Test del sesso

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Il test del sesso, in ambito sportivo, consiste in un'indagine medica atta a stabilire il sesso di un atleta, allo scopo di certificare il diritto di questi a partecipare alle competizioni riservate ad uno dei due sessi. Questo test è effettuato solo su richiesta, e generalmente in seguito ad un ricorso, nei casi in cui il genere di appartenenza di un atleta desti sospetti.

Il test del sesso nasce nel 1966; negli anni precedenti, diverse medaglie olimpiche furono vinte da atlete che presentavano un aspetto fisico simile a quello maschile. Per escludere la possibilità che le partecipanti appartenessero effettivamente al sesso maschile, prendendo parte a gare destinate a quello femminile, fu reso obbligatorio il primo test del sesso durante i campionati europei di atletica leggera a Budapest.

Il test, o esame fisico, consisteva in un comitato di dottori che procedevano ad esaminare i genitali del paziente per confermarne il sesso. L'anno successivo l'esame fisico venne sostituito da un test dei cromosomi, più preciso e affidabile.

Nel 2011 venne introdotto un nuovo tipo di test del sesso: il limite di testosterone pari a 10 nmol/l. Questa nuova tecnica gravò pesantemente su quelle atlete di sesso femminile con un livello di testosterone naturalmente alto.[1] A causa delle controversie avvenute successivamente, il limite venne abbassato a 5 nmol/l nel 2018.[2]

Fondamento scientifico

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Il test del sesso è utile per garantire un equità tra concorrenti, in quanto i maschi hanno un vantaggio prestazionale rispetto alle donne che varia in base alla disciplina e che va dal 10 al 50%, vantaggi che si manifestano a partire dalla pubertà, vantaggio che viene parzialmente mantenuto anche a seguito di transizione di genere, in quanto studi longitudinali che hanno esaminato gli effetti della soppressione del testosterone sulla massa muscolare e la forza nelle donne transgender mostrano costantemente cambiamenti molto modesti, in cui la perdita di massa magra, l'area muscolare e la forza ammonta in genere a circa il 5% dopo 12 mesi di trattamento, pertanto, il vantaggio muscolare di cui godono le donne transgender è solo minimamente ridotto quando il testosterone è soppresso.[3]

Il vantaggio prestazionale tra uomini e donne viene acuito con il prolungarsi dell'attività agonistica, come evidenziato nel secondo tempo delle competizioni calcistiche della UEFA Champions League.[4]

Alcuni studi hanno evidenziato come la resistenza alla presa assoluta della mano tra gli atleti transgender maschili e femminili era simile (TM 38,8±7,5 kg, TW 40,7±6,8 kg), mentre quello delle atlete femminili era inferiore (34,2±3,7 kg), mentre quello degli atleti maschili è maggiore (45,6±6,5 Kg)[5]

Casi nello sport

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L'atleta sudafricana Caster Semenya

Non sono rari i casi in cui le prestazioni di un'atleta di genere femminile abbiano destato sospetti in relazione all'apparente mascolinità della donna.

  • Ewa Kłobukowska, atleta polacca vincitrice di una medaglia d'oro ai Giochi olimpici di Tokyo 1964 e in seguito squalificata per aver fallito il test dei cromosomi
  • Dutee Chand, velocista indiana fallisce il test del testosterone nel 2014 ma in seguito a un ricorso viene riammessa a gareggiare in ambito femminile[6]
  • Caster Semenya, sudafricana vincitrice degli 800 metri piani ai Campionati mondiali di atletica leggera 2009 a Berlino, sulla quale vennero avanzati sospetti per la sua apparente mascolinità. Le fu vietato di gareggiare dalla IAAF a causa degli elevati livelli di testosterone. Successivamente l'atleta si rivolse al Tribunale federale svizzero dello sport potendo ufficialmente riprendere la sua carriera sportiva.[7]
  • Irina e Tamara Press, sorelle sovietiche pluricampionesse olimpiche, la loro carriera si interruppe allorché fu introdotto il test nel 1966 [8]
  1. ^ Vox, The problem with sex testing in sports, 29 giugno 2019. URL consultato il 1º luglio 2019.
  2. ^ (EN) IAAF introduces new eligibility regulations for female classification| News | iaaf.org, su www.iaaf.org. URL consultato il 1º luglio 2019.
  3. ^ (EN) Emma N. Hilton e Tommy R. Lundberg, Transgender Women in the Female Category of Sport: Perspectives on Testosterone Suppression and Performance Advantage, vol. 51, Sports Medicine, dicembre 2020, pp. 199–214, DOI:10.1007/s40279-020-01389-3. URL consultato l'8 agosto 2024.
  4. ^ (EN) Paul S. Bradley, Alexandre Dellal, Magni Mohr, Julen Castellano e Anna Wilkie, Gender differences in match performance characteristics of soccer players competing in the UEFA Champions League, vol. 33, Human Movement Science, febbraio 2014, DOI:10.1016/j.humov.2013.07.024. URL consultato l'8 agosto 2024.
  5. ^ (EN) Blair Hamilton, Andrew Brown, Stephanie Montagner-Moraes, Cristina Comeras-Chueca, Peter G Bush, Fergus M Guppy e Yannis P Pitsiladis, Strength, power and aerobic capacity of transgender athletes: a cross-sectional study, British Journal of Sports Medicine, aprile 2024, DOI:10.1136/bjsports-2023-108029, PMID 38599680. URL consultato l'8 agosto 2024.
  6. ^ (EN) Trauma of Controversial Gender Rule Still Haunts Dutee Chand, su The Quint, 29 agosto 2018. URL consultato il 1º luglio 2019.
  7. ^ 'Semenya per la Iaaf è biologicamente un maschio' - Sport, su Agenzia ANSA, 18 giugno 2019. URL consultato il 1º luglio 2019.
  8. ^ Quelle donne un po' così...

Voci correlate

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