Polacanthus

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Polacanthus
Illustrazione comparativa del bacino di Polacanthus foxii
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SuperordineDinosauria
Ordine†Ornithischia
Famiglia†Nodosauridae
Sottofamiglia†Polacanthinae
GenerePolacanthus
Owen vide Anonymous, 1865[1] 
Nomenclatura binomiale
†Polacanthus foxii
Owen vide Anonymous, 1865[2]

Polacanthus (il cui nome deriva dal greco antico polys- / πολύς- "molte" e akantha / ἄκανθα "punte" o "spine"),[3] è un genere estinto di dinosauro ankylosauro polacanthino vissuto nel Cretaceo inferiore, circa 130-125 milioni di anni fa (Barremiano), in quella che oggi è l'Inghilterra. Il genere contiene una singola specie, ossia P. foxii, oggi considerata l'unica specie valida del genere.[4]

Polacanthus prende il nome da una scoperta sull'isola di Wight, nel 1865. Non ci sono molti resti fossili di questa creatura, e alcune importanti caratteristiche anatomiche, come il cranio, sono scarsamente conosciute. Le prime rappresentazioni dell'animale lo rappresentavano spesso con una testa molto generica, poiché l'animale era conosciuto prevalentemente solo per la metà posteriore. L'animale poteva raggiungere anche i 5 metri (16 piedi) di lunghezza. Il suo corpo era coperto da un'armatura di placche e spine, che lo rendono un membro di Nodosauridae.

Dimensioni stimate per P. foxii

Polacanthus era un ankylosauro di medie dimensioni. Nel 2010, Gregory S. Paul ne stimò una lunghezza di 5 metri per un peso di 2 tonnellate.[5] Nel 2012, Thomas Holtz fornì una stima inferiore di 4 metri per un peso di 227-454 kg.[4] Le zampe posteriori sono relativamente lunghe per un ankylosauro, con una lunghezza del femore destro di 555 millimetri nell'esemplare olotipo.

Nel 2011, Barrett indicò due possibili tratti unici dell'animale, o autapomorfie: il pavimento del canale neurale è profondamente tagliato da un solco con un profilo trasversale a forma di V; le spine caudali hanno basi triangolari in vista laterale e apici stretti.[6]

I successivi descrittori dell'animale hanno sempre dedicato molto impegno al ripristino della configurazione dell'armatura. Hulke capì che Polacanthus presentava un grande "scudo pelvico" o "scudo sacrale", costituito da una singolo osso dermico piatto sui fianchi (area sacrale) che, forse, non era attaccato all'osso sottostante e decorato da tubercoli. Questa caratteristica è condivisa con altri dinosauri "polacanthini" (nodosauridi basali), come Gastonia e Mymoorapelta. Nell'olotipo, questo scudo è largo 108 centimetri e lungo 90 centimetri, e presenta quattro file orizzontali di osteodermi più grandi per lato, circondati da ossicoli più piccoli.

Questi ultimi sono a volte completamente fusi a formare piastre di armatura piatte. Hulke pensò che sulla coda dovessero essere presenti due file di osteodermi chigliate per lato, mentre la serie di spine ritrovate nell'esemplare olotipo adornava i lati del dorso.[7] Nopcsa ipotizzò una diversa configurazione. Secondo Nopcsa, sia la coda che la parte anteriore del corpo, incluso il collo, presentassero due file parallele di spine, una per lato. Sulla parte anteriore del corpo ogni fila era consistita da cinque spine, sostenendo che sette di queste si erano conservate con il fossile, cinque del lato destro e due del sinistro. Le file sulla coda sarebbero consistite in ventidue coppie di spine più corte, quindici punte ancora esistenti, otto del lato sinistro e sette del lato destro.[8] Poiché le spine sono asimmetriche, la loro posizione può essere più o meno dedotta. Blows nel 1987, concordò sostanzialmente con Nopcsa, ma distinse anche tre tipi di spine, un tipo A, B e C, che gli permisero di classificare ulteriori reperti fossili, che spesso differivano dalle spine dell'olotipo in diversi dettagli.[9]

Scoperta e denominazione

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Ricostruzione storica dello scheletro di P. foxii, di Franz Nopcsa von Felső-Szilvás

I primi resti fossili di Polacanthus foxii vennero scoperti dal reverendo William Fox, sull'Isola di Wight, nel 1865, a Barnes sulla costa sud-ovest. Fox inizialmente pensò di far nominare il nuovo dinosauro dal suo amico Alfred Tennyson. Tennyson propose il nome Euacanthus Vectianus ma questo nome fu in definitiva respinto.[10] Nel 1865, Fox in una conferenza all'Associazione Britannica riportò la scoperta, e l'esemplare venne nominato Polacanthus foxii da Richard Owen, aggirando così la convenzione secondo la quale un autore non può nominare un taxon sul proprio nome.[11] Il testo della conferenza venne più o meno riprodotto da lui in un articolo anonimo nel The Illustrated London News. Questa procedura causò una certa confusione poiché non esiste nessuna pubblicazione del 1865 corrispondente a quella di Owen. Alcuni, quindi, sostennero che Thomas Huxley, nel 1867, fosse l'autore del nome,[12][9] mentre altri indicavano Fox, Owen o "Anonimo" come l'autore della nomenclatura. Il nome generico deriva dal greco antico πολύς/polys ossia "molte" e ἄκανθα/akantha ossia "punte" o "spine", in riferimento alle molte spine dell'armatura dell'animale. Il nome specifico, foxii, onora William Fox per omaggiare il suo ritrovamento.

Illustrazione dei fossili, di Hulke (1881)

L'olotipo, BMNH R175, venne ritrovato in uno strato superiore della Formazione Wessex risalente al Barremiano. L'olotipo è composto da uno scheletro incompleto che manca della testa, del collo, dell'armatura anteriore e degli arti anteriori, ma che comprende alcune vertebre dorsali, il sacro, la maggior parte del bacino, la maggior parte dell'arto posteriore sinistro, il femore destro, 22 vertebre della coda, costole, chevron, tendini ossificati, uno scudo pelvico, 22 spine e numerosi osteodermi. Lo scheletro venne studiato nel 1881 da John Whitaker Hulke, mentre il fossile era ancora in possesso di Fox. Hulke pubblicò la prima descrizione dettagliata del ritrovamento, notando che l'esemplare era gravemente deteriorato dal corso degli anni, e l'armatura dermica si era quasi completamente distrutta.[13] Lo stesso anno, Fox morì, e la sua collezione venne acquisita dal British Museum of Natural History, tra cui il fossile di Polacanthus. Quest'ultimo venne poi riassemblato dal preparatore Caleb Barlow, mettendo meticolosamente insieme tutti i pezzi insieme con il balsamo del Canada, con grande meraviglia di Hulke che nel 1881 aveva definito questa impresa senza speranza. Ciò consentì a Hulke di ridescrivere l'esemplare nel 1887, prestando particolare attenzione alla disposizione dell'armatura.[7] Nel 1905, l'esemplare fu nuovamente descritto da Franz Nopcsa che per la prima volta fornì un'illustrazione della possibile configurazione delle spine e degli osteodermi.[8] Successivamente, l'esemplare fu conservato nel seminterrato del museo.

Ulteriori esemplari

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Materiale fossile al Museo di Storia Naturale, Londra

Da allora numerosi altri esemplari provenienti da Wight e dalla Gran Bretagna furono riferiti a Polacanthus. Questi consistono principalmente in singole ossa o elementi della corazza. Diversi esemplari scoperti prima dell'olotipo furono a vari punti considerati appartenenti a Polacanthus. Nel 1843 John Edward Lee riferì la scoperta su Wight di tre di questi esemplari, costituiti solo da pezzi di armatura. Gli esemplari andarono perduti ancor prima prima che la loro descrizione fosse pubblicata.[14] Nel 1859, il geologo Ernest P. Wilkins menzionò la presenza nella sua collezione di numerosi scudi, spine e vertebre da Wight, da lui riferiti ad Hylaeosaurus.[15] Dopo la sua morte, la sua collezione fu spostata più volte e i pezzi andarono perduti.

Un secondo scheletro parziale, da cui alcuni elementi erano stati rimossi dal 1876, fu identificato e completamente scavato dal dottor William T. Blows, nel 1979;[16] l'esemplare è conservato al Museo di Storia Naturale di Londra, catalogato come l'esemplare NHMUK R9293. È il primo esemplare a mostrare elementi del cranio, vertebre del collo e un'armatura anteriore inequivocabile.[9] Più controversi sono i reperti provenienti dall'Inghilterra continentale. Nel 2014 venne segnalato uno scheletro parziale a Bexhill nel Sussex, l'esemplare BEXHM 1999.34.1-2011.23.1 scoperto all'inizio dell'estate del 1998 da David Brockhurst nella cava di Ashdown Pevensey, risalente al Valanginiano.[17] Nel 1999, 2007 e 2011, resti provenienti dalla Spagna sono stati riferiti a Polacanthus.[18][19][20]

Tuttavia, una revisione del 2020 dei fossili degli ankylosauri britannici concluse che nessuno di questi esemplari aggiuntivi poteva essere riferito con sicurezza a Polacanthus, che sarebbe quindi rappresentato solo dall'olotipo.[21]

Classificazione

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Coda, centro, e frammenti di scuti
Vertebra e scuti

Polacanthus è noto in modo definitivo solo dal suo esemplare olotipo, che rappresenta la specie P. foxii.[21] Tuttavia, in passato numerose altre specie sono state erroneamente assegnate al genere Polacanthus.

Nel 1924, Edwin Hennig nominò una nuova specie, Polacanthus becklesi, il cui nome specifico fu dato in onore del collezionista Samuel Beckles, basato sull'esemplare BMNH R1926, un pezzo di ileo associato ad osteodermi, ritrovato a Wight nel diciannovesimo secolo.[22] Oggi questa specie è considerata un sinonimo junior di P. foxii. Si pensava che rappresentasse una specie diversa poiché l'armatura era più liscia, ma probabilmente era causata dall'erosione dell'acqua sul fossile.[9]

Nel 1987, William T. Blows affermò che l'americano Hoplitosaurus fosse in realtà una specie di Polacanthus, rinominandolo in Polacanthus marshi.[9] Anche se questa teoria guadagnò una certa popolarità nei primi anni 90,[23] oggi è generalmente respinta.

Nel 1996, una nuova specie, Polacanthus rudgwickensis, venne nominata da Blows,[24] dopo una revisione di alcuni materiali fossili ritrovati nel 1985 e originariamente assegnato ad Iguanodon, in mostra all'Harham Museum nel Sussex. L'olotipo di questa specie, HORSM 1988.1546, è frammentario e comprende diverse vertebre frammentarie, uno scapolo-castacoide parziale, l'estremità distale di un omero, una tibia destra quasi completa, frammenti di costole e due osteodermi. P. rudgwickensis sembrava essere stato circa il 30% più lungo della specie tipo P. foxiie, differendo da esso per numerose caratteristiche delle vertebre e dell'armatura dermica. La specie prende il nome dal villaggio di Rudgwick nel West Sussex ed è stato scoperto in una cava di Rudgwick Brickworks Company, al piano di cava in letti di marna grigio verde della Formazione Wessex, risalenti al Barremiano, circa 124-132 milioni di anni fa. Tuttavia, nel 2015, Blows creò un nuovo genere per questo esemplare, ossia Horshamosaurus.[25]

Nel 1971, Polacanthus foxii venne ribattezzato da Walter Coombs, Hylaeosaurus foxi.[26] Tale teoria non venne però accettata dalla comunità scientifica. Inoltre è stato suggerito che Polacanthus sarebbe semplicemente identico a Hylaeosaurus armatus. Ma ciò è stato respinto da Blows nel 1987, a causa delle differenze di età e anatomia.[9] Una possibile identità è difficile da provare o confutare poiché ci sono pochi elementi sovrapposti nei loro olotipi.[6]

Nel 1928, Nopcsa nominò un nuovo genere e specie Polacanthoides ponderosus, basato su una serie di sintassi: BMNH 2584, una scapola sinistra ritrovata a Bolney, che nel 1841 era stata riferita da Gideon Mantell a Hylaeosaurus;[27] e BMNH R1106 en 1107, una tibia e un omero.[28] Il nuovo taxon si è dimostrato molto problematico. Contrariamente a quanto ipotizzato da Nopcsa, la tibia e l'omero non sono stati ritrovati a Bolney ma a Wight.[9] Questo rende Polacanthoides una possibile chimera, specialmente dal momento che la loro provenienza da Wight rende probabile che entrambi appartengano a Polacanthus.[9] Inoltre, gli esemplari di Wight non sono le ossa originali, che sono andate perdute, ma i loro calchi, che nel migliore dei casi avrebbero potuto essere usate come plastotipi. La scapola appartiene ad un thyreophoro indeterminato.[9]

Nel 1982, Justin Delair nominò il genere Vectensia, senza fornire un nome specifico, basato sull'esemplare GH 981.45, una piastra d'armatura. Come l'olotipo di Polacanthus, fu ritrovata a Barnes High, ma a quanto si dice in uno strato più antico della Formazione Wessex.[29] Blows, nel 1987, riferì provvisoriamente il materiale a Polacanthus.[9]

Fox nel 1865 assegnò Polacanthus a Dinosauria, mentre Huxley nel 1870[30] e Hulke nel 1881 lo assegnò agli Scelidosauridae. All'epoca, le sue affinità esatte non erano ben comprese, fino a quando nel 1978 Coombs inserì l'animale all'interno della famiglia Nodosauridae, all'interno di una Ankylosauria più grande.[31] Nel 1996, Kenneth Carpenter classificò ulteriormente l'animale nella sottofamiglia Polacanthinae.[32] Un'ipotesi alternativa, suggerita per la prima volta da Tracy Lee Ford nel 2000,[33] è che esisteva un clade Polacanthidae sotto il nodo Nodosauridae + Ankylosauridae.

Un'analisi più convenzionale del 2012,[34] in cui Polacanthos foxii e P. rudgwickensis non sono stati recuperati come sister taxon, è mostrato in questo cladogramma:

Nodosauridae

Antarctopelta

Mymoorapelta

Hylaeosaurus

Anoplosaurus

Tatankacephalus

Polacanthus rudgwickensis (= Horshamosaurus)

Polacanthinae

Gargoyleosaurus

Hoplitosaurus

Gastonia

Peloroplites

Polacanthus

Struthiosaurus

Zhejiangosaurus

Hungarosaurus

Animantarx

Niobrarasaurus

Nodosaurus

Pawpawsaurus

Sauropelta

Silvisaurus

Stegopelta

Texasetes

Edmontonia

Panoplosaurus

  1. ^ Genus authority given as Huxley, 1867 in some sources, such as the second edition of The Dinosauria.
  2. ^ Species authority given as Hulke, 1881 in some sources, such as the second edition of The Dinosauria.
  3. ^ Liddell & Scott, Greek-English Lexicon, Abridged Edition, Oxford University Press, Oxford, UK, 1980, ISBN 0-19-910207-4.
  4. ^ a b Holtz, Thomas R. Jr. (2011) Dinosaurs: The Most Complete, Up-to-Date Encyclopedia for Dinosaur Lovers of All Ages, Winter 2010 Appendix.
  5. ^ Paul, G.S., 2010, The Princeton Field Guide to Dinosaurs, Princeton University Press p. 229
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  13. ^ Hulke, J.W., 1881, "Polacanthus foxii, a large undescribed dinosaur from the Wealden Formation in the Isle of Wight", Philosophical Transactions of the Royal Society of London, 172: 653–662
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  15. ^ Wilkins, E.P. and Brion, John & Sons. 1859. A concise exposition of the geology and antiquities of the Isle of Wight. [E W] Topography of the island [J B] Newport, T. Standford, 98 pp
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  18. ^ Pereda-Suberbiola, X.; Meijide, M.; Torcida, F.; Welle, J.; Fuentes, C.; Izquierdo, L.A.; Montero, D.; Pérez, G. & Urién, V. 1999. "Espinas dermicas del dinosaurio anquilosaurio Polacanthus en las facies Weald de Salas de Los Infantes (Burgos, España). Estudios Geológicos 55: 267-272
  19. ^ Pereda-Suberbiola, X., C. Fuentes, M. Meijide, F. Meijide-Fuentes, and M.J. Meijide-Fuentes. 2007. "New remains of the ankylosaurian dinosaur Polacanthus from the Lower Cretaceous of Soria, Spain". Cretaceous Research 28: 583–596
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