Pietra leccese

Facciata della Chiesa di Santa Croce (Lecce) in pietra leccese

«Neglette, e quasi molli in ampia massa,
le pietre a Lecce crea l'alma Natura:
ma poiché son rescise, in loro passa
virtute, che le pregia, e che l'indura:
mirabili a vederle, ò se vi si lassa
scelti lavor la dedala scultura,
ò se ne fanno i dorici Architetti
gran frontespitij con superbi aspetti.»

La pietra leccese (in dialetto salentino leccisu) è una roccia calcarea appartenente al gruppo delle calcareniti marnose e risalente al periodo miocenico. È un litotipo tipico della regione salentina, noto soprattutto per la sua facilità di lavorazione[1].


Composizione ed estrazione

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Questa roccia ha una composizione piuttosto omogenea: l'esame petrografico rivela che è costituita principalmente da carbonato di calcio (CaCO3) sotto forma di granuli di calcare (costituito da microfossili e frammenti di macrofossili di fauna marina, risalenti a circa sei milioni di anni fa) e di cemento calcitico, a cui accessoriamente si possono trovare glauconite, quarzo, vari feldspati e fosfati, oltre a sostanze argillose finemente disperse (caolinite, smectite e clorite), che, nelle diverse miscele, danno origine a differenti qualità della roccia.

La pietra leccese affiora naturalmente dal terreno e si estrae dal sottosuolo in enormi cave a cielo aperto, profonde fino a cinquanta metri[2] e diffuse su tutto il territorio salentino, in particolare nei comuni di Lecce, Corigliano d'Otranto, Melpignano, Cursi e Maglie[3]. Il leccisu viene ricavato in forma di parallelepipedi di varia dimensione; l'estrazione è semplice poiché si lascia incidere facilmente. Durezza e resistenza della pietra, una volta estratta, crescono con il passare del tempo, e nella consolidazione la pietra assume una tonalità di colore ambrato simile a quella del miele. Di colore dal bianco al giallo paglierino, la roccia si presenta compatta e di grana fine, a differenza del carparo, altro litotipo affine rinvenibile nella stessa zona.

Utilizzata sia in campo architettonico che scultoreo, la pietra leccese deve la sua particolare lavorabilità alla presenza di argilla, che permette un modellamento al tornio e persino manuale. Apprezzata in campo artistico, ha raggiunto stima internazionale grazie all'artigianato locale che nel corso dei secoli ha prodotto la complessa architettura del Barocco leccese. Esempi significativi sono i fregi, i capitelli, i pinnacoli e i rosoni che decorano molti dei palazzi e delle chiese di Lecce, come ad esempio il palazzo dei Celestini e l'adiacente Chiesa di Santa Croce, la Chiesa di Santa Chiara e il Duomo.

La natura stessa della pietra la rende molto sensibile all'azione meccanica degli agenti atmosferici, all'umidità di risalita del terreno, alla stagnazione di acqua e allo smog. Per rendere il leccisu più resistente alle intemperie, i maestri scultori dell'epoca barocca usavano trattare la roccia con del latte vaccino o caprino; latte di calce[4]. Il blocco di pietra leccese veniva spugnato o immerso interamente nel liquido; il lattosio, penetrando all'interno delle porosità, creava uno strato impermeabile che preservava la pietra fino a portarla, quasi inalterata, ai giorni nostri.

Nota sin dall'antichità, nella Terra d'Otranto si ritrovano dolmen, menhir, statue e costruzioni romane fabbricati in leccisu. I suoi primi studi geologici risalgono alla seconda metà del XVI secolo, ma si deve a Gian Battista Brocchi, nel suo studio sulla configurazione geologica salentina (1818), l'identificazione, la prima datazione (fra Secondario e Terziario) e l'origine del nome della pietra leccese. Al suo interno, cavatori e paleontologi hanno rinvenuto fossili rilevanti di cefalopodi, delfini, capodogli, denti di squali, pesci, tartarughe e coccodrilli. Attualmente, l'artigianato della pietra leccese produce souvenir e opere d'arte.

Galleria d'immagini

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  1. ^ Pietra leccese e carparo, su NelSalento.com. URL consultato il 7 febbraio 2020.
  2. ^ (EN) Aldo Evangelista e Luciano Picarelli, The Geotechnics of Hard Soils. Soft Rocks, Abingdon-on-Thames, Taylor & Francis, 2000, ISBN 978-9-05-809021-8.
  3. ^ Stefano Milioni, Artigianato in Italia, a cura di Confartigianato, Milano, Touring Editore, 2003, ISBN 978-8-83-652806-6.
  4. ^ F. Canali e V. C. Galati, Reversibility and compatibility or reversibility VS. compatibility: consolidant and protective stone tratments between tradition and innovation on italian marble of Carrara and Pietra di Lecce (Cursi), RRTEA - Restoration, Recycling and Rejuvenation for Engineering and Architectures Application, n. 04.
  • Stefano Margiotta, Sergio Negri, Alla ricerca dell'acqua perduta. Nuove conoscenze del sottosuolo nel Salento leccese, Congedo, 2004. ISBN 8880864785

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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