Rutilio Pudente Crispino
Rutilio Pudente Crispino (in latino Rutilius Pudens Crispinus; fl. 230-238) è stato un militare romano di età imperiale.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]La sua carriera è data da un'iscrizione trovata sulla via Tiburtina. Fu prefetto della cohors I Lusitanorum equitum quigenaria, ricoprì una serie di incarichi civili a Roma, Fano e Pesaro, fu membro del collegio dei sacerdoti di Adriano, Antonino Pio, Commodo, Settimio Severo, comandante della Legio XV Apollinaris, e governatore di Tracia e Acaia.
Originario dell'ordine equestre, entrò nel Senato romano, divenendo uno dei principali sostenitori dell'imperatore Alessandro Severo. Era governatore della Siria all'epoca della campagna contro i Sasanidi (230-233); la sua presenza è testimoniata dall'iscrizione dedicatoria di una statua, ritrovata a Palmira e dedicata a Giulio Aurelio Zenobio (padre della regina Zenobia), che racconta di come Zenobio avesse accolto Alessandro e Crispino.[1]
Nel 238, l'Impero romano era dilaniato dalla guerra civile tra i pretendenti al trono Massimino Trace, Balbino, Pupieno e Gordiano III. Massimino era in Pannonia con l'esercito, quando il Senato romano elesse imperatori Pupieno e Balbino che accettarono Gordiano come cesare. Massimino scese allora in Italia con l'esercito pannonico, ma la città di Aquileia gli chiuse le porte, costringendolo all'assedio; Rutilio Crispino e Tullio Menofilo furono incaricati dal Senato di organizzare la difesa (bellum Aquileiensis), cosa che fecero egregiamente rinforzando le mura e accumulando cibo e acqua in quantità.[2] Massimiano mandò sotto le mura degli inviati per invitare la popolazione ad arrendersi; Crispino arringò il popolo (il discorso è riportato da Erodiano, invitandolo a confidare nel Senato romano e a guadagnarsi il titolo di liberatori d'Italia dalla tirannia di Massimino.[3] Irritati dal protrarsi dell'assedio, i soldati di Massiminio lo uccisero. Crispino e l'altro comandante della guarnigione, Tullio Menofilo, si recarono dinanzi all'esercito di Massimino recando le effigi di Pupieno, Balbino e Gordiano coronate con alloro; dopo aver acclamato da soli gli imperatori, si voltarono e chiesero all'esercito di riconoscere per acclamazione gli imperatori scelti dal Senato e dal popolo di Roma.[4]
Fu anche governatore della Spagna Citeriore e della Galizia.
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- AE 1929, 158
- Michael H. Dodgeon, Samuel N. C. Lieu, The Roman Eastern frontier and the Persian wars (AD 226 - 363): A Documentary History, Routledge, 1991, ISBN 0415103177, p. 23.
- Antonella Trevisiol, Fonti letterarie ed epigrafiche per la storia romana della provincia di Pesaro e Urbino, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 1999, ISBN 8882650715, pp. 163–164.