Scontro di Casale Mastroddi
Scontro di Casale Mastroddi parte della Spedizione di Borjes in Sud Italia | |||
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Data | 8 dicembre 1861 | ||
Luogo | Castelvecchio di Sante Marie, Abruzzo | ||
Causa | Tentativo di fuga di José Borjes nello Stato Pontificio | ||
Esito | Vittoria italiana | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
Effettivi | |||
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Perdite | |||
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Lo scontro di Casale Mastroddi è stato un fatto d'armi avvenuto l'8 dicembre 1861 nei pressi di Castelvecchio di Sante Marie, in Abruzzo, e rappresenta l'atto conclusivo della spedizione di José Borjes in Italia meridionale.
Antefatti
[modifica | modifica wikitesto]A seguito del fallimentare assedio di Pietragalla, in Basilicata, la formazione brigantesca comandata dal tenente generale José Borjes e dal capo brigante Carmine Crocco dovette battere in ritirata a Bella[1], che fu conquistata e saccheggiata; anche da qui, però, furono scacciati dal sopraggiungere di 250 unità della guardia nazionale[1] e costretti a riparare a Baragiano.
Continuamente incalzati dalle unità della guardia[1], i briganti dovettero poi scampare a Balvano[1]; dopo tale sosta, i componenti della colonna si divisero per via di divergenze tattico/strategiche tra Borjes e Crocco, con quest'ultimo che rimaneva in Basilicata per continuare la sua campagna di brigantaggio e il primo che si dirigeva prima verso la Campania, in provincia di Salerno[1] (nella quale si scontrò con un non meglio precisato reparto del regio esercito, subendo la perdita di undici uomini e lasciando nelle mani dei soldati del regio esercito alcuni incartamenti che permisero numerosi arresti e perquisizioni)[1], e poi verso l'Abruzzo[2], seguendo un percorso erratico e difficilmente rintracciabile per cercare di raggiungere lo Stato Pontificio[2]. Qui si trovavano Francesco II e il generale Tommaso Clary, che Borjes voleva informare del fallimento della spedizione.
All'inseguimento di Borjes, coadiuvato da una ventina dei suoi ultimi uomini, era il 1º Battaglione Bersaglieri[2] al comando del maggiore Enrico Franchini[2], veterano della Prima e Seconda Guerra d'Indipendenza, nonché della Guerra di Crimea[3]: dopo un lungo inseguimento, durante il quale il Borjes arrivò più volte vicino a far perdere le proprie tracce[2], Franchini riuscì a rintracciarlo nei pressi di Sante Marie, nella Marsica, grazie probabilmente alle informazioni fornite da alcuni contadini della zona[4].
Lo scontro
[modifica | modifica wikitesto]Il combattimento
[modifica | modifica wikitesto]Franchini, una volta localizzato il nascondiglio dei legittimisti, circondò la cascina verso le ore dieci del mattino con una trentina tra bersaglieri e guardie nazionali di Sante Marie[4], ma sulle prime credette che nessun brigante si nascondesse in zona[4]: tuttavia, poco dopo, uno dei legittimisti tentò di fuggire di corsa dall'edificio, a una cinquantina di metri dallo schieramento[4] e fu subito bloccato dal maggiore, che lo inseguì insieme ai suoi uomini e gli sbarrò la strada[4].
Dopo un breve scambio di colpi, il brigante venne colpito da una pallottola alla testa[4], mentre altri cinque suoi compagni furono uccisi in un corpo a corpo alla baionetta dai bersaglieri del maggiore[4]; a quel punto, dalla cascina, partì un fitto fuoco di fucileria[4] che ferì subito due bersaglieri[4] e diede vita a un violento combattimento[4].
Dopo mezz'ora di scontro, il maggiore Franchini chiese a Borjes e ai suoi uomini di arrendersi[4], minacciando di incendiare la cascina in caso contrario[4]; ottenuto un rifiuto e non volendosi impegnare in uno scontro che avrebbe potuto causargli delle perdite[4], Franchini ordinò che la cascina fosse incendiata sul serio e, grazie a questa mossa, riuscì a ottenere infine la resa della compagine[4].
I sopravvissuti vennero quindi catturati[4], insieme a un bottino di 23 carabine, 3 sciabole, 17 cavalli e 3 bandiere regie (secondo Franchini, probabilmente da utilizzare come falsi riconoscimenti)[4], nonché una certa quantità di documenti giudicati interessanti dallo stesso maggiore[4].
La fucilazione di Borjes
[modifica | modifica wikitesto]Dopo la battaglia, i lealisti furono tradotti a Tagliacozzo[4] dal plotone del Franchini; una volta giunti a destinazione, ai lealisti fu concesso di confessarsi dal parroco[5] prima che fosse eseguita la sentenza di morte tramite fucilazione[5].
Prima dell'esecuzione, Borjes esortò i suoi uomini ad affrontare la morte da forti[5], quindi si inginocchiò e fu fucilato mentre recitava delle litanie in spagnolo[5]: secondo la versione di Giuseppe Cesare Abba, invece, pare che, non volendo accettare la fucilazione alla schiena, si fosse voltato infine verso il plotone d'esecuzione, venendo colpito al fianco[6]. La versione della vicenda presentata da Abba, contestualizzata all'interno di una novella risorgimentale, differisce notevolmente[7] dal rapporto ufficiale del Franchini al generale Alfonso La Marmora[8] (che non racconta dettagli a proposito dell'esecuzione), quindi non è da considerare del tutto attendibile.
Conseguenze
[modifica | modifica wikitesto]Per il successo dell'operazione, Franchini fu decorato con la Medaglia d'oro al valor militare con la seguente motivazione: «per le ottime disposizioni date e per l'insigne valore dimostrato durante tutta l'operazione che fruttò l'arresto del capo banda spagnolo Jose Borjes e di 22 suoi compagni.»[9][10]. Inoltre, dal Maggiore Franchini furono segnalati per un encomio il suo luogotenente Staderini[11] e tutti i bersaglieri che parteciparono allo scontro[11].
Per la sbrigativa esecuzione dei legittimisti, l'operato dei bersaglieri fu criticato all'estero, in Francia e in Spagna; il generale La Marmora, sotto richiesta del principe di Scilla[5], ordinò in seguito che i corpi fossero disseppelliti e mandati a Roma per le esequie[5], ma pare che anche questa mossa abbia attirato critiche e proteste verso Torino e Napoli dalle municipalità e dai villaggi alla frontiera[5].
Addosso al Borjes, tra gli altri documenti, furono trovati il piano della spedizione[11], le istruzioni del generale Clary[11] e soprattutto le prove di una congiura borbonica che mirava a far scoppiare una sommossa a Napoli[12], collegata a uno sciopero dei vetturini del 3 dicembre (bloccato rapidamente dalla guardia nazionale)[12]: tale scoperta permise al Regno d'Italia di smantellare una rete sovversiva di stampo legittimista[12] con diramazioni a Parigi e Roma[12], portando a termine numerosi arresti[12], anche tra la nobiltà locale[12], e il sequestro di armi e munizioni[12].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f Cronaca della Guerra d'Italia 1861-1862, su books.google.it, p. 442.
- ^ a b c d e Cronaca della Guerra d'Italia 1861-1862, su books.google.it, p. 437.
- ^ Giuseppe Cesare Abba, Uomini e Soldati · Letture per l'Esercito e pel Popolo, su archive.org, p. 41.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r Cronaca della Guerra d'Italia 1861-1862, su books.google.it, p. 438.
- ^ a b c d e f g Cronaca della Guerra d'Italia 1861-1862, su books.google.it, p. 440.
- ^ Giuseppe Cesare Abba, Uomini e Soldati · Letture per l'Esercito e pel Popolo, su archive.org, p. 44.
- ^ Uomini e Soldati · Letture per l'Esercito e pel Popolo, su archive.org, pp. 41 - 42 - 43.
- ^ Cronaca della Guerra d'Italia 1861-1862, su books.google.it, pp. 437 - 438 - 439.
- ^ FRANCHINI Enrico, su combattentiliberazione.it.
- ^ FRANCHINI Enrico, su quirinale.it.
- ^ a b c d Cronaca della Guerra d'Italia 1861-1862, su books.google.it, p. 439.
- ^ a b c d e f g Cronaca della Guerra d'Italia 1861-1862, su books.google.it, p. 443 - 444 - 445.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Anonimo, Cronaca della Guerra d'Italia —1861-1862, Rieti, Tipografia Trinchi, 1863.
- Giuseppe Cesare Abba, Uomini e Soldati - Letture per l'Esercito e pel Popolo — Seconda Edizione, Bologna, Ditta Nicola Zanichelli, 1892.