Juan Capra

Juan Capra
NazionalitàCile (bandiera) Cile
GenereFolk
Nueva Canción Chilena[1]
Periodo di attività musicale? – 1996
Strumentovoce, chitarra, charango
EtichettaBAM, Cedi, Barclay, Le Chant du Monde,
Album pubblicati5
Studio5

Juan Capra (Santiago del Cile, 12 aprile 1938[1]Santiago del Cile, aprile 1996[1]) è stato un pittore, cantautore e poeta cileno.

Attivo tra Santiago del Cile, Parigi, Roma e New York, fu uno dei fondatori della Nueva Canción Chilena.[1] La sua casa a Santiago del Cile fu al centro del movimento artistico figurativo e musicale cileno degli anni sessanta: frequentata da una moltitudine di artisti, musicisti, poeti e intellettuali cileni e non solo, divenne fulcro del nuovo movimento e sede della cosiddetta Peña de los Parra.[1]

Attivo soprattutto tra gli anni sessanta e settanta del XX secolo, Capra si avvicinò al folklore su ispirazione di Violeta Parra, da cui ricevette lezioni di chitarra e di canto. Collaborò anche con il gruppo Millaray in qualità di decoratore e costumista.[1] Grazie alla sua grande predisposizione ai viaggi, Capra venne in contatto con la musica andina del Perù e della Bolivia, e con i suoni caraibici di Cuba, dove lavorò anche in qualità di pittore e dove strinse amicizia con il filosofo francese Régis Debray.[1]

Fin dai primi anni sessanta convogliò nella propria ampia casa, situata nella calle Carmen 340, nel centro storico di Santiago, vicino al Cerro Santa Lucía, numerosi artisti: pittori e scultori come Santos Chávez, Sergio Castillo Mandiola, Víctor Delfín; musici come Atahualpa Yupanqui, Víctor Jara, Paco Ibáñez, Gilbert Favre, Roberto Parra, Payo Grondona, Tito Fernández; scrittori come José Agustín Goytisolo.

Divenuta inizialmente un piccolo atelier, la casa di Capra si trasformò in una sorta di accademia informale del canto, dell'arte e dell'artigianato: fu qui che nel 1964, quando Juan Capra diede ospitalità ai figli di Violeta Parra (Ángel e Isabel) di ritorno da Parigi, prese vita la Peña de los Parra, importante peña folkloristica musicale cilena, motore principale della nascita della Nueva Canción Chilena.[1] La peña continuerà a crescere anche quando, poco dopo, Capra lascerà l'abitazione, per trasferirsi a Parigi, dove aveva vinto una borsa di studio, lasciando l'abitazione in gestione a Ángel e Isabel. La stessa Violeta Parra ebbe modo di esibirsi più volte nella casa di Capra.[1]

Tra il 1965 e il 1970, Capra si stabilì tra Francia e Italia, risiedendo in Rue Visconti, nel Quartiere Latino di Parigi, dove, similmente a quanto già fatto a Santiago, diede vita ad un luogo di incontro, in cui trovarono ospitalità anche i Quilapayún.[1] In Francia, Capra partecipò a numerose esposizioni (una sua opera venne acquistata anche dal Louvre), e registrò canzoni sue e di Violeta Parra.[1] In Italia fu ospite del Folkstudio di Giancarlo Cesaroni[2] e della prima edizione del Folk Festival di Torino.[3] Qui registrò inoltre il suo primo album, Cile canta e lotta, che venne pubblicato dalla casa discografica Cedi nel 1967 e ristampato dalla Albatros, una sottoetichetta della Vedette, nel 1973.

Nel 1968, unitamente ai Los Chilenos (di fatto i Quilapayún sotto mentite spoglie, che non possono apparire con il proprio nome a causa di vincoli contrattuali), registrò in Francia un disco, pubblicato dalla Barclay.[1] Il disco è un compendio di vari generi folk sudamericani: contiene anche un brano di Violeta Parra, Los pueblos americanos, e una canzone accreditata allo stesso Capra, Resfalosa del Viet Nam.[1] In questo periodo Capra si esibì spesso dal vivo assieme ai Quilapayún, influenzandone in parte la musica con alcune sue composizioni, come Canto a la Pampa e Canción fúnebre para el Che Guevara.[1]

In Francia Capra registrò ancora altri dischi e figurò in diverse raccolte, con composizioni sue e di Violeta Parra: suoi dischi usciti in Francia in questo periodo sono l'EP Chants populaires et revolutionnaires du Chili e gli LP Chants revolutionnaires du Chili e Chants et danses du Chili, entrambi del 1970.[1]

Capra ritornò in Cile dopo la vittoria del fronte di Unidad Popular capeggiato da Salvador Allende, ma il suo ritorno in patria si rivelò tutt'altro che facile: in questi anni la sua produzione musicale venne ostacolata e non pubblicò altri dischi, seppure continuando a esibirsi dal vivo in molti locali, compresa la peña Chile Ríe y Canta.[1]

Il golpe di Pinochet del 1973 rese Capra un obiettivo dei militari, che, pochi giorni dopo l'assalto a La Moneda, lo catturarono nelle vicinanze della sua casa e lo portarono all'Estadio Nacional, dove lo sottoposero a torture psichiche e fisiche, aggravate dalla sua condizione di emofiliaco.[1] Un intenso lavoro di trattative tra la famiglia di Capra e i parenti militari della madre fece sì che l'artista fosse scarcerato. Riacquistata la libertà, espatriò con un passaporto diplomatico a New York, dove rimase esule per diversi anni.[1]

Juan Capra fece ritorno nuovamente in Cile nel 1978, spinto dalla voglia di rivedere la madre.[1] La canzone Yo me vuelvo para Chile testimonia l'intenzione di Capra di combattere la dittatura. Ma non appena rimise piede nel proprio paese venne nuovamente arrestato dai militari.[1] Tornato in libertà, sopravviverà tra gli stenti negli anni seguenti, con una cerchia di contatti e amici assai ristretta,[1] ridotto a mendicare per le strade e a pagarsi l'alloggio alla Hospedería del Hogar de Cristo di Santiago vendendo ai passanti i suoi disegni.

Visse gli ultimi anni per la strada, ridotto in miseria, con le gambe paralizzate e con sintomi di polmonite e malnutrizione, con la sola compagnia dei suoi colori e delle sue tele, come ricorda la sorella Angelica, vissuta a lungo in esilio durante la dittatura e anch'essa cantante.[1] Capra morì alla Hospedería nell'aprile del 1996, a 58 anni, nella solitudine, nella povertà, nella malattia, dopo aver lottato gran parte della propria vita contro l'emofilia e la tubercolosi.

  • Nel 2013 lo spazio "Perspectivas a través de la Nueva Canción Chilena" gli ha dedicato un omaggio, con ospite Patricio Castillo, che ne ha ricordato l'opera dell'artista sottovalutata e ostracizzata dall'industria discografica cilena, oltre all'importante influenza avuta nella nascita della Nueva Canción Chilena.[1]

Discografia parziale

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  • 1967 - Cile canta e lotta
  • 1968 - Los Chilenos - Juan Capra (con Los Chilenos)
  • 1968 - Chants revolutionnaires du Chili - "Que vivan los estudiantes"
  • 1970 - Chant & danses - Chili
  • 1971 - Chili - Canto a lo humano
  • Chants populaires et révolutionnaires du Chili
  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w (ES) Marisol García, Juan Capra, su MusicaPopular.cl. URL consultato l'11 ottobre 2018.
  2. ^ Speciale Folkstudio, su rimmelclub.it.
  3. ^ Il Canzoniere Popolare Veneto, su Gualtiero Bertelli. URL consultato il 2 novembre 2011 (archiviato dall'url originale il 18 aprile 2009).
  • (ES) Osvaldo Rodríguez, Cantores que reflexionan, su abacq.net, Madrid, LAR Ediciones, 1984. URL consultato l'8 ottobre 2018.

Collegamenti esterni

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