Accademia Nazionale dei Lincei

Accademia Nazionale dei Lincei
Palazzo Corsini
TipoAccademia nazionale
Fondazione1603
FondatoreFederico Cesi
Sede centraleItalia (bandiera) Roma
Area di azioneconoscenza scientifica
PresidenteItalia (bandiera) Roberto Antonelli
DirettoreFrancesco Paolo Fazio
Lingua ufficialeitaliano
Membri489 (2021)
Sito web
Accademia Nazionale dei Lincei
Statusattuale
Concessa aPersone

Nastro

L'Accademia Nazionale dei Lincèi è una delle istituzioni scientifiche più antiche d'Europa. Venne fondata a Roma nel 1603 da Federico Cesi, Francesco Stelluti, Anastasio De Filiis e Johannes van Heeck, con lo scopo di costituire una sede di incontri rivolti allo sviluppo delle scienze. Il suo nome si richiama all'acutezza che deve avere la vista di coloro che si dedicano alle scienze, proprietà fisiologica che leggendariamente caratterizza la lince. La pronuncia lincèi al posto della più comune forma aggettivale lìnceo è dovuta probabilmente all'origine latina del termine (lyncēus)[senza fonte].

È membro dell'Unione internazionale degli istituti di archeologia.

L'accademia ha sede nel Palazzo Corsini alla Lungara e nella vicina Villa Farnesina. Dal 2021 è presieduta da Roberto Antonelli, che è subentrato a Giorgio Parisi.

La prima Accademia (1603-1630)

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L'Accademia dei Lincei ha subito nel tempo vari cambiamenti; la prima sede fu presso Palazzo Cesi ad Acquasparta (in Umbria). Dopo un primo periodo di grande prestigio, dovuto all'opera di Cesi e degli altri fondatori, oltre alla presenza di soci quali Galileo Galilei e Giovanni Battista Della Porta, del quale raccolse la breve esperienza dell'Accademia dei Segreti,[2] dopo la morte di Cesi nel 1630 ridusse le sue attività fino a scomparire.

La doppia rifondazione (1847 e 1874)

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Nell'Ottocento, dopo un tentativo di rianimarla da parte dell'abate Feliciano Scarpellini che cercò di attivare un'accademia dei Nuovi lincei, si ebbe una vera ripresa delle sue attività solo nel 1847, quando papa Pio IX rifondò una Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei, tuttora esistente (dal 1936 ha il nome di Pontificia accademia delle scienze).

Da parte sua, il Regno d'Italia procedette ad una rifondazione del sodalizio nel 1874, per opera di Quintino Sella, con la costituzione dell'Accademia Nazionale Reale dei Lincei. Questa ampliò i suoi scopi con la costituzione della Classe di scienze morali o umanistiche, che ebbe fra i suoi primi membri il filosofo Giuseppe Ferrari, e riuscì ad assumere un grande prestigio.

Il primo Novecento

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Nel 1926 Benito Mussolini promosse la nascita di una nuova accademia, in sintonia con la politica culturale del regime: nacque l'Accademia d'Italia. Questo portò il presidente dei Lincei, Vito Volterra, a dimettersi. Ne prese il posto Vittorio Scialoja. L'Accademia d'Italia fu poi inaugurata solo nel 1929.

Nel 1933 avviene il commissariamento dell'Accademia[3]; e con il nuovo statuto il governo richiese nel 1934 a tutti i soci il giuramento di fedeltà al regime fascista per restare a farne parte. Tra i Lincei non giurarono in dieci:

Nel 1938, in seguito alle leggi razziali imposte dal governo, l'accademia fu epurata dei soci ebrei, tra i quali Guido Castelnuovo[5]. Inoltre si dimise da socio straniero Albert Einstein (lo era diventato nel 1921 e tornò ad esserlo nel 1946)[6].

Nel 1939 il regime fascista accorpò l'istituzione con l'Accademia d'Italia, al fine di ridurne l'indipendenza. Ultimo presidente fu Federico Millosevich, che fu nominato membro dell'ufficio di presidenza dell'Accademia d'Italia[7].

Dal 1944 ad oggi

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Dopo la Liberazione di Roma, avvenuta il 4 giugno 1944, l'Accademia d'Italia fu soppressa, su suggerimento di Benedetto Croce, e i Lincei riebbero la loro indipendenza. Fu poi costituita una commissione di epurazione composta dai lincei Vincenzo Rivera (Presidente), Benedetto Croce, Vittorio Emanuele Orlando, Gaetano De Sanctis, Giulio Emanuele Rizzo, Guido Castelnuovo, cui si aggiunsero successivamente Carlo Calisse, Giuseppe Armellini e Raffaello Morghen, che si insediò il 17 luglio 1944. Nel maggio 1945 fu istituita una seconda commissione, formata da Benedetto Croce (Presidente), Guido Castelnuovo, Arturo Carlo Jemolo, Giuseppe Levi, Quirino Majorana, Vittorio Emanuele Orlando e Giulio Emanuele Rizzo.[8][9] I lavori si protrassero fino al 1946.

La commissione decise di radiare dall'Accademia 36 tra i membri più compromessi con il fascismo. Tra di essi Giuseppe Bottai, Cesare Maria De Vecchi, Luigi Federzoni e Sabato Visco.[4] Tra gli epurati figurarono anche alcuni accademici che avevano inizialmente sostenuto il fascismo, pur subendo successivamente discriminazioni e persecuzioni, tra i quali Tullio Terni[N 1] Mario Camis e Carlo Foà.

Nel 1946 fu eletto nuovo presidente (dai soci, che tornarono a votare per la prima volta dopo il 1932) Guido Castelnuovo.

Organizzazione

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L'Accademia dei Lincei dal 1986 è retta da uno statuto che prevede che sia composta da 540 accademici, divisi secondo tre qualifiche, ognuna delle quali raccoglie un terzo di essi; 180 sono infatti i soci ordinari "nazionali", 180 i soci ordinari "stranieri" e 180 sono i soci "corrispondenti".

Tutti i soci sono poi ripartiti in due classi:

  • la prima è quella di Scienze Fisiche,
  • la seconda è quella delle Scienze Morali.

Dal 2001 la Classe di Scienze Fisiche è ripartita in 5 categorie:

  1. Matematica, Meccanica e applicazioni
  2. Astronomia, Geodesia, Geofisica e applicazioni
  3. Fisica, Chimica e applicazioni
  4. Geologia, Paleontologia, Mineralogia e applicazioni
  5. Scienze Biologiche e applicazioni

La Classe di Scienze Morali è ripartita in 7 categorie:

  1. Filologia e Linguistica
  2. Archeologia
  3. Critica dell'Arte e della Poesia
  4. Storia e Geografia storica e antropica
  5. Scienze Filosofiche
  6. Scienze Giuridiche
  7. Scienze Sociali e Politiche

L'Accademia Nazionale dei Lincei conferisce con cadenza regolare premi prestigiosi a ricercatori e studiosi di talento. Tra questi premi si segnalano:

Galleria d'immagini

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Annotazioni
  1. ^ Nell'appunto «manoscritto in margine alla commissione si legge su Tullio Terni: "Fervente fascista, ha commesso atti di viltà allo scopo di conservare la tessera quando la legge razziale lo aveva radiato". In un altro appunto, "Fascista, condotta vile per aver chiesto l'arianità e per aver commesso atti umilianti..."».[10]
Fonti

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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