Stati Uniti d'America

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Stati Uniti d'America
In God We Trust
(In Dio noi confidiamo)
Stati Uniti d'America - Localizzazione
Stati Uniti d'America - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome completoStati Uniti d’America
Nome ufficialeUnited States of America
Lingue ufficialiNessuna a livello federale (de iure)[N 1]
Inglese (de facto)
Altre linguespagnolo[N 2][1], francese[N 3], lingue amerinde, italiano, irlandese, cinese, tagalog, vietnamita, coreano, tedesco, persiano, hawaiano, chamorro, inupiaq
Capitale Washington D.C.
Politica
Forma di governoRepubblica presidenziale federale
PresidenteJoe Biden
IndipendenzaDall'Impero britannico
4 luglio 1776 (dichiarata)
3 settembre 1783 (riconosciuta)
Ingresso nell'ONU24 ottobre 1945[2]
Membro permanente del Consiglio di sicurezza
Superficie
Totale9 834 000 km² ()
% delle acque6,7%
Popolazione
Totale334 914 895[3] ab. (2023) ()
Densità37 ab./km²
Tasso di crescita0,59% (2020)
Nome degli abitantistatunitensi, americani (impropriamente)
Geografia
ContinenteAmerica, Oceania (Hawaii e Guam)
ConfiniCanada, Messico, Cuba (Base navale di Guantánamo), Russia (Isole Diomede)
Fuso orarioDa UTC-5 a -10
Da UTC-4 a -10 (ora legale)
Economia
ValutaDollaro statunitense
PIL (nominale)27 675 271[4] milioni di $ (2021) ()
PIL pro capite (nominale)62 605[4] $ (2018) ()
PIL (PPA)22 675 271[4] milioni di $ (2021) ()
PIL pro capite (PPA)68 309[4] $ (2021) ()
ISU (2021)0,926 (molto alto) (21º)
Fecondità1,8 (2015)[5]
Varie
Codici ISO 3166US, USA, 840
TLD.us e .gov (solo enti governativi)
Prefisso tel.+1 (in comune con il Canada, per differenziarsi da quest'ultimo gli Stati Federati hanno un proprio prefisso)
Sigla autom.USA
Lato di guidaDestra (↓↑)
Inno nazionaleThe Star-Spangled Banner
Festa nazionale4 luglio
Stati Uniti d'America - Mappa
Stati Uniti d'America - Mappa
Evoluzione storica
Stato precedente Tredici colonie
Stati Confederati (1861-1865)
 

Gli Stati Uniti d'America (comunemente indicati come Stati Uniti, in inglese United States of America o anche solo United States; in sigla USA[6] o semplicemente America) sono una repubblica federale dell'America settentrionale composta da cinquanta Stati e un distretto federale. I quarantotto stati contigui e il distretto di Columbia dove si trova Washington (la capitale federale) occupano la fascia centrale dell'America settentrionale tra il Canada e il Messico e sono bagnati dall'Oceano Atlantico a est e dall'Oceano Pacifico a ovest. Con 9834000 km² in totale e con circa 336 milioni di abitanti, gli Stati Uniti sono il terzo Paese del mondo sia per superficie, sia per popolazione. La geografia e il clima degli Stati Uniti d'America sono estremamente vari, con deserti, pianure, foreste e montagne che sono anche sede di una grande varietà di fauna selvatica. È una delle nazioni più multietniche e multiculturali al mondo, prodotto di larga scala dell'immigrazione da molti Paesi.

Sono dipendenti dagli Stati Uniti d'America anche alcuni territori organizzati politicamente, i quali non fanno parte di alcuno Stato dell'Unione ma sono soggetti al solo Governo federale. Essi sono: Porto Rico, le Samoa Americane, le Isole Marianne Settentrionali, le Isole Vergini Americane e Guam.

Storicamente, i paleoamericani migrarono dall'Asia verso gli odierni Stati Uniti d'America circa 12 000 anni fa. La colonizzazione europea cominciò invece intorno all'inizio del XVII secolo e venne per lo più dal Regno Unito. Gli Stati Uniti d'America ebbero origine dalle tredici colonie britanniche situate lungo la costa atlantica. Le controversie tra la Gran Bretagna e le colonie sfociarono in un conflitto: il 4 luglio 1776 i delegati delle tredici colonie redassero e approvarono all'unanimità la dichiarazione di indipendenza, che diede ufficialmente vita a un nuovo Stato federale. La guerra d'indipendenza americana, conclusasi con il riconoscimento dell'indipendenza degli Stati Uniti dal Regno di Gran Bretagna, è stata la prima guerra per l'indipendenza da una potenza coloniale europea. La Costituzione fu adottata il 17 settembre 1787 e da allora è stata emendata ventisette volte. I primi dieci emendamenti, collettivamente denominati «Dichiarazione dei diritti» (Bill of Rights), furono ratificati nel 1791 e garantiscono diritti civili e libertà fondamentali.

Gli Stati Uniti intrapresero una vigorosa espansione per tutto il XIX secolo, spinti dalla controversa dottrina del destino manifesto. L'acquisizione di nuovi territori e l'ammissione di nuovi Stati membri causarono anche numerose guerre con i popoli nativi. La guerra civile americana si concluse con l'abolizione della schiavitù negli Stati Uniti. Alla fine del XIX secolo gli Stati Uniti si estesero fino all'Oceano Pacifico. La guerra ispano-americana e la prima guerra mondiale confermarono lo stato del Paese come potenza militare globale. Gli Stati Uniti uscirono dalla seconda guerra mondiale come una superpotenza globale, il primo Paese dotato di armi nucleari e come uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Dopo una grave crisi politica e sociale negli anni sessanta e settanta come conseguenza anche della sconfitta nella guerra del Vietnam, che sembrava minare il predominio mondiale statunitense, l'inattesa fine della guerra fredda e la dissoluzione dell'Unione Sovietica negli anni novanta hanno invece riconfermato il ruolo di superpotenza degli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti sono un Paese sviluppato, con una stima nel 2021 del prodotto interno lordo (PIL) di 27,68 migliaia di miliardi di dollari (circa il 29% del PIL mondiale a parità di potere di acquisto, a partire dal 2011). Il PIL pro capite degli Stati Uniti è stato il sesto più alto del mondo dal 2010, anche se la disparità di reddito del continente americano è stata anche classificata come la più alta all'interno dell'OCSE e i Paesi dalla Banca Mondiale. L'economia è alimentata da un'abbondanza di risorse naturali, numerose infrastrutture ed elevata produttività. Il Paese rappresenta una forza politica guida del mondo occidentale, ed è la prima potenza economica e militare (suo è il 39% della spesa militare mondiale), posizionandosi al primo posto anche nel settore della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnologica, ma presenta anche forti contraddizioni interne come uno Stato sociale più debole rispetto a molti altri Paesi sviluppati.

Secondo la tesi più diffusa, il continente americano prenderebbe il nome dall'esploratore fiorentino Amerigo Vespucci: la teoria sostiene che fu un cartografo tedesco, Martin Waldseemüller, a suggerire tale nome per il Nuovo Mondo, traendolo dalla forma latinizzata Americus (Vespucius), in una carta del mondo disegnata nel 1507 e contenuta nella Cosmographiae Introductio.

Il nome completo United States of America è attestato per la prima volta ufficialmente nella dichiarazione di indipendenza adottata dai Rappresentanti degli Stati Uniti il 4 luglio 1776, dove compare nell'espressione «dichiarazione unanime dei tredici Stati Uniti d'America».[7] Nell'adozione degli Articoli della Confederazione da parte del Secondo congresso continentale, il 15 novembre 1777, il nome è stato variato in The United States of America. La forma breve United States è comune, così come le sigle U.S. e U.S.A. (mutuata in italiano come USA). Sia in italiano sia in inglese è altrettanto comune l'antonomasia America.[8] Il nome Columbia, in onore di Cristoforo Colombo, un tempo popolare sia per le Americhe sia per gli Stati Uniti, è rimasto al solo Distretto di Columbia. Il demotico dei cittadini degli Stati Uniti, in italiano, è statunitense. Tuttavia l'aggettivo americano è comunemente e antonomasticamente[9] in uso per riferirsi agli Stati Uniti («i valori americani», «le forze americane»). In inglese, American è raramente usato per riferirsi a persone o cose estranee agli Stati Uniti.[10]

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia degli Stati Uniti d'America.

La nazione fu fondata dalle tredici colonie dell'Impero britannico situate lungo la costa atlantica. Con la dichiarazione di indipendenza il 4 luglio 1776 proclamarono la loro indipendenza dalla Gran Bretagna: furono le prime colonie a rivoltarsi con successo contro le leggi coloniali.[11] Una convenzione federale (convenzione di Filadelfia) adottò la Costituzione degli Stati Uniti d'America il 17 settembre 1787 e con la ratifica l'anno successivo nasceva una repubblica con un forte governo centrale. La carta dei diritti, che comprendeva dieci emendamenti costituzionali per garantire molti diritti civili fondamentali e libertà, venne ratificata nel 1791. Il regime di apartheid e discriminazione razziale negli Stati Uniti è terminato nel 1964 con l'Atto dei diritti civili (Civil Rights Act).[12]

Nel corso del XIX secolo gli Stati Uniti acquisirono nuovi territori da Francia, Spagna, Regno Unito, Messico e Impero russo, annettendo la Repubblica del Texas e la Repubblica di Hawaii. Le controversie tra il sud agrario e il nord industriale sull'affermazione dei diritti e l'espansione dell'istituzione della schiavitù provocarono la guerra di secessione americana del 1861. Il nord impedì una scissione del Paese e portò la fine della schiavitù legale negli Stati Uniti. La guerra ispano-americana e la prima guerra mondiale confermarono lo stato di potenza militare. Nel 1945 gli Stati Uniti emersero dalla seconda guerra mondiale come il primo Paese dotato di armi nucleari, membro permanente del consiglio di sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e uno dei membri fondatori della Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO). La fine della guerra fredda e il conseguente crollo dell'Unione Sovietica lasciarono gli Stati Uniti come unica superpotenza. L'economia statunitense è infatti la più grande del mondo, con una stima del PIL nel 2018 di 20 494 miliardi di dollari (che rappresenta il 22% del totale mondiale basato sul PIL nominale e quasi il 20% del PIL calcolato a parità di potere di acquisto).[4][N 4]

Nativi americani e colonizzazione europea

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Lo stesso argomento in dettaglio: Nativi americani degli Stati Uniti d'America.
La Mayflower con i Padri Pellegrini nel 1620

Le popolazioni indigene del continente americano, tra cui i nativi dell'Alaska, migrarono dall'Asia in una data variabile (a seconda della ricerca) tra i 50 000 e i 12 000 anni fa.[13] Alcune civiltà precolombiane svilupparono un'avanzata agricoltura, una grande architettura e un alto livello di società. Nel 1492 l'esploratore genovese Cristoforo Colombo sotto la corona spagnola raggiunse diverse isole dei Caraibi, contribuendo al primo contatto dell'uomo bianco con le popolazioni indigene. Milioni di indigeni americani morirono a causa delle epidemie portate dagli europei.[14] Il 2 aprile 1513 il conquistatore spagnolo Juan Ponce de León sbarcò in una regione che chiamò «La Florida», il primo contatto europeo documentato su quello che sarebbero diventati gli Stati Uniti. Degli insediamenti spagnoli nella regione rimane solo St. Augustine, fondata nel 1565.

Altri insediamenti spagnoli vennero creati nell'odierno sud degli Stati Uniti e questi insediamenti vennero riuniti sotto il Vicereame della Nuova Spagna, colonia spagnola in Nord e Centro America, attirando migliaia di persone attraverso il Messico. I commercianti di pellicce francesi stabilirono avamposti nella Nuova Francia nella regione dei Grandi Laghi e successivamente la Francia si impossessò di gran parte del Nord America, penetrando fino al golfo del Messico. La prima colonia inglese di una certa entità fu Jamestown (Virginia) fondata nel 1607. Nel 1628 venne fondata la Colonia della Massachusetts Bay da parte dei puritani che portò a un'ondata migratoria, tanto che nel 1634 nella Nuova Inghilterra erano insediati circa 10 000 puritani. Tra la fine degli anni dieci del Seicento e la rivoluzione americana vennero spediti circa 50 000 detenuti nelle colonie americane britanniche.[15] Nel 1614 venne fondato un insediamento olandese lungo il fiume Hudson inferiore, includendo l'isola di Manhattan che venne chiamata New Amsterdam, la quale venne inglobata nella colonia dei Nuovi Paesi Bassi, questa colonia venne in parte invasa dall'impero svedese nel 1638 fondando la colonia della Nuova Svezia, ma nel 1655 venne di nuovo annessa alla colonia olandese. Nel 1664 gli olandesi cedettero il loro territorio americano all'Inghilterra e la provincia dei Nuovi Paesi Bassi venne ribattezzata New York.

Molti dei nuovi immigrati, soprattutto nel sud, erano schiavi (circa due terzi di tutti gli immigrati della Virginia tra il 1630 e 1680).[16] Alla fine del secolo erano gli schiavi africani a diventare la principale forza-lavoro. Nel 1729 con la divisione della Carolina e la colonizzazione della Georgia del 1732 si completava il cerchio delle tredici colonie britanniche che sarebbero diventate gli Stati Uniti d'America. Con tassi di natalità elevati, bassi tassi di mortalità e una costante immigrazione, la popolazione coloniale crebbe rapidamente. Nella guerra franco-indiana le forze britanniche si impadronirono del Canada francese. Esclusi i nativi americani, le tredici colonie avevano una popolazione di 2,6 milioni di abitanti nel 1770, circa un terzo della Gran Bretagna e quasi uno su cinque erano schiavi neri.[17] Anche se soggetti alla tassazione britannica, le colonie americane non avevano rappresentanza nel Parlamento della Gran Bretagna.

L'indipendenza e l'espansione

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L'attraversamento del fiume Delaware nel 1776, un ritratto di Emanuel Leutze
La dichiarazione di indipendenza (John Trumbull, 1817–1818)

Tensioni crescenti tra i coloni americani e gli inglesi durante gli anni sessanta e settanta del Settecento portarono alla guerra di indipendenza americana, combattuta dal 1775 al 1781. Il 14 giugno 1775 il Congresso continentale (tenutosi a Filadelfia) istituì un esercito continentale sotto il comando di George Washington. Annunciando che «tutti gli uomini sono stati creati uguali» e dotati di «diritti inalienabili», il 4 luglio 1776 il Congresso adottò la Dichiarazione di indipendenza, redatta in gran parte da Thomas Jefferson. Tale data è celebrata ogni anno come il giorno dell'Indipendenza.

Dopo la sconfitta dell'esercito britannico da parte delle forze americane assistite dai francesi venne riconosciuta dalla Gran Bretagna l'indipendenza degli Stati Uniti e la sovranità sul territorio americano fino al fiume Mississippi. La Costituzione degli Stati Uniti d'America venne ratificata nel 1788 e il primo presidente fu George Washington, che entrò in carica nel 1789.

Gli atteggiamenti verso la schiavitù mutarono e una clausola nella Costituzione protesse il commercio di schiavi africani solo fino al 1808, quando il nord abolì la schiavitù tra il 1780 e il 1804.

La necessità di occupazione di nuovi spazi a occidente portò a una lunga serie di guerre contro gli abitanti originari dei territori interessati. Definito da alcuni come un processo di pulizia etnica,[18] culminò nel 1830 con l'approvazione dell'Indian Removal Act ("Legge di rimozione degli Indiani"),[19] che fornì la base legale per le deportazioni e il confinamento in riserve dei nativi americani.[20]

L'acquisto della Louisiana francese sotto la guida del presidente Thomas Jefferson nel 1803 raddoppiò quasi la dimensione della federazione. La guerra del 1812 contro la Gran Bretagna rafforzò il nazionalismo. Una serie di incursioni militari statunitensi in Florida portarono la Spagna a cedere altro territorio lungo la costa del golfo del Messico nel 1819. Ci fu l'annessione della Repubblica del Texas nel 1845. Nel 1846 fu siglato il trattato dell'Oregon con la Gran Bretagna, portando al controllo da parte statunitense sul nord-ovest americano. La vittoria degli Stati Uniti nella guerra contro il Messico nel 1848 (trattato di Guadalupe Hidalgo) portò all'annessione della California e di gran parte dell'odierno sud-ovest americano. La corsa all'oro tra il 1848 e 1849 portò a un'ulteriore migrazione verso occidente. La nuova rete ferroviaria rese più facile il trasferimento di coloni e l'aumento dei conflitti con i nativi americani. In mezzo secolo vennero abbattuti fino a quaranta milioni di bisonti americani per le pelli e la carne (quest'ultima risorsa primaria che scompariva dalle pianure), causando un grave contraccolpo in molte culture native.

Guerra civile e industrializzazione

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Situazione degli Stati nel 1861

     Gli Stati Confederati prima del 15 aprile 1861

     Gli Stati Confederati dopo il 15 aprile 1861

     Stati dell'Unione che permettevano la schiavitù

     Stati dell'Unione che avevano abolito la schiavitù

     Territori non ancora suddivisi in Stati sotto il controllo dell'Unione

La battaglia di Gettysburg
I «Pacificatori» a bordo della River Queen nel marzo 1865: i generali William T. Sherman e Ulysses S. Grant discutono sui piani per le ultime settimane della guerra con il presidente Abraham Lincoln e l'ammiraglio David Dixon Porter

Le tensioni tra gli Stati del nord e quelli del sud nacquero principalmente su argomenti quali il rapporto tra Stato e governi federali e l'utilizzo della schiavitù nei nuovi Stati membri. Abraham Lincoln fu eletto presidente nel 1860. Poco prima sette Stati schiavisti dichiararono la loro secessione (in ordine cronologico: Carolina del Sud, Mississippi, Florida, Alabama, Georgia, Louisiana e Texas). Cominciò così la guerra di secessione statunitense, cominciata con l'attacco a Fort Sumter. Dopo la vittoria dell'Unione nel 1865 tre emendamenti alla Costituzione degli Stati Uniti d'America garantirono la libertà a quasi quattro milioni di africani americani un tempo schiavi, rendendoli cittadini e dando loro il diritto di voto. La guerra e la sua risoluzione portarono a un aumento sostanziale del potere federale.[21]

Nonostante la grave recessione postbellica e le crisi economiche del 1873 e del 1907 la classe dirigente statunitense perseguì la via del guadagno e della speculazione, mentre l'industria tecnica e il capitale privato erano in espansione. Dal 1860 al 1914 la popolazione crebbe da 31,9 a 91,9 milioni di abitanti, tra cui 21 milioni di immigrati e nel decennio post-bellico le dieci più grandi città statunitensi aumentarono del 70% i loro abitanti, tanto che fra 1860 e il 1890 la popolazione urbana crebbe da 25% a oltre il 35% della popolazione. Un esempio clamoroso fu Chicago che nel 1833 aveva solo 350 abitanti, che divennero 30 000 nel 1850, 300 000 nel 1870, fino a quasi 1 100 000 nel 1890. Nel nord l'urbanizzazione e un afflusso senza precedenti di immigrati provenienti dagli Stati meridionali e orientali affrettò il processo di industrializzazione fino al 1929. Tra il 1830 e il 1860 gli immigrati sbarcati negli Stati Uniti furono 4,6 milioni: irlandesi (39%), tedeschi (30%), scandinavi (15%) e britannici (inglesi e scozzesi) (16%).

Massicce protezioni tariffarie, costruzione di infrastrutture e nuovi regolamenti bancari incoraggiarono la crescita economica e i monopoli. Nel 1914 il Paese era in testa tra i Paesi produttori di ferro, carbone, petrolio, rame e argento. Il vapore venne sostituito dall'energia elettrica che accelerava la produzione nazionale. Sorsero anche i «trust» e i giganteschi complessi industriali dei re del cosiddetto «big business» (grandi affari). Famiglie come quelle degli Astor per le pellicce e le pelli, i Rockefeller per la Standard Oil Company, i Carnegie per la United States Steel Corporation, i Morgan, i Vanderbilt per le ferrovie, i Westinghouse per la Air Brake Company, i Fulton, gli Eastman per la Kodak Company, i Ford per la Ford e i Du Pont de Nemours per la DuPont Company dominarono l'economia statunitense e mondiale. Morgan e Rockefeller controllavano da soli il 20% del patrimonio nazionale (341 grandi aziende con un capitale di circa 22 miliardi di dollari).

Le organizzazioni dei lavoratori condussero dure lotte salariali, arrivando a oltre mille scioperi l'anno. Cominciò in questi anni la politica imperialistica statunitense, con l'acquisto dell'Alaska dalla Russia nel 1867 e completando l'espansione continentale che insieme allo sfruttamento nel commercio delle pellicce e della scoperta dell'oro fruttarono 81 milioni di dollari nel 1913. Nel 1890 il massacro di Wounded Knee fu l'ultimo grande conflitto armato delle guerre indiane. Nel 1893 la monarchia indigena delle Hawaii venne rovesciata in un colpo di Stato attuato dagli statunitensi residenti: gli Stati Uniti annetterono l'arcipelago nel 1898.

La vittoria nella guerra ispano-americana dello stesso anno dimostrò che gli Stati Uniti erano oramai una potenza mondiale e con la pace di Parigi si ebbe l'annessione di Porto Rico, Guam e Filippine, che ottennero l'indipendenza solo mezzo secolo più tardi, mentre Porto Rico e Guam sono ancora territori degli Stati Uniti. Nel 1899 fu la volta delle isole Samoa e di Tutuila, aumentando la propria presenza nel Pacifico. Nel 1901 divenne Presidente Theodore Roosevelt, Premio Nobel per la pace, nel 1906. Numerosi interventi militari furono effettuati nell'America centrale e nelle Antille: Panama per ottenere l'area del canale nel 1903 e Cuba nel 1902, creando una sorta di protettorato fino alla metà del XX secolo, oltre a Nicaragua (1911) e Haiti (1915). Nel 1917 furono inoltre acquistate dalla Danimarca le isole Vergini di Saint Croix, Saint Thomas e Saint John, attualmente conosciute come Isole Vergini Americane, per distinguerle dalle Isole Vergini britanniche.

In questo periodo si collocano anche la corsa all'oro del Klondike, la corsa all'oro dello Yukon e la corsa all'oro californiana.

Le due guerre mondiali

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Lo sbarco in Normandia
Folla fuori dalla Borsa di New York a seguito del crollo finanziario
Fattoria abbandonata dopo il «Dust Bowl» nel 1936

Quando nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale a seguito dell'Attentato di Sarajevo, gli Stati Uniti rimasero neutrali, sebbene la maggior parte degli statunitensi simpatizzasse per i britannici e i francesi, anche se molti erano contrari all'intervento.[22] Nel 1917 gli Stati Uniti si unirono agli Alleati (Triplice intesa) contro gli Imperi Centrali.[N 5] Dopo la guerra il Senato non ratificò il trattato di Versailles che istituiva la Società delle Nazioni e il Paese perseguì una politica unilaterale di quasi isolazionismo.[23] Negli anni venti un emendamento costituzionale concesse il suffragio alle donne, ma la prosperità dei ruggenti anni venti si concluse con il crollo di Wall Street del 1929 che diede inizio alla «grande depressione». Dopo la sua elezione a presidente nel 1932 Franklin Delano Roosevelt diede inizio al «New Deal», una serie crescente di politiche di intervento del governo nell'economia statunitense, ma il «Dust Bowl» a metà degli anni trenta impoverì molte comunità agricole e stimolò ulteriormente una nuova ondata migratoria verso occidente.

Gli Stati Uniti erano effettivamente neutrali anche durante la seconda guerra mondiale dopo l'invasione nazista della Polonia nel settembre 1939, ma cominciarono la fornitura di materiali agli Alleati nel marzo 1941 con il programma Lend-Lease. Il 7 dicembre seguente gli Stati Uniti entrarono in guerra con gli Alleati contro le potenze dell'Asse dopo un attacco a sorpresa su Pearl Harbor da parte dell'Impero giapponese. La seconda guerra mondiale ebbe un costo economico superiore a qualsiasi altra guerra nella storia degli Stati Uniti,[24] ma favorì l'economia, fornendo capitali e garantendo l'occupazione.

Bunker statunitense situato in un'isola dell'Atollo di Bikini, dove sono stati fatti i primi test nucleari dopo lo sgancio della bomba atomica sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki

Tra i grandi Paesi combattenti gli Stati Uniti sono stati gli unici a diventare di gran lunga più ricchi in conseguenza alla guerra.[25] Le conferenze di Bretton Woods e Jalta delinearono un nuovo sistema nelle organizzazioni internazionali, ponendo gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica al centro del mondo. Con la vittoria in Europa nel 1945 venne tenuta una conferenza internazionale a San Francisco che portò allo Statuto delle Nazioni Unite, divenuto attivo appena dopo la guerra.[26] Dopo aver sviluppato le prime armi nucleari gli Stati Uniti sganciarono la bomba atomica sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki nell'agosto del 1945 e il Giappone si arrese il 2 settembre seguente, ponendo definitivamente fine alla guerra dopo sei anni.[27]

Guerra fredda e dei diritti civili

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Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra fredda e Guerra del Vietnam.
Marcia su Washington per il lavoro e la libertà
John Fitzgerald Kennedy annuncia il Programma spaziale Apollo del 25 maggio 1961
Il Corpo dei marines statunitensi durante la guerra del Vietnam

Durante la guerra fredda gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica si spartirono il potere dopo la seconda guerra mondiale e dominarono gli affari militari dell'Europa attraverso la NATO e il Patto di Varsavia. Gli Stati Uniti promossero la democrazia liberale e il capitalismo, mentre l'Unione Sovietica promosse il comunismo e un'economia pianificata a livello centrale. Le truppe degli Stati Uniti combatterono le forze comuniste nella guerra di Corea dal 1950 al 1953 e si sperimentò la crisi missilistica di Cuba.

Cartello d'ingresso all'Atollo di Bikini isola dove durante tutta la guerra fredda gli Stati Uniti eseguirono decine di test nucleari

Al lancio sovietico del primo equipaggio umano nello spazio nel 1961 risposero con il primo allunaggio umano nel 1969. Il Paese conobbe una forte espansione economica e un crescente movimento dei diritti civili, guidato da afroamericani, come il reverendo Martin Luther King Jr., e combatterono la segregazione e la discriminazione razziale. Dopo l'assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy nel 1963 vennero approvati l'Atto dei diritti civili del 1964 e l'Atto del diritto di voto (Voting Rights Act) del 1965 dal presidente Lyndon B. Johnson. Johnson portò nel 1965 il Paese a una nuova guerra nel sud-est asiatico, la guerra del Vietnam, che si concluse dopo dieci anni di polemiche, insuccessi militari e proteste popolari con un totale fallimento strategico per gli Stati Uniti e con laceranti divisioni all'interno delle società statunitense. In questi anni furono grandi le riforme sociali: nacque il movimento femminista e omosessuale, si sviluppò il dibattito sui problemi ambientali (come l'effetto serra e l'inquinamento) e sui diritti civili e l'opposizione alla guerra.

Come risultato dello scandalo Watergate Richard Nixon divenne il primo presidente degli Stati Uniti a dimettersi nel 1974. Durante il governo di Jimmy Carter alla fine degli anni settanta l'economia degli Stati Uniti sperimentò la stagflazione. L'elezione di Ronald Reagan come presidente nel 1980 segnò un significativo spostamento verso destra della politica statunitense, che si rifletté nelle principali modifiche in materia fiscale e nelle priorità di spesa.[28] Tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta l'Unione Sovietica crollò, ponendo fine alla guerra fredda dopo quasi cinquant'anni.

Nel XXI secolo

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L'uragano Katrina vicino al picco di forza il 28 agosto 2005
L'attentato alle Torri Gemelle (facenti parte del World Trade Center) a New York nel 2001
Giuramento di Barack Obama, 44º presidente degli Stati Uniti d'America, il 20 gennaio 2009

Con il comando assunto dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, la guerra del Golfo sotto la guida del presidente George H. W. Bush e la guerra in Jugoslavia sotto la guida del presidente Bill Clinton contribuirono a preservare la posizione di superpotenza. La più lunga espansione economica nella storia moderna degli Stati Uniti coprì il periodo tra marzo 1991 e marzo 2001, prevalentemente sotto l'amministrazione Clinton.[29]

Proprio nell'anno 2000-2001 il mondo dell'informatica fece il suo ingresso nei fatti di cronaca popolare, poiché nel giro di pochi mesi si sviluppò il caso Napster, scoppiò la bolla delle dot-com, avvenne la gigante fusione tra la WarnerMedia e AOL[30], oltre a molto altro che contribuì a definire il concetto della "New economy".

Nell'ottobre del 2000 la Cina entrò nell'Organizzazione mondiale del commercio[31], dando il via a un veloce trasferimento di imprese e industrie verso il paese asiatico nei mesi immediatamente successivi[32], e contribuendo a generare una grave crisi economica mondiale tra il 2000 e il 2001[33][34].

Gli attentati dell'11 settembre 2001 che colpirono il World Trade Center di New York e il Pentagono uccisero quasi tremila persone. In risposta il presidente George W. Bush lanciò la guerra contro il terrorismo. Alla fine del 2001 le forze statunitensi invasero l'Afghanistan, rovesciando il governo dei talebani che però continuarono le operazioni di guerriglia. Nel 2002 l'amministrazione Bush cominciò a premere per il cambiamento del regime in Iraq. Sebbene senza il sostegno della NATO o di un esplicito mandato dell'ONU si arrivò all'invasione dell'Iraq nel 2003 che portò alla cattura del presidente iracheno Saddam Hussein. La guerra in Iraq vide l'opposizione dalla maggior parte degli statunitensi.[35] Nel 2005 l'uragano Katrina ha causato gravi distruzioni lungo la costa del Golfo e devastato New Orleans.

Il 4 novembre 2008 il senatore democratico Barack Obama è stato eletto presidente (il suo mandato è cominciato il 20 gennaio 2009), primo presidente afro-americano nella storia degli Stati Uniti, battendo il senatore repubblicano John McCain. Inoltre il 9 ottobre 2009 Obama è stato insignito del premio Nobel per la pace. Obama ha promosso l'approvazione di un'ampia riforma sanitaria e misure economiche per riportare a crescere l'economia degli Stati Uniti in seguito alla grande recessione. Tuttavia si è attirato critiche sia da parlamentari del Partito Repubblicano sia da quello Democratico per l'eccessiva spesa pubblica nei primi anni di mandato.[36][37] Inoltre sotto il governo del presidente Obama è stato ucciso in Pakistan nel 2011 Osama bin Laden da una squadra di Navy Seals e operativi CIA. Altri avvenimenti importanti avvenuti durante l'era Obama furono l'accordo sul nucleare iraniano, la legalizzazione del matrimonio omosessuale e la riapertura delle relazioni diplomatiche con Cuba.

Gli stanziamenti che il Congresso degli Stati Uniti ha approvato per la guerra in Iraq, Afghanistan e della guerra globale contro il terrorismo dopo l'11 settembre sono stati di 1,6 trilioni di dollari.
Sono stati spesi 686 miliardi di $ (43%) per l'Operazione Enduring Freedom (OEF) nella guerra in Afganistan e altre operazioni di controterrorismo.
Sono stati spesi 815 miliardi di $ (51%) per l'Operazione Iraqi Freedom (OIF)/Operazione New Dawn (OND).
Sono stati spesi 27 miliardi di $ (2%) per l'Operazione Noble Eagle (ONE), per fornire una maggiore sicurezza alle basi militari.
Sono stati spesi 81 miliardi di $ (5%) per finanziamenti correlati alle guerre in Afghanistan o in Iraq. [38]

Alle elezioni dell'8 novembre 2016 il candidato repubblicano Donald Trump è stato eletto presidente, battendo la candidata democratica Hillary Clinton.

Gli Stati Uniti d'America, insieme al Brasile e all'India sono stati uno dei Paesi più colpiti dal COVID-19.

Il 6 gennaio 2021, gruppi misti di insurrezionisti incitati dal presidente Trump hanno assaltato il congresso nazionale di Washington nel tentativo di impedire la certificazione della vittoria elettorale di Joe Biden alle elezioni presidenziali del novembre 2020. L'attacco ha colto impreparate le autorità preposte alla difesa del congresso che hanno impiegato diverse ore per riprendere il controllo dell'edificio dovendo fare appoggio anche su unità della Guardia Nazionale e del FBI.

Nell'assalto sono rimaste uccise cinque persone e decine sono rimaste ferite. È stato il primo assalto al congresso statunitense dai tempi della guerra anglo-americana del 1812.

Il 20 gennaio 2021 Joe Biden giura come 46º Presidente degli Stati Uniti d'America.[39] Kamala Harris diventa la 49° vice presidente degli Stati Uniti d'America divenendo la prima donna a ricoprire tale carica e la prima di origine asiatica-americana.

Lo stesso argomento in dettaglio: Geografia degli Stati Uniti d'America.

Con una superficie di oltre 9 milioni di km² e con circa 331,4 milioni di abitanti gli Stati Uniti sono il terzo Paese più esteso al mondo e il terzo più popolato, generalmente suddiviso a un primo livello in tre unità distinte: il «Mainland», ovvero il gruppo continentale di quarantotto Stati contigui che confina a nord con il Canada e a sud con il Messico, mentre a est e a ovest è bagnato rispettivamente dall'Oceano Atlantico e dall'Oceano Pacifico; l'Alaska (lo Stato più vasto), che sul continente confina unicamente con il Canada, mentre le acque territoriali confinano con la Russia (stretto di Bering); lo Stato delle Hawaii, un arcipelago localizzato nel centro dell'Oceano Pacifico. A questa principale tripartizione vanno aggiunti anche alcuni territori esterni, zone insulari dipendenti economicamente o politicamente dagli Stati Uniti (un esempio è Guam, un territorio non incorporato) e sparsi tra il mar dei Caraibi e il Pacifico.

Gli Stati Uniti d'America occupano una fascia del Nordamerica compresa fra l'Oceano Atlantico a est e il Pacifico a ovest e fra il Canada a nord e il Messico e il golfo del Messico a sud. Si tratta di un'area di 9372614 km² (escludendo le acque interne), che fa degli Stati Uniti la quarta nazione al mondo per superficie (dopo Russia, Canada e Cina). Agli Stati Uniti appartengono anche alcune regioni geograficamente isolate come le Hawaii e l'Alaska. In totale, agli Stati Uniti appartengono 25 961 comuni divisi nei 50 Stati e 3 188 contee.

Regioni geografiche

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Le nove sottoregioni statistiche statunitensi

L'Ufficio del censimento degli Stati Uniti divide il territorio continentale in quattro grandi regioni statistiche che raggruppano diversi Stati: Northeast (a sua volta suddiviso in Nuova Inghilterra e Medio Atlantico), Midwest (suddiviso in centro nord-est e centro nord-ovest), South (suddiviso in Atlantico meridionale, centro sud-est e centro sud-ovest) e West (suddiviso in regione delle Montagne Rocciose e regione del Pacifico).

Il Parco Nazionale di Yellowstone nello Stato del Wyoming

Gli Stati della costa orientale sono da nord a sud: Maine, New Hampshire, Vermont (che non è sulla costa), Massachusetts, Rhode Island (il più piccolo degli Stati), Connecticut, New York, Pennsylvania (che è vicino alla costa e la cui metà occidentale è spesso considerata parte del Midwest), New Jersey, Delaware, Maryland, Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud, Georgia e Florida. Gli ultimi cinque (dalla Virginia) vengono anche contati come Stati del sud. Geograficamente questa zona comprende montagne basse e molto antiche, gli Appalachi, con un andamento generalmente da nord-est a sud-ovest, oltre a molti fenomeni locali, compresi i fenomeni glaciali a nord, le faglie tettoniche della valle del fiume Hudson e la zona di origine calcarea (corallina) della Florida. Il corso dei fiumi è generalmente da ovest verso est e i fiumi tendono a essere di lunghezza limitata, ma ampi e dal flusso regolare. Le maree sono spesso forti, soprattutto al nord. Gli inverni sono freddi (nel nord) o moderati (al sud) e umidi, le estati ugualmente umide.

Immagine satellitare degli Stati Uniti contigui

Gli Stati del sud comprendono i summenzionati Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud, Georgia, Florida e anche la Virginia Occidentale (spesso considerata parte del Midwest, dato che era dalla parte del nord nella guerra civile), Kentucky, Tennessee, Alabama, Louisiana, Arkansas, Oklahoma e Texas (spesso considerato fra gli Stati del sud-ovest). Questa zona comprende la parte meridionale e le cime più elevate degli Appalachi e più a ovest l'altopiano di Ozark. I fiumi comprendono le foci del Mississippi e del Río Grande. La più grande influenza climatica viene dal golfo del Messico e comprende inverni miti, umidità e di tanto in tanto uragani.

Gli Stati del Midwest comprendono: Ohio, Michigan, Indiana, Wisconsin, Illinois, Missouri, Minnesota, Iowa, Dakota del Nord, Dakota del Sud, Nebraska e Kansas. Sono in gran parte stati agricoli e industriali (compresa la «Rust Belt», la zona industriale "arrugginita" negli anni settanta e ottanta del XX secolo dalla concorrenza, soprattutto giapponese), freddi di inverno, caldi di estate e con clima da umido (verso est) a secco (verso ovest). È qui che si trova il "cuore" (heartland) degli Stati Uniti ed è considerato un centro di valori morali (lavoro serio, casa e famiglia, i pionieri sulla prateria e così via) per il resto del Paese.

Gli Stati della zona montana invece comprendono: Montana, Idaho, Wyoming, Nevada, Utah, Colorado, Arizona e Nuovo Messico. Gli ultimi quattro spesso anche considerati gli Stati del sud-ovest. Soprattutto a sud la zona è secca, con molti deserti (Deserto di Sonora, Deserto del Mojave, Deserto di Chihuahua) e le Montagne Rocciose. A nord ci sono inverni molto freddi ed estati miti, mentre a sud gli inverni sono miti e le estati calde. Questa è la zona meno abitata del paese ed è dove si trovano molte delle destinazioni sceniche degli Stati Uniti, per esempio il Grand Canyon (Arizona), Monument Valley (Arizona e Utah) e il parco naturale di Yellowstone (Wyoming). La geografia della costa occidentale (Washington, Oregon e California) comprende montagne elevate (Sierra Nevada), vari vulcani, deserti (Valle della Morte) e zone molto umide (la costa, soprattutto a nord).

Gli Stati Uniti si trovano interamente nell'emisfero boreale: i quarantotto Stati continentali sono bagnati dall'Oceano Pacifico a ovest, dall'Oceano Atlantico a est e a sud-est dal golfo del Messico. I Paesi confinanti sono il Canada a nord e il Messico a sud. L'Alaska è lo Stato più vasto, mentre le isole non mancano nel Pacifico centrale. Dopo la Russia, il Canada e la Cina gli Stati Uniti hanno il quarto posto come Paese più esteso del mondo, ma la classifica varia a seconda di come vengono conteggiati i due territori contestati dalla Cina con l'India e la superficie stessa degli Stati Uniti: il World Factbook della CIA segnala 9826630 km²,[40] la Commissione statistica delle Nazioni Unite fornisce 9629091 km²[41] e l'Encyclopædia Britannica 9522055 km².[42] Gli Stati Uniti possiedono anche diversi territori insulari sparsi tra l'Oceano Pacifico (ad esempio Guam) e i Caraibi (compreso Porto Rico, che è legato agli Stati Uniti in un'associazione chiamata Commonwealth).

Il monte Denali (Alaska), la vetta più elevata degli Stati Uniti con 6 194 metri sul livello del mare

Dalla pianura costiera dell'Atlantico spostandosi verso l'interno si incontrano i boschi decidui e le dolci colline del Piedmont. I monti Appalachi dividono la costa orientale dai Grandi Laghi e dalle praterie del Midwest. Il fiume Mississippi-Missouri, il quarto sistema fluviale più lungo del mondo, attraversa da nord verso sud il centro del Paese. Le piatte e fertili praterie delle Grandi Pianure si estendono a ovest, interrotte da un altopiano nella regione sud-est. Le Montagne Rocciose al margine occidentale delle Grandi Pianure si estendono da nord a sud attraverso tutto il Paese, raggiungendo altitudini superiori ai 4 300 metri in Colorado. Più a ovest si incontrano le rocce del Gran Bacino e deserti come il Mojave. Le catene montuose della Sierra Nevada e la Catena delle Cascate si snodano prossimi oramai alla costa del Pacifico. Con i suoi 6 194 metri sul livello del mare il monte Denali in Alaska è la vetta più elevata del Paese.[43][44] Vulcani attivi sono comuni e presenti in tutta la regione costiera che va dall'arcipelago Alessandro alle isole Aleutine, attraversando la penisola di Alaska, oltre che nell'arcipelago delle Hawaii. Il supervulcano presente nel Parco Nazionale di Yellowstone nelle Montagne Rocciose è il più grande vulcano presente all'interno della parte continentale degli Stati Uniti.[45]

Lo stesso argomento in dettaglio: Clima degli Stati Uniti d'America.

Gli Stati Uniti hanno in comune un clima continentale piuttosto accentuato all'interno, ma data l'enorme estensione del territorio si notano differenze considerevoli tra le varie parti, specialmente se ci si sposta da nord a sud con l'andamento meridiano dei rilievi che non oppone ostacoli ai venti freddi del nord che giungono fino nel Texas e a quelli caldi tropicali che giungono dal golfo del Messico oppure se si considerano le due sponde oceaniche. Le influenze nordiche si fanno sentire anche sulla costa atlantica, lungo la quale scende la fredda corrente del Labrador che annulla in gran parte l'influenza mitigatrice marina fino all'altezza del capo Hatteras (New York ha medie di gennaio oscillanti da 0 a −4 °C e medie di luglio da 21 a 25 °C) assieme all'influenza delle correnti occidentali che favoriscono di inverno le irruzioni anche forti di aria fredda di provenienza continentale-canadese (bufera di neve nota come «blizzard»).[46] Cosicché a est il clima varia da umido continentale nel nord fino a subtropicale umido a sud, con clima tropicale nella punta meridionale della Florida e nelle Hawaii.

Procedendo verso ovest il Midwest ha un clima continentale, le Grandi Pianure a ovest hanno generalmente un clima semi-arido, arido nel Gran Bacino, desertico nel sud-ovest, mediterraneo lungo la costa californiana, temperato umido lungo il golfo del Messico e il sud, oceanico lungo le costiere di Oregon, Washington e Alaska meridionale (la maggior parte dell'Alaska rientra però nel clima subartico o polare), infine gran parte delle regioni montane dell'ovest sono caratterizzate da un clima alpino. Fenomeni meteorologici estremi non sono rari, con le regioni costiere lungo il golfo del Messico soggette al rischio uragani nella stagione autunnale e con le Grandi Pianure soggette a linee temporalesche e tornado laddove si assiste allo scontro tra masse di aria fredda secche provenienti dalle alte latitudini e masse di aria caldo umida di provenienza tropicale,[47] oltre alla già citata bufera di neve nel nord della costa est e nel Midwest.

L'Earth Overshoot Day (indica a livello illustrativo il giorno nel quale l'umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell'intero anno) del Paese è il 15 marzo.[48]

Flora e fauna

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L'aquila di mare testabianca, simbolo degli Stati Uniti sin dal 1782

L'ecosistema degli Stati Uniti è molto vario: circa 17 000 specie di piante vascolari sono presenti negli Stati Uniti contigui e nell'Alaska, oltre a 1 800 specie di piante fiorite situate nelle isole Hawaii, alcune delle quali presenti anche nel continente.[49]

Gli Stati Uniti sono anche la patria di oltre più di 400 specie di mammiferi, 700 specie di uccelli, 500 specie di rettili e anfibi e 90 000 specie di insetti.[50] Sono presenti sessanta parchi nazionali e centinaia di altri parchi, foreste e zone desertiche protette a livello federale.[51] Nel complesso il governo gestisce il 28,8% del territorio, buona parte del quale è protetta.[52]

L'inquinamento negli Stati Uniti è sottoposto a controllo da parte di uffici federali come l'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Environmental Protection Agency, EPA).

Una grande parte dei rifiuti prodotti dagli Stati Uniti vengono spediti all'estero. Nel 2019, il 62% dei rifiuti statunitensi è stato spedito in Asia.

Nel 2015 gli Stati Uniti hanno prodotto 262,4 milioni di tonnellate di rifiuti, il 4,5% in più rispetto al 2010 e il 40% in più rispetto al 1985 secondo i dati ufficiali.[53]

Mentre la Cina decide nel 2018 di cessare l'importazione di rifiuti in plastica per non essere più la "pattumiera del mondo", l'industria del riciclaggio negli Stati Uniti è perturbata. Il prezzo del trattamento dei rifiuti sta aumentando considerevolmente e molte città preferiscono incenerire i loro rifiuti, incidendo sulla qualità dell'aria o sulle discariche a cielo aperto, una delle principali fonti di emissioni di metano.[53]

Inquinamento atmosferico

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Nel 2012 il governo degli Stati Uniti intendeva regolare le emissioni di CO2 dalle centrali elettriche con il piano Greenhouse Gas New Standard Performance.[54] L'EPA ha segnalato come inquinanti più di 450 aziende statunitensi.

Inquinamento del suolo

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L'inquinamento del suolo è causato principalmente dai rifiuti solidi urbani. Nell'ambito del programma Vital Signs (segni vitali) il Worldwatch Institute di Washington ha segnalato che gli Stati Uniti producono 615 000 tonnellate al giorno di rifiuti solidi urbani non totalmente riciclabili che causano un inquinamento delle acque, portando nella catena alimentare metalli pesanti come il cadmio, lo stronzio, il nichel e il cromo.

Densità della popolazione. (2000)

Sebbene gli abitanti siano molto numerosi la densità di popolazione è di circa 32,45 ab./km², il che significa che la maggior parte delle terre è scarsamente abitata. I principali nuclei urbani si concentrano sulla East Coast (la costa atlantica), dove sorgono grandi metropoli come New York, Boston, Filadelfia, Washington, Atlanta, e Miami; vicino al golfo del Messico come Houston e Dallas, nella parte continentale sulle rive dei Grandi Laghi, dove sorgono Chicago, Detroit, Buffalo, Milwaukee e Cleveland; oppure sulla West Coast, con San Diego, Los Angeles, San Francisco, Portland, Seattle e San Jose. Gli Stati Uniti sono uno dei Paesi con la maggior diversità etnica e la sua multietnicità è il prodotto di un'immigrazione su larga scala dai più svariati Paesi dei diversi continenti.[55]

Nel 2020 l'Ufficio del censimento degli Stati Uniti ha riportato quasi 331,5 milioni di persone, con un aumento del 7,4% rispetto all'anno 2010, che era di 308,7 milioni di persone. La percentuale di crescita è circa in media con le percentuali dei decenni precedenti a partire dal 1900.[56] La popolazione è generalmente in crescita, grazie specialmente a una forte immigrazione, proveniente in buona parte dall'America Latina e dall'Asia orientale. La presenza di immigrati o di loro discendenti diretti è molto rilevante nella parte sud occidentale del Paese. Più di 37 milioni di cittadini sono nati all'estero e circa 15 milioni di questi sono stati naturalizzati cittadini statunitensi. Il 6% della popolazione è di origine italiana, costituita dai discendenti degli immigrati arrivati sulle coste degli Stati Uniti perlopiù dalla seconda metà del XIX secolo fino alla seconda guerra mondiale e provenienti in maggioranza dal Mezzogiorno, dal Veneto e dal Friuli-Venezia Giulia. Sono circa 18 milioni gli italoamericani (cifra che tuttavia non considerava tutti coloro che posseggono solo parziale origine italiana e non deducibile dal cognome), ma solo un milione di essi parla o comprende l'italiano. L'azione positiva (Affirmative Action), una politica a favore dei gruppi minoritari, ha permesso negli ultimi decenni agli appartenenti alle minoranze etniche un più facile accesso alle università, a molti posti di lavoro che precedentemente erano loro preclusi e a incarichi di grande responsabilità nel mondo politico e nell'alta finanza.

L'immigrazione negli Stati Uniti fu sempre molto intensa nel corso della storia, specialmente dall'Europa, tanto che la parte meridionale fu interessata dall'immigrazione dalla Spagna, tranne la zona della Louisiana che al tempo si estendeva fino al Canada. I primi immigrati nelle tredici colonie provenivano dal Regno Unito, ma in seguito fu molto forte l'immigrazione dalla Germania dove il numero degli abitanti era quasi pari a quello degli immigrati britannici, mentre nella zona dello Stato di New York erano presenti immigrati dai Paesi Bassi. L'immigrazione dalla Francia fu frequente dopo la cessione della Louisiana agli Stati Uniti da parte di Napoleone Bonaparte. Nell'Ottocento fu enorme l'immigrazione dall'Irlanda e altrettanto forte quella dall'Italia, specie a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. L'immigrazione proseguì nel Novecento con l'arrivo di immigrati dai Paesi scandinavi e durante la seconda guerra mondiale di ebrei (circa 6 milioni) specialmente dalla Russia, dalla Polonia e dall'Ungheria.

Etnie e minoranze straniere

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Lo stesso argomento in dettaglio: Etnie degli Stati Uniti d'America.
Gruppi etnici maggioritari nei diversi Stati d'America: la maggior parte degli Stati ha una maggioranza di etnia germanica, prevalentemente di origine anglosassone, tedesca e scandinava (rispettivamente colori porpora e blu, ma anche rosso, che indica coloro che si identificano semplicemente come "americani", la maggioranza dei quali di origine inglese coloniale) Legenda delle maggioranze etniche dei vari Stati:

     Tedesca

     Americana

     Inglese

     Irlandese

     Italiana

     Messicana

     Africana

     Giapponese

     Portoricana

Mappa più dettagliata che riporta le discendenze etniche per singole contee

Con più di 331 milioni di abitanti gli Stati Uniti d'America sono il terzo Paese al mondo per popolazione dopo Cina e India. La zona più popolata del Paese è quella nordorientale di antica urbanizzazione, ma si sono espanse anche le zone urbane della costa pacifica, specie in California.

Secondo i dati del censimento 2020, il 61,6% degli americani si identificavano come bianchi (il dato comprende non solo i bianchi europei, ma molti del 18,7% della popolazione che si identificano come "ispanici", ovvero gli statunitensi di origine sudamericana, la maggior parte dei quali nel censimento si identificano come "bianchi"), il 12,4% come neri, il 6,0% come asiatici, il 2,9% come nativi americani, lo 0,2% come nativi hawaiiani o delle isole del Pacifico, l'8,4% come di altre razze, e il 10,2% come di razza mista (due o più delle anzidette).[57]

Gli statunitensi di origine europea (ma anche araba e turca) non ispanica, ovvero i bianchi non ispanici (non-Hispanic whites), costituivano all'incirca il 61% della popolazione nel 2012, considerevolmente calati e in continuo calo,[58] sia in percentuale sia in numero assoluto[59] rispetto all'89% del 1960.[60][61][62][63]

Secondo il vecchio censimento ufficiale del 2000 i residenti di ascendenza tedesca erano il 12,2%, quelli di origine del Regno Unito il 20,6% (di cui l'11,9% di irlandesi e l'8,7% di inglesi). I residenti di ascendenza italiana rappresentavano il 5,6% della popolazione totale. Il gruppo comunemente identificato come White Anglo-Saxon Protestant (WASP, in italiano Bianco, Anglosassone, Protestante) detiene ancora le leve del potere politico ed economico e anche se calato è ancora maggioranza del Paese.

Nel censimento del 2010 è stato rilevato che il 23% dei bambini sotto i quindici anni ha genitori bianchi (i bianchi di origine europea, ma anche arabi e turchi, sono definiti come bianchi non ispanici nel censimento ufficiale, o anche bianchi di origine non latino-americana),[64] che entro il 2042 sarebbero una minoranza se proseguono le tendenze migratorie e la bassa natalità tra i bianchi.[65][66] Questa proiezione su un futuro scenario demografico in cui i bianchi (da sempre ai vertici dei poteri e della gestione dello Stato) potrebbero essere in netta minoranza ha cominciato a scatenare forti dibattiti circa l'identità degli Stati Uniti nel futuro prossimo e sull'immigrazione in entrambi gli schieramenti politici. Per quanto riguarda le origini della popolazione statunitense (stima del 2018)[67] si calcola che essa abbia le seguenti discendenze (anche se solo lontane o parziali). 197 181 177[68] sono bianchi non ispanici così suddivisi:[69]

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Origine dei gruppi etnici degli Stati Uniti d'America nel 2019 secondo l'US Census Bureau.[70]

██ Bianchi non-ispanici (60,1%)

██ Ispanici (18,5%)

██ Afroamericani (13,4%)

██ Asiatici (5,9%)

██ Multirazziali (2,8%)

██ Nativi americani (2,9%)

██ Nativi delle Hawaii e di altre isole del Pacifico (0,2%)

Classifica Discendenza Popolazione Quota della popolazione totale
1 Germania (bandiera) tedeschi 46 403 053 14,7%
2 Irlanda (bandiera) irlandesi 33 526 444 (sette volte la popolazione dell'Irlanda stessa) 10,6%
3 Inghilterra (bandiera) inglesi 24 787 018 7,8%
4 Stati Uniti (bandiera) americani[N 6] 22 746 991 7,2%
5 Italia (bandiera) italiani 17 285 619 5,5%
6 Francia (bandiera) francesi (inclusi alcuni milioni di franco-canadesi) 10 332 020 3,3%
7 Polonia (bandiera) polacchi 9 385 766 3,0%
8 Israele (bandiera) ebrei 7 153 065 2,2%
9 Scozia (bandiera) scozzesi 5 409 343 1,7%
10 Norvegia (bandiera) norvegesi 4 445 030 1,4%
11 Paesi Bassi (bandiera) olandesi 4 289 116 1,4%
12 Svezia (bandiera) svedesi 3 933 024 1,2%
13 scozzesi-irlandesi[N 7] 3 046 005 1,0%
14 Russia (bandiera) russi 2 843 400 0,9%
15 Lega araba (bandiera) arabi 1 832 106 0,6%
16 Galles (bandiera) gallesi 1 778 216 0,6%
17 Rep. Ceca (bandiera) cechi 1 452 344 0,5%
18 Ungheria (bandiera) ungheresi 1 423 736 0,4%
19 Portogallo (bandiera) portoghesi 1 372 141 0,4%
20 Danimarca (bandiera) danesi 1 307 381 0,4%

Circa 42 milioni sono gli afroamericani, compresi i neri ispanici.[71]

Circa 20 milioni di persone sono di origine asiatica, soprattutto:

Classifica Discendenza Popolazione Quota della popolazione totale
1 Cina (bandiera) cinesi 3 852 099 1,2%
2 India (bandiera) indiani 3 303 512 1,0%
3 Filippine (bandiera) filippini 2 717 844 0,9%
4 Vietnam (bandiera) vietnamiti 1 710 547 0,5%
5 Corea del Sud (bandiera) coreani 1 460 214 0,5%
6 Giappone (bandiera) giapponesi 779 637 0,2%

Secondo una stima del 2018 risultavano circa 60 milioni di cittadini statunitensi di origine ispanica[72] (di qualsiasi etnia), in particolare:

Classifica Discendenza Popolazione Quota della popolazione totale
1 Messico (bandiera) messicani 36 986 661 11,3%
2 Porto Rico (bandiera) portoricani 5 791 453 1,8%
3 Cuba (bandiera) cubani 2 363 532 0,7%
4 El Salvador (bandiera) salvadoregni 2 306 774 0,7%
5 Rep. Dominicana (bandiera) dominicani 2 082 857 0,6%

Nel censimento governativo del 2009 gli statunitensi ispanici erano circa 48,5 milioni, con un incremento di quasi 3 milioni di unità in due anni.[73]

I nativi americani sono circa 9,7 milioni.[74]

Secondo una stima, negli Stati Uniti vive una delle comunità di rom più grandi al mondo, contando circa 1 milione di individui.[75]

L'immigrazione ispanica è la più numerosa, tanto che alcuni Stati come California, Arizona e Texas sono già a maggioranza ispanica (definiti come «minoranza-maggioranza» nel censimento ufficiale).[76] Il gruppo più consistente risulta essere quello dei colombiano-americani. Va comunque fatto notare che tutti questi Stati del sud-est facevano parte in passato del primo Impero messicano e prima ancora del Vicereame della Nuova Spagna, oltre ai numerosi ispanici che vi risiedevano già storicamente,[77][78] ben prima dell'annessione agli Stati Uniti dei territori e dell'immigrazione di massa. Alcuni di essi vengono definiti "Hispanos" e sono discendenti degli originali colonizzatori spagnoli quali i tejanos, i callifornios, i neomessicani e i floridianos di cui 10 milioni di americani hanno tali origini. È stato inoltre calcolato che negli Stati Uniti vivano approssimativamente 5 milioni di clandestini (unauthorized immigrants), principalmente messicani, salvadoregni, guatemaltechi e filippini.[79]

Lo stesso argomento in dettaglio: Religioni negli Stati Uniti d'America.
Confessione religiosa di maggioranza relativa nei singoli Stati
Il tempio di Salt Lake City (Utah) è il più noto edificio religioso della Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni (Chiesa mormone) e simbolo dello sviluppo di nuove religioni negli Stati Uniti

Dati aggiornati al 2021:[80]

Gli Stati Uniti sono contraddistinti da un tanto forte quanto variegato spirito religioso che si spiega facendo riferimento alla storia e alla costituzione materiale del Paese.

Il cristianesimo è presente in tutte le sue grandi derivazioni: in maggioranza protestanti, seguiti dai cattolici, mormoni (i quali sono una piccola minoranza a livello federale, ma costituiscono la maggioranza della popolazione nello stato dello Utah) e cristiani ortodossi.

Le confessioni protestanti di maggiore tradizione sono quelle della corrente calvinista-riformata (presbiteriana, congregazionalista, nonché i battisti) e gli episcopali, questi ultimi ramo statunitense dell'anglicanesimo, cui tradizionalmente fanno riferimento le classi alte. Le confessioni protestanti più diffuse sono nell'ordine la battista, la metodista, la luterana, la presbiteriana, oltre a una miriade di Chiese evangeliche, pentecostali e indipendenti. La singola Chiesa più diffusa è quella cattolica, presente fin dall'epoca coloniale, soprattutto nel Maryland: uno dei primi governatori dello Stato era Charles Carroll (che nel 1776 fu tra i firmatari della Dichiarazione di indipendenza) era fratello del primo vescovo cattolico degli Stati Uniti. I cattolici statunitensi (in prevalenza bianchi ed europei) hanno tuttavia visto rafforzare la loro presenza grazie all'immigrazione ispanica degli ultimi trent'anni.[81] Vi sono anche presenze ebraiche, islamiche, buddiste, induiste, sikh, e altre.[81][82]

Negli ultimi decenni del XX secolo si sviluppò il fenomeno delle Chiese evangeliche televisive, guidate dai cosiddetti "telepredicatori" della Christian Coalition, tra i quali vanno ricordati William M. Branham, Billy Graham, Pat Robertson e Jerry Falwell, animatori della destra cristiana, fondamentale per le vittorie elettorali di Ronald Reagan nel 1980 e nel 1984, nonché per quelle di George W. Bush nel 2000 e nel 2004 e va ricordato anche il controverso telepredicatore Benny Hinn. Parallelamente, crebbero le cosiddette megachurch, grandi chiese evangeliche non-denominazionali come la Lakewood Church di Joel Osteen a Houston (Texas), che era la più grande chiesa degli Stati Uniti con più di 45 000 fedeli, seguita dalla Crystal Cathedral di Los Angeles, appartenente alla Chiesa calvinista e che disponeva di 2 736 posti a sedere (situata nei pressi di Disneyland, commissionata nel 1980 dal telepredicatore Robert Schuller). Si è trattato di fenomeni spesso effimeri: per esempio la Crystal Cathedral fallì nel 2010 e l'edificio venne venduto alla Chiesa cattolica, per essere riaperto nel 2019 come "Cattedrale di Cristo".

Spesso la religione è dietro a molte questioni e controversie politiche riguardanti il razzismo (il movimento per la desegregazione dei neri era guidato da Martin Luther King, un pastore protestante), il pacifismo (la stessa guerra in Iraq ha diviso il panorama religioso tra favorevoli e contrari), la pena di morte (sostenuta dalle Chiese protestanti di stampo evangelicale e fermamente contestata dai cattolici), la bioetica, l'omosessualità, l'insegnamento della teoria dell'evoluzione delle specie e il neodarwinismo.

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingue degli Stati Uniti d'America.

Anche se gli Stati Uniti d'America non hanno mai adottato una lingua ufficiale, l'inglese è di fatto la lingua nazionale. Secondo un dato del 2003, circa 215 milioni, ossia l'82% della popolazione in età scolare, ha come lingua madre l'inglese.[83] Oltre all'inglese, le lingue più diffuse secondo il censimento del 2000 sono: lo spagnolo, utilizzato regolarmente da 28 milioni di abitanti; il cinese (2 milioni); il francese (1,6 milioni, comprendendo il creolo-francese 1,9 milioni); il tedesco (1,4 milioni); il tagalog (1,2 milioni); il vietnamita (1,1 milioni); l'italiano (1 milione). Le lingue autoctone e inuit sono parlate da meno dello 0,5% della popolazione. Tra queste la più parlata è il navajo, con circa 180 000 persone che lo parlano oltre all'inglese.[84][85]

L'inglese è adottato in tutti gli atti pubblici formali, ma non è ufficiale a livello federale. È ufficiale in trentadue dei cinquanta Stati dell'Unione. Oltre all'inglese alcuni Stati hanno come lingua ufficiale un altro idioma: nelle Hawaii l'hawaiiano, in Alaska venti lingue native americane e nel Dakota del Sud il sioux. Con uno status speciale, ma non ufficiale, è il francese in Louisiana e nel Maine e lo spagnolo nel Nuovo Messico. Il 18 maggio 2006 il Senato ha approvato una risoluzione proposta dal repubblicano James Inhofe, con cui si stabilisce che l'inglese è la lingua «comune e unificatrice degli Stati Uniti». Per entrare in vigore deve però essere votata anche dalla Camera dei Rappresentanti e approvata dal presidente in carica, che ha il diritto di veto.

Stato sociale

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Lo stesso argomento in dettaglio: Stato sociale negli Stati Uniti d'America.
Lo stesso argomento in dettaglio: Istruzione negli Stati Uniti d'America.

Il sistema scolastico statunitense è gestito dal settore pubblico ed è obbligatorio fino ai 18 anni (16 in alcuni Stati). Negli Stati Uniti sono presenti le scuole più costose del mondo per quanto riguarda l'università, sia che si parli di scuole pubbliche sia che ci si riferisca alle scuole private: le tasse annuali di iscrizione si aggirano intorno ai 20 000 dollari per le scuole pubbliche, mentre arrivano e spesso possono superare i 60 000 dollari per quanto riguarda le università private. Fino all'high school, comunque, la scuola è del tutto gratuita, compresi i libri e l'iscrizione.

Vi sono, inoltre, delle tasse pagate dai residenti del distretto.

La più antica istituzione universitaria degli Stati Uniti d'America risale all'8 settembre 1636 con la fondazione dell'Università di Harvard, che prende il nome da un suo benefattore inglese, il pastore protestante John Harvard. Oggi questa università privata è una delle più prestigiose a livello internazionale.

Sistema sanitario

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Lo stesso argomento in dettaglio: Sistema sanitario degli Stati Uniti d'America.

Sistema giudiziario

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Diritti umani

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Condizione della donna

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Lo stesso argomento in dettaglio: Femminismo negli Stati Uniti d'America.

Ordinamento dello Stato

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La Casa Bianca, residenza del presidente degli Stati Uniti
Il Campidoglio, la sede ufficiale dei due rami del Congresso degli Stati Uniti
Palazzo della Corte Suprema degli Stati Uniti d'America

Il sistema politico degli Stati Uniti comprende il sistema federale che unisce gli Stati e il sistema di ciascuno Stato. Nonostante la possibilità teorica di ampia indipendenza gli Stati tendono ad assomigliarsi nei sistemi di governo e generalmente sono basati sul sistema federale con un capo dello Stato (il presidente degli Stati Uniti o il governatore di ciascun Stato), un'assemblea legislativa (di solito bicamerale con un Senato e una Camera dei Rappresentanti – House o House of Representatives) e un sistema di giudici e tribunali, federali e statali, ciascuno con una propria giurisdizione. Il rapporto fra il governo federale e gli Stati è regolato dalla Costituzione, interpretata dalla Corte suprema. Per Costituzione il governo federale ha il solo potere di regolare il commercio fra gli Stati, di proteggere i diritti dei cittadini e di difendere il Paese. Di fatto e con l'avallo della Corte suprema col tempo ha acquisito grandi poteri, che esercita attraverso organismi federali i quali, ad esempio, regolamentano la circolazione delle droghe o la cattura dei criminali, ma anche l'educazione e i diritti dei disabili.

Ogni Stato elegge al congresso due senatori e un numero di rappresentanti proporzionale alla popolazione (almeno uno), un sistema che offre un maggiore peso agli Stati più piccoli. Il sistema politico statunitense è bipolare e assegna il potere a chi ha ricevuto più voti tra i due partiti maggiori, il Partito Democratico (di centro e di tendenze progressiste) e il Partito Repubblicano (di destra e di tendenze conservatrici).

L'elezione del presidente avviene ogni quattro anni, il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre. L'elezione del presidente avviene in modo indiretto, in quanto i cittadini eleggono i grandi elettori che a loro volta si riuniscono ed eleggono il presidente. Ogni Stato possiede un numero di grandi elettori pari al numero di deputati e di senatori che lo Stato esprime. Con rare eccezioni in ciascuno Stato i grandi elettori vengono assegnati alla lista che prende il maggior numero di voti («the winner takes all»). Il meccanismo elettorale spinge i candidati a concentrare i propri sforzi per ottenere i voti di pochi decisivi Stati nei quali il risultato è incerto, trascurando invece gli Stati nei quali con ragionevole certezza il risultato finale è scontato. La scelta del candidato alla presidenza avviene attraverso elezioni primarie che avvengono nel corso di diverse settimane, secondo un calendario che rispecchia la tradizione e vede nell'Iowa e nel New Hampshire i primi Stati interessati da questo tipo di voto.

Se il presidente si rifiuta di firmare una legge (ponendo il suo diritto di "veto"), maggioranze di due terzi sia nella Camera sia nel Senato possono approvare una legge senza la firma del presidente, superandone il "veto". Talvolta le leggi passate dal Senato e dalla Camera sono diverse e in tal caso un comitato formato da senatori e rappresentanti («conference committee») si riunisce per cercare un compromesso accettabile per entrambe le camere: compromesso che spesso esprime più le preferenze del comitato che delle due camere. Ciononostante molto spesso le leggi vengono approvate comunque. In tali battaglie politiche spesso il conflitto non è a viso aperto: infatti spesso il presidente firma una legge approvata dai due terzi di ciascuna delle due camere («a veto-proof majority») pur dichiarandosi contrario.

Per quanto riguarda la Costituzione può essere emendata mediante due procedure:

  • con la prima il Congresso con l'approvazione di due terzi di ciascuna delle camere propone agli Stati l'emendamento in questione;
  • con la seconda (che non è stata mai applicata) il Congresso dietro richiesta delle assemblee legislative di due terzi degli Stati convoca una convenzione nazionale per discutere e presentare l'emendamento. A questo punto in entrambi i casi è necessario che tre quarti degli Stati approvino l'emendamento. Questa approvazione può essere opera dell'assemblea legislativa dello Stato o di un'apposita convenzione. Tranne in un caso, l'approvazione degli emendamenti è sempre stata opera delle assemblee legislative degli stati.

Vari emendamenti si sono succeduti nella storia statunitense. Sono famose le modifiche dopo la guerra civile intese a proibire la schiavitù.

Clamoroso fu il XVIII emendamento, che proibì il consumo dell'alcol: esso fu successivamente abrogato dal XXI, emendamento che è stato l'unico a essere approvato mediante convenzioni statali e l'unico ad abrogare un precedente emendamento (lo stesso XVIII).

La Costituzione degli Stati Uniti d'America, la più antica ancora in vigore, fu completata nel 1787 e ratificata nel 1789.

Suddivisioni amministrative

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Lo stesso argomento in dettaglio: Suddivisioni degli Stati Uniti d'America.

Stati federati

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Lo stesso argomento in dettaglio: Stati federati degli Stati Uniti d'America.

In origine la Dichiarazione di indipendenza fu firmata da tredici dei cinquanta Stati che avrebbero poi costituito i moderni Stati Uniti insieme al distretto federale di Columbia (la data fra parentesi nell'elenco sottostante indica l'epoca della loro entrata nella federazione):

Un distretto separato sotto la diretta autorità del Congresso è il Distretto di Columbia (bandiera) Distretto di Columbia, ossia Washington, che è anche la capitale della federazione.

Inoltre ci sono anche alcuni territori esterni che dipendono dagli Stati Uniti:

Mappa degli Stati federati che compongono gli Stati Uniti d'America

Il secondo livello amministrativo è generalmente quello delle contee. I cinquanta Stati sono suddivisi in 3 141 contee o entità amministrative assimilabili a esse. Il rapporto tra Stati, contee e livelli amministrativi inferiori è regolato in modo autonomo nei diversi Stati dalla Costituzione di ognuno di essi.

Città principali

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Pur con importanti differenze nei diversi Stati il terzo livello amministrativo è solitamente quello delle città (city e borough). Una città occupa in genere una parte del territorio di una contea, ma vi possono essere "città indipendenti" il cui territorio non è compreso in alcuna contea o le «consolidated city-county», cioè città il cui territorio si sovrappone completamente a quello della contea di appartenenza. Un caso unico è invece quello della città di New York, il cui territorio copre cinque diverse contee (rappresentate dai cinque quartieri detti «borough»). I centri urbani maggiori sono tuttavia ben più estesi dei loro confini cittadini e vengono identificati da un'area metropolitana. Le aree metropolitane censite dall'Ufficio del censimento degli Stati Uniti sono 363. Esse comunque non costituiscono un'entità amministrativa, ma hanno una funzione esclusivamente statistica. Nel 2008 l'83,6% della popolazione viveva in un'area metropolitana.[86] Dall'anno 2000 la maggiore crescita demografica si è registrata soprattutto nelle città del sud (la cosiddetta «Sun Belt»), in particolare nelle aree metropolitane di Dallas, Houston, Phoenix, Miami e Atlanta, oltre alla California Meridionale.[87]

New York
Los Angeles
Principali città degli Stati Uniti d'America[88]
Città Popolazione Area metropolitana
New York (bandiera) New York (New York) 8 336 697 – () 18 897 109 – ()
California (bandiera) Los Angeles (California) 3 857 799 – () 12 828 837 – ()
Illinois (bandiera) Chicago (Illinois) 2 853 114 – () 9 461 105 – ()
Texas (bandiera) Houston (Texas) 2 160 821 – () 6 177 035 – ()
Pennsylvania (bandiera) Filadelfia (Pennsylvania) 1 547 607 – () 5 965 343 – ()
Arizona (bandiera) Phoenix (Arizona) 1 488 750 – () 4 263 236 – (14ª)
Texas (bandiera) San Antonio (Texas) 1 382 951 – () 2 194 927 – (26ª)
California (bandiera) San Diego (California) 1 338 348 – () 3 095 313 – (17ª)
Texas (bandiera) Dallas (Texas) 1 241 162 – () 6 700 991 – ()
California (bandiera) San Jose (California) 948 279 – (10ª) 1 819 198 – (31ª)
California (bandiera) San Francisco (California) 825 863 – (14ª) 4 335 391 – (11ª)
Massachusetts (bandiera) Boston (Massachusetts) 636 429 – (21ª) 4 591 112 – (10ª)
Washington (bandiera) Seattle (Washington) 634 535 – (22ª) 3 905 026 – (15ª)
Colorado (bandiera) Denver (Colorado) 634 265 – (23ª) 2 599 504 – (21ª)
Distretto di Columbia (bandiera) Washington (Distretto di Columbia) 632 323 – (24ª) 5 703 948 – ()

Istituzioni, enti e associazioni

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Forze di polizia

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Lo stesso argomento in dettaglio: Forze di polizia degli Stati Uniti.

Negli Stati Uniti vi sono forze di polizia in ambito federale, statale, di contea e di città. Le agenzie federali con competenza in tutto il territorio nazionale sono:

Ogni Stato ha poi una polizia, mentre nelle contee la giurisdizione è dello sceriffo. Nelle città vi sono i dipartimenti di polizia e i più conosciuti sono: Los Angeles Police Department, Chicago Police Department, New York City Police Department e Miami-Dade Police Department.

Lo stesso argomento in dettaglio: Forze armate degli Stati Uniti d'America.
Il Pentagono, quartier generale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti
La portaerei USS Ronald Reagan
M1 Abrams in Iraq

Con la caduta dell'Unione Sovietica nel 1990-1991 gli Stati Uniti sono rimasti l'unica superpotenza globale o iperpotenza, nonostante i notevoli tagli di fondi destinati al settore della difesa. Nel corso degli anni (in particolar modo dopo la fine della seconda guerra mondiale), grazie alla ricerca di una sempre maggiore efficienza e superiorità tecnologica (piuttosto che numerica) nei confronti dei potenziali nemici, le forze armate statunitensi hanno raggiunto una capacità operativa molto elevata. I corpi militari sono così suddivisi:

Questo corpo ha anche un servizio investigativo: il Naval Criminal Investigative Service (NCIS)

Il presidente detiene il titolo di comandante in capo della forze armate e nomina i suoi capi, il Segretario della Difesa e i comandi congiunti del personale. Il Dipartimento della difesa gestisce le forze armate, compresi esercito, marina, Corpo dei marines, e l'Air Force. La guardia costiera è gestita dal Dipartimento di sicurezza della patria in tempo di pace e dal Dipartimento della marina in tempo di guerra. Nel 2011 i militari erano 1,43 milioni di personale in servizio attivo,[89] insieme a diverse centinaia di migliaia di riserva, oltre alla guardia nazionale, per un totale di 2,3 milioni di soldati. Il Dipartimento della difesa impiega inoltre circa 700 000 civili.

Il servizio militare è volontario, anche se la coscrizione può verificarsi in tempo di guerra. Le forze statunitensi possono essere impiegate rapidamente grazie alla grande flotta di aerei da trasporto e aerei cisterna di rifornimento dell'Air Force, oltre alle undici portaerei attive nelle flotte dislocate nell'Oceano Atlantico e Pacifico. Al di fuori degli Stati Uniti i militari statunitensi sono schierati su 770 basi e strutture presenti in ogni continente tranne l'Antartide.[90] La spesa totale in campo militare nel 2006 ammontava a più di 528 miliardi di dollari, cioè quasi il 46% della spesa militare globale. La spesa pro capite è di 1 967 dollari, circa dieci volte la media mondiale.[91] Nel 2010 la spesa militare statunitense è stata pari al 4,60% del PIL.[92]

Servizi segreti

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Lo stesso argomento in dettaglio: CIA.
Lo stesso argomento in dettaglio: Bandiera degli Stati Uniti d'America.

La Bandiera degli Stati Uniti d'America, in inglese conosciuta come Stars and Stripes ("Stelle e Strisce") Stati Uniti (bandiera), è composta da sei strisce bianche e sette rosse, che rappresentano le tredici colonie inglesi che si ribellarono e con la Rivoluzione Americana diedero vita agli Stati Uniti e un riquadro di 50 stelle bianche su sfondo blu, che rappresentano gli Stati che formano gli USA (48 contingui più l'Alaska e le Hawaii).

Lo stesso argomento in dettaglio: Sistema politico degli Stati Uniti d'America.

Politica interna

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Politica estera

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Gli Stati Uniti esercitano a livello globale una grande influenza economica, politica e militare. Sono membro permanente delle Nazioni Unite e del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e la città di New York ospita la sede dell'ONU. Quasi tutti i Paesi hanno ambasciate a Washington e numerosi consolati sono presenti in tutto il Paese. Allo stesso modo quasi tutte le nazioni ospitano missioni diplomatiche statunitensi, ma Iran, Corea del Nord, Bhutan, Sudan e Taiwan non hanno formali relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti.

Gli uomini del governo degli Stati Uniti percepiscono le minacce poste dai governanti di alcuni di questi Stati come una giustificazione per le proprie iniziative militari e di politica estera, come nel caso dei programmi per il missile anti-balistico, iniziative fondate sul timore che questi Stati non sarebbero (nell'infausta ipotesi di aggressione) dissuasi dalla cosiddetta distruzione mutua assicurata. Di conseguenza si giustifica l'adozione nei confronti di questi Stati di misure di difesa preventiva,[93] regolamentata dalla Strategia di difesa nazionale (National Defense Strategy).[94][95]

Gli Stati Uniti godono di un rapporto speciale con il Regno Unito e mantengono forti legami con Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Israele, e tutti i membri della NATO. Lavorano inoltre a stretto contatto con i vicini continentali tramite l'Organizzazione degli Stati americani e accordi di libero scambio come il NAFTA con Canada e Messico. Nel 2005 gli Stati Uniti hanno speso 27 miliardi di dollari in aiuti pubblici allo sviluppo, il maggior Paese contributore del mondo. Tuttavia relativamente al reddito interno lordo gli Stati Uniti contribuiscono con il 0,22%, classificandosi al ventesimo posto tra i ventidue principali Stati donatori.

Enti non governativi come fondazioni private, imprese e istituzioni religiose donano 96 miliardi di dollari e il totale complessivo sale così a 123 miliardi di $, il settimo in percentuale del reddito interno lordo.[96] Sotto il profilo politico ed economico gli Stati Uniti sono stati tacciati di imperialismo culturale verso i paesi latino-americani e secondo alcuni verso l'intero mondo occidentale a partire dall'Ottocento (vedi imperialismo statunitense).

Gli Stati Uniti non aderiscono al Protocollo di Kyoto. Gli Stati Uniti d'America sono (ottobre 2017) tra i firmatari che non hanno ratificato il trattato istitutivo dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale.

Politica economica

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La politica economica degli Stati Uniti è caratterizzata dagli anni '90 da un alternarsi di ricette liberiste, neo-liberiste e progressiste, in relazione al presidente in carica e alla contingenza geo-politica. Durante il Fifth party system (1933 - 1980), l'indirizzo economico era di tipo repubblicano, keynesiano e parzialmente socialdemocratico.

Sistema tributario

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Il sistema tributario degli Stati Uniti d'America impone vari tipi di tributi (sui redditi, sulla vendita di beni e servizi, sui salari, sulla proprietà, etc.) a livello federale, statale e locale. Tali tributi sono principalmente regolati dal Capitolo 26 (Title 26, noto anche come Internal Revenue Code) dello United States Code. L'Internal Revenue Service (o IRS) è l'agenzia federale incaricata dell'imposizione fiscale e della riscossione delle accise.

Lo stesso argomento in dettaglio: Economia degli Stati Uniti e Federal Reserve.
Wall Street, dove trova sede il New York Stock Exchange, maggiore borsa valori del mondo
Banconota da un dollaro statunitense, la moneta ufficiale del Paese sin dal 1792

Gli Stati Uniti hanno un sistema economico capitalista di tipo misto con un grande contributo delle imprese private nelle decisioni microeconomiche, regolate però dalle scelte del governo. Caratterizzata da alta produttività e alimentata da abbondanti risorse naturali e da una sviluppata rete di infrastrutture, secondo il Fondo monetario internazionale l'economia degli Stati Uniti genera un PIL annuale di 16 245 miliardi di dollari, che costituisce il 22% del prodotto interno lordo mondiale ai prezzi di mercato e quasi il 20% del prodotto mondiale lordo a parità di potere d'acquisto (PPA).[4] È la più grande economia del pianeta in termini di PIL (nominale) con circa lo stesso PIL combinato di tutti i Paesi dell'Unione europea a PPA generato nel 2012. Il PIL pro capite è il decimo in termini nominali e il sesto in termini di PPA.[4] Gli Stati Uniti sono il più grande importatore di merci e il terzo maggiore esportatore, anche se le esportazioni pro capite sono relativamente basse. Canada, Cina, Messico, Giappone e Germania sono i principali partner commerciali.[97] Le principali merci di esportazione sono macchinari elettrici, mentre i veicoli costituiscono la principale voce delle importazioni.[98]

Il settore privato costituisce la maggior parte dell'economia, mentre le attività governative partecipano al 12,4% del PIL. L'economia è prevalentemente postindustriale, con il settore dei servizi che contribuisce al 67,8% del PIL.[99] Il principale settore in termini di giro di affari è quello del commercio all'ingrosso e al dettaglio, ma in termini di reddito netto è quello della finanza e assicurazioni.[100] Gli Stati Uniti hanno avuto un collasso economico a partire dal 2008 e con loro anche gran parte delle nazioni del pianeta. Al settembre 2012 il debito estero ammontava a 16 000 miliardi di dollari, il più alto del mondo, ma nel 2013 gli Stati Uniti hanno registrato un'ottima ripresa economica: infatti dal dicembre 2013 si è registrato il minore tasso di disoccupazione al mondo e la creazione di nuovi posti di lavoro grazie all'apertura di nuove aziende o fabbriche per i disoccupati oltre che un notevole aumento del PIL e un forte aumento del turismo. Gli Stati Uniti sono la prima superpotenza economica mondiale e industriale con produzioni nell'industria chimica, nell'industria nucleare, nell'industria elettrica e nell'industria informatica, oltre che in tutta l'industria tecnologica e nel settore della ricerca, tanto da detenere il primato nel settore e in tutti i vari tipi di manifatturiera.[101]