Pseudo-cufico

Pseudo-cufico, a volte anche pseudo-arabo, è uno stile di decorazione usato durante il Medioevo e il Rinascimento,[1] costituito da imitazioni della scrittura araba cufica, o talvolta scrittura corsiva araba, realizzato in un contesto non arabo: "L'imitazione in arabo nell'arte europea è spesso descritta come pseudo-cufico, prendendo in prestito il termine da una scrittura araba che enfatizza tratti diritti e angolari, ed è più comunemente usata nella decorazione architettonica islamica".[2] Lo pseudo-cufico appare soprattutto nell'arte rinascimentale nelle raffigurazioni di persone provenienti dalla Terra santa, in particolare la Vergine Maria. È un esempio di influenza islamica sull'arte occidentale.

Un dinaro mancuso, o d'oro, del re inglese Offa (regnante 757–796), una copia dei dinari del califfato abbaside (774). Mostra la scritta latina Offa Rex ("Re Offa") capovolta tra l'arabo, probabilmente involontariamente, copiando محمد رسـول الله (Maometto è il messaggero di Allah). Dīnār abbaside per confronto:
Scritto pseudo-cufico in un medaglione sul sudario bizantino di San Potenziano, XII secolo.
Ciborio di smalto francese Limoges con bordo inciso con caratteri arabi e motivi a forma di diamante di ispirazione islamica, Limoges, Francia, 1215–30. British Museum.

Alcune delle prime imitazioni della scrittura cufica risalgono all'VIII secolo, quando il re inglese Offa (regnante 757-796) produsse monete d'oro imitando i dīnār islamici. Queste monete erano copie di un dīnār abbaside coniato nel 774 dal califfo al-Mansur, con "Offa Rex" incentrato sul retro. È chiaro che l'incisore non comprendeva l'arabo poiché il testo arabo contiene molti errori. La moneta potrebbe essere stata prodotta per commerciare con la Spagna islamica, oppure potrebbe far parte del pagamento annuale di 365 mancusi che Offa aveva promesso a Roma.[3]

Nel sud Italia medievale (in città mercantili, come Amalfi e Salerno) dalla metà del X secolo, imitazioni di monete arabe, chiamate tarì, erano molto diffuse ma solo usando una scrittura illeggibile pseudo-cufica.[4][5][6]

L'Iberia medievale era particolarmente ricca di decorazioni architettoniche con disegni sia pseudo-cufici che pseudo-arabi,[1] gran parte per via della presenza di stati islamici nella penisola. La Chiesa di San Romano (consacrata nel 1221) a Toledo includeva sia elementi (reali) latini sia pseudo-arabi (cioè, non in stile cufico) come elementi decorativi. Le aggiunte di Pietro I di Castiglia e León all'Alcázar di Siviglia (metà del XIV secolo) recano elementi di disegno pseudo-cufico che ricordano l'Alhambra di Granada e la facciata metallica delle porte principali della Cattedrale di Siviglia (completata nel 1506) che includono arabeschi ed elementi di disegno pseudo-cufico. Tali elementi decorativi riguardavano sia le realtà sociali che i gusti estetici: la presenza di molti cristiani arabizzati in molti di questi stati altrimenti cristiani e un apprezzamento generale tra l'aristocrazia cristiana per l'elevata cultura islamica dell'epoca.

Sono noti esempi dell'incorporazione della scrittura cufica e di disegni colorati a forma di diamante di ispirazione islamica come un ciborio di smalto francese Limoges del XIII secolo esposto presso il British Museum.[7] Una fascia in scrittura pseudo-cufica "era una caratteristica ornamentale ricorrente a Limoges ed era stata a lungo adottata in Aquitania".[8]

Pittura rinascimentale

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Numerosi esempi di pseudo-cufico sono noti nell'arte europea tra il X e il XV secolo. Le iscrizioni pseudo-cufiche venivano spesso utilizzate come strisce decorative nell'architettura della Grecia bizantina dalla metà dell'XI secolo alla metà del XII e in fasce decorative attorno a scene religiose in dipinti murali francesi e tedeschi dalla metà del XII alla metà del XIII secolo, nonché nelle miniature di manoscritti contemporanei.[9] Lo pseudo-cufico era anche usato come scrittura o come elemento decorativo in tessuti, aureole religiose o cornici.[10] Molti esempi sono visibili nei dipinti di Giotto ( 1267-1337 ca.).[2]

Dal 1300 al 1600, secondo Rosamond Mack, le imitazioni italiane della scrittura araba tendono a fare affidamento sull'arabo corsivo piuttosto che sul cufico, e quindi dovrebbero essere indicati meglio con il termine più generale di "pseudo-arabo".[2] L'abitudine di rappresentare aureole dorate decorate con pseudo-cufico sembra essere scomparsa nel 1350, ma è stata ripresa intorno al 1420 con il lavoro di pittori come Gentile da Fabriano, che probabilmente stava rispondendo all'influenza artistica a Firenze, o Masaccio, che era influenzato da Gentile, sebbene la sua scrittura fosse "frastagliata e goffa", così come quella di Giovanni Toscani o Beato Angelico, in uno stile più gotico.[11]

Intorno al 1450, anche gli artisti dell'Italia settentrionale iniziarono a incorporare nei loro dipinti dispositivi decorativi pseudo-islamici. Francesco Squarcione iniziò la tendenza nel 1455, e presto fu seguito dal suo allievo principale, Andrea Mantegna. Nella pala d'altare di San Zeno del 1456-1459, Mantegna combina la scrittura pseudo-islamica, dalle aureole e orli di indumenti (vedi dettaglio), alla rappresentazione di rilegature di libri mamelucchi nella mano di San Zeno (vedi dettaglio) e persino in un tappeto turco sotto i piedi della Vergine Maria (vedi dettaglio).[12]

Non è chiaro il motivo esatto dell'incorporazione della pseudo-cufico o pseudo-arabo nella pittura medievale o del primo Rinascimento. Sembra che gli occidentali associassero erroneamente le scritture mediorientali del XIII-XIV secolo come identiche alle scritture ai tempi di Gesù, e trovarono così naturale rappresentare i primi cristiani in associazione con queste:[13] "Nell'arte rinascimentale, la scrittura pseudo-cufica è stata usata per decorare i costumi degli eroi dell'Antico Testamento come Davide".[14] Un'altra ragione potrebbe essere che l'artista desiderasse esprimere un'universalità culturale per la fede cristiana, fondendo insieme varie lingue scritte, in un momento in cui la chiesa aveva forti ambizioni internazionali.[15]

A volte si vede anche lo pseudo-ebraico,[16] come nel mosaico sul retro dell'abside nella Circoncisione di Marco Marziale, che non utilizza i veri personaggi ebraici.[17] Era particolarmente comune nelle opere tedesche.

Alla fine gli elementi pseudo-arabi divennero rari dopo il secondo decennio del XVI secolo.[18] Secondo Rosamond Mack: "Le scritture, gli abiti e gli aloni orientali sono scomparsi quando gli italiani hanno visto l'era paleocristiana in un antico contesto romano".

Galleria d'immagini

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Pseudo-ebraico

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  1. ^ a b Encyclopaedia Britannica. Beautiful Gibberish: Fake Arabic in Medieval and Renaissance Art
  2. ^ a b c Mack, p.51
  3. ^ Medieval European Coinage by Philip Grierson p.330
  4. ^ Cardini, p.26
  5. ^ Grierson, p.3
  6. ^ Matthew, p.240
  7. ^ British Museum exhibit
  8. ^ a b Louvre museum notice Archiviato il 15 giugno 2011 in Internet Archive.
  9. ^ Mack, p.68
  10. ^ (EN) Beautiful Gibberish: Fake Arabic in Medieval and Renaissance Art, in Encyclopedia Britannica. URL consultato il 30 maggio 2017.
  11. ^ Mack, p.64-66
  12. ^ Mack, p.67
  13. ^ Mack, p.52, p.69
  14. ^ Freider. p.84
  15. ^ "Perhaps they marked the imagery of a universal faith, an artistic intention consistent with the Church's contemporary international program." Mack, p.69
  16. ^ Mack, p. 62
  17. ^ National Gallery, image Archiviato il 7 maggio 2009 in Internet Archive.
  18. ^ Mack, p.71

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