ovodeposizione va da maggio fino a ottobre.
A seconda della temperatura, completano il proprio stadio di sviluppo tra 12 e 21 giorni.[5][6]
Larva
[modifica | modifica wikitesto]Il bruco, appena emerso dall'uovo, misura circa 7 mm, è di colore arancio-rosato chiaro, e rivestito di lunghe setole. Si sviluppa nell'arco di 10-18 mesi, a seconda del periodo di deposizione delle uova, creando lunghe gallerie parallele e alquanto rettilinee all'interno dei tessuti della pianta ospite, che aumentano di diametro all'aumentare delle dimensioni della larva, fino a provocare spesso la morte della pianta. A sviluppo conseguito, il bruco può raggiungere 80–90 mm di lunghezza e 15 mm di diametro; esso appare di colore bianco-crema, tozzo e con zampe e pseudozampe corte, il capo marroncino e in parte rientrante nel primo segmento toracico, e con il secondo segmento toracico più allargato.
La larva, che non abbandona mai la pianta ospite per tutto il periodo di sviluppo, rappresenta lo stadio di resistenza con cui questa specie supera l'inverno. Infatti, se le uova si schiudono in primavera, la larva si accresce durante tutto l'anno, sverna una sola volta, e si impupa all'inizio della primavera successiva, dopo circa 10-11 mesi; se invece le uova arrivano a schiudersi nella tarda estate o in autunno, allora la specie sverna una prima volta come larva immatura, si accresce per tutto il successivo anno solare, sverna poi una seconda volta come larva matura, e giunge all'impupamento nella primavera del terzo anno solare, impiegando in tutto circa 18 mesi.[5][6]
Pupa
[modifica | modifica wikitesto]Al termine dello sviluppo larvale, prima dell'impupamento, l'animale tende ad emergere dalla propria galleria, portandosi in prossimità della superficie del rachide fogliare, così che l'adulto sia facilitato nello sfarfallamento. Il bozzolo, ovoidale e di colore marrone scuro, misura 50–60 mm di lunghezza e circa 25 di diametro; esso viene approntato creando uno strato esterno più coriaceo, costituito da fibre vegetali di risulta della pianta ospite, e uno strato interno di fibre sericee, secrete dalla larva, mescolate con escrementi dell'animale stesso.
La pupa che completa la metamorfosi in 40-70 giorni, a seconda della temperatura ambientale, misura circa 50 mm di lunghezza, è tozza e fusiforme, di colore bruno-giallastro, e rivela delle brevi spinule brune disposte a pettine su ogni segmento addominale.[5][6]
Distribuzione e habitat
[modifica | modifica wikitesto]L'areale originario della specie comprendeva esclusivamente il Sudamerica, e in particolare l'Argentina (locus typicus),[4] l'Uruguay occidentale,[2][3] il Paraguay e il Brasile sud-orientale.
Tuttavia, grazie al fatto che alcune larve sono state trasportate dall'uomo all'interno di stipiti fogliari di palme come quelle del genere Trithrinax, attualmente la specie è diventata infestante anche per l'Europa mediterranea. In dettaglio, sono state effettuate segnalazioni in Spagna (Catalogna) e Francia meridionale (Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Linguadoca-Rossiglione, Midi-Pirenei) nel 2001,[7] nel Regno Unito (West Sussex) nel 2002 (presenza occasionale), e Isole Baleari nel 2003. È stato riportato anche un caso nei Paesi Bassi (Provincia dell'Olanda meridionale) nel 2006. Per quanto riguarda l'Italia, sono stati segnalati esemplari a Salerno nel 2002, ad Ascoli Piceno nel 2003[8], in Toscana nel 2004 [9], in Liguria nel 2008 [10] e in Trentino a partire quanto meno dal 2019; ma è probabile che il lepidottero sia presente anche altrove.[5][6][11] Nel 2021, una piccola colonia di esemplari è stata avvistata nella provincia di Frosinone. Unitamente al Rhynchophorus ferrugineus, è considerato dalle autorità sanitarie italiane come una probabile minaccia per la costa adriatica.[12]
L'habitat preferenziale è rappresentato, nei luoghi di origine, da palmeti tropicali o sub-tropicali, o comunque zone verdi a vegetazione mista, in cui siano presenti piante di palma.[1] In Europa, invece, la specie si sta diffondendo sulle fasce costiere, in corrispondenza dei filari di palme delle zone rivierasche nelle città di mare[5][6]
Biologia
[modifica | modifica wikitesto]Non sono mai stati segnalati problemi di danneggiamento al patrimonio forestale, da parte di Paysandisia archon, nell'areale di provenienza, cioè in Sudamerica, poiché in questi ecosistemi, la specie vive in equilibrio con un certo numero di predatori e antagonisti naturali (nematodi, imenotteri, uccelli e così via). Inoltre, nell'ecozona neotropicale questo lepidottero parassita esclusivamente palme di specie selvatiche, e non coltivazioni per produzione. Il problema è sorto al suo arrivo in Europa, in quanto nel vecchio mondo non sono presenti fattori naturali che possano limitare la sua espansione; l'effetto che sta avendo nei paesi della riva settentrionale del Mediterraneo si traduce in un danno economico, oltre che estetico.[5][6]
Periodo di volo
[modifica | modifica wikitesto]Gli adulti di Paysandisia archon volano di giorno in un periodo compreso tra maggio e novembre, con picchi di presenze tra giugno e luglio.[5][6]
Alimentazione
[modifica | modifica wikitesto]I bruchi sono polifagi e parassitano una discreta varietà di generi e specie appartenenti alla famiglia Arecaceae Bercht. & J.Presl, 1820.
In Argentina si è accertata la presenza di P. archon su:[5][6]
- Butia yatay (Mart.) Becc.
- Chamaerops humilis L. (palma nana)
- Latania spp. Comm. ex. Juss.
- Phoenix canariensis Chabaud (Palma delle Canarie)
- Trithrinax campestris (Burmeist.) Drude & Griseb.
Nell'Europa mediterranea si è invece accertata la presenza di questo fitofago su:[5][6]
- Brahea armata S. Watson (Palma blu del Messico)
- Chamaerops humilis L. (Palma nana)
- Jubaea spp. Kunth
- Livistona chinensis (Jacq.) R. Br. ex Mart. (Ventaglio cinese o Palma fontana)
- Livistona decora (W.Bull) Dowe
- Livistona saribus (Lour.) Merr. ex A. Chev.
- Phoenix canariensis Chabaud (Palma delle Canarie)
- Phoenix dactylifera L. (Palma da datteri)
- Phoenix reclinata Jacq. (Palma da datteri del Senegal)
- Sabal spp. Adans.
- Syagrus spp. Mart.
- Trachycarpus fortunei (Hook.) H.Wendl.
- Trithrinax brasiliensis Mart.
- Washingtonia filifera (Lindl.) H.Wendl. (Palma californiana)
Tassonomia
[modifica | modifica wikitesto]Sottospecie
[modifica | modifica wikitesto]Non sono state descritte sottospecie.[1][2][3][4]
Sinonimi
[modifica | modifica wikitesto]Sono stati riportati due sinonimi:
- Castnia archon Burmeister, 1880 - Descr. phys. Rép. Arg. 5, Atlas (2): 41-60, pl. 14-24 - Locus typicus: Argentina[4]
- Castnia josepha Oberthür, 1914 - Etud. Lépid. Comp. 9 (2) : 63, pl. 257, f. 2164-2165 - Locus typicus: Uruguay[2]
Sintomi e danni alla pianta nutrice
[modifica | modifica wikitesto]Si è riscontrato che, molto spesso, la pianta ospite non rivela chiari sintomi dell'attacco da parte della larva di P. archon, ma evidenzia uno stato generale di sofferenza, con foglie ingiallite o secche, spesso ritorte o comunque deformate rispetto alla norma. Una manifestazione tipica della presenza di questo fitofago è l'evidente e ripetuta rosura dello stipite della pianta. Ad esempio, effettuando delle sezioni trasversali del rachide fogliare delle specie di Phoenix, è possibile rintracciare un foro circolare, a testimonianza della galleria scavata dalla larva. Le foglie delle palme risultano perforate o comunque danneggiate su entrambe le pagine. Si è anche riscontrato un'anormale sviluppo ascellare delle foglie parassitate. In taluni casi possono anche essere rinvenute parecchie exuviae del parassita, dimostrazione delle mute già completate. Poiché in alcuni casi parecchie larve coesistono e si accrescono all'interno di un singolo stipite fogliare, la pianta riceve un danno notevole, fino anche a giungere alla morte.[5][6][13]
Metodi di lotta e prevenzione
[modifica | modifica wikitesto]Non essendo ancora disponibili sul mercato, al momento, prodotti fitosanitari registrati da impiegare contro questo parassita, gli interventi possono essere effettuati solo tramite i PPO (prodotti per ornamentali). Tuttavia è in fase di studio la possibilità di impiegare specie parassitarie che possano essere efficaci al fine di contrastare il fenomeno, come ad esempio il nematode Steinernema carpocapsae, utile anche contro il punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus). Un metodo grossolano ma efficace di lotta consiste nell'eradicazione della pianta colpita, seguita da trattamento termico, oppure a triturazione meccanica che porti a frammenti non superiori ai 2 cm di dimensione. Alcuni enti locali hanno emanato delibere che invitano chiunque riscontri la presenza di questo parassita a comunicarlo al Servizio Fitosanitario Regionale.[5][6]
Normativa di riferimento
[modifica | modifica wikitesto]- Direttiva 2009/7/CE della Commissione, del 10 febbraio 2009, che modifica gli allegati I, II, IV e V della direttiva 2000/29/CE del Consiglio concernente: “misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità”, inserendo la Paysandisia archon nell'allegato II, parte A, sezione II, lettera a) punto 10;
- Decreto del MIPAAF del 07/09/2009 di recepimento della Direttiva 2009/7/CE della Commissione del 10 febbraio 2009, che modifica gli allegati I, II, IV e V del Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 214, inserendo dell'allegato II, parte A, sezione II: “organismi nocivi di cui deve essere vietata l'introduzione e la diffusione in tutti gli stati membri se presenti su determinati vegetali o prodotti vegetali”, alla lettera a) punto 10, la Paysandisia archon.[6]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c Houlbert, Constant Vincent, Révision monographique de la sous-famille Castniinae Etud. Lépid. Comp. 15: 730pp : 1-730, pl. 437-462, 1918.
- ^ a b c d e f g Oberthür, Charles, Études de Lépidoptérologie comparée. Fascicule IX: 63, pl. 257, f. 2164-2165, Rennes, Imprimerie Oberthür, maggio 1914.
- ^ a b c d Oberthür, Charles, Études de Lépidoptérologie comparée. Fascicule XV: 64, 75, 311, Rennes, Imprimerie Oberthür, marzo 1918.
- ^ a b c d e Burmeister, Karl Hermann Konrad, Description physique de la République Argentine d'après des observations personelles et étrangeres Descr. phys. Rép. Arg. 5, Atlas (2): 41-60, pl. 14-24, 1880.
- ^ a b c d e f g h i j k l Assam Marche - Servizio Fitosanitario Regionale (PDF) [collegamento interrotto], su assam.marche.it. URL consultato il 4 giugno 2011.
- ^ a b c d e f g h i j k l m Regione Lazio - Direzione Regionale Agricoltura - Area Servizi Tecnici e Scientifici - Servizio Fitosanitario Regionale - Paysandisia archon (Burmeister 1880) - Il Castnide delle palme (PDF) [collegamento interrotto], su regione.lazio.it. URL consultato il 4 giugno 2011.
- ^ Mérit, Xavier et Véronique, Une nouvelle espèce pour la France, Paysandisia archon (Burmeister, 1879), un ravageur de palmiers (Lepidoptera, Castniidae) (PDF), in Bulletin des Lépidoptéristes Parisiens - Faune de France, vol. 11, n. 22, settembre 2002, pp. 41-43. URL consultato il 5 giugno 2011 (archiviato dall'url originale l'8 aprile 2018).
- ^ Riolo P., Nardi S., Carboni M., Riga F., Piunti A., Ferracini C., Alma A., Isidoro N., Paysandisia archon (Lepidoptera, Castniidae ): prima segnalazione di danni del pericoloso minatore delle palme sulla riviera adriatica., in Informatore Fitopatologico, n. 10, 2004, pp. 28-31.
- ^ Regione Toscana - Direzione generale Competitività del sistema regionale e sviluppo delle competenze Sviluppo rurale - Servizio Fitosantario Regionale, Il lepidottero minatore delle palme - Paysandisia Archon (PDF), Firenze, Servizio Fitosanitario Regionale (Toscana), 2014, p. 11. URL consultato il 10 luglio 2017.
- ^ Tinivella, F.; Ferracini, C.; Faccoli, M.; Pasini, C.; Littardi, C.; Cavicchini, R.; Minuto, G., Osservazioni relative ad alcuni fitofagi di recente introduzione in Italia rinvenuti su alberate cittadine del Ponente Ligure (PDF), in Atti Giornate Fitopatologiche, vol. 1, 2010, pp. 311-312. URL consultato il 10 luglio 2017.
- ^ Porcelli F., Monfreda R., Ricci M.S:, Stingi N., Cavallo C., Pellizzari G., Paysandisia archon (Burmeister, 1880) escapes from nurseries and colonizes large palms in South Italy. EPPO activities on plant quarantine, giugno 2006 (archiviato dall'url originale il 13 luglio 2010).
- ^ Giovanni Benedettini e Massimo Bariselli, Minatore delle foglie delle palme, su agricoltura.regione.emilia-romagna.it. URL consultato l'11 dicembre 2019 (archiviato l'11 dicembre 2019).
- ^ Pavesi M, Sottostima delle minacce alla biodiversità da parte di specie aliene invasive di insetti (PDF), su Atti del convegno "Le Specie Aliene del Mediterraneo" 20 e 21 marzo 2010.
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Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Paysandisia archon
- Wikispecies contiene informazioni su Paysandisia archon
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Arpat di Pistoia URL consultato il 6 giugno 2011, su cespevi.it.
- Technogreen® URL consultato il 6 giugno 2011, su technogreen.it. URL consultato il 9 settembre 2013 (archiviato dall'url originale il 30 novembre 2013).
- (EN) Funet.fi URL consultato il 6 giugno 2011, su nic.funet.fi.
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