Dialetti della Puglia centrale

Voce principale: Dialetti della Puglia.
Dialetti appulo-baresi
Parlato inItalia (bandiera) Italia
Regioni  Puglia
  Basilicata
Locutori
Totalecirca 2 400 000
Classificanon tra le prime 100
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Lingue romanze
  Dialetti meridionali intermedi
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
Declaraziòne universàle d’u iùsse d’u omme - Art.1 Tutte le crestiàne nascene libbere e pare pe dignità e iùsse. Tènene cervidde e chescènze e s’onne à fatecà iùne c’u u-alde che nu spìrite de fraternetà
Distribuzione geografica dei dialetti della Puglia centrale
Il dialetto apulo-barese (IIIc) nel sistema dei meridionali intermedi

I dialetti appulo-baresi sono un insieme di dialetti[1] italoromanzi appartenenti al gruppo meridionale intermedio, parlati nella fascia centrale della Puglia.

Le aree interessate sono la città metropolitana di Bari, la provincia di Barletta-Andria-Trani a est del fiume Ofanto, la parte occidentale della provincia di Taranto e alcuni comuni della provincia di Brindisi, originariamente afferenti alla Terra di Bari.

Tali dialetti hanno come origine comune il latino, spesso nella sua forma volgarizzata parlata durante il Medioevo, e un precedente sostrato peuceta (di probabile origine illirica, ma profondamente influenzato dall'osco e dal greco). Inoltre, come qualsiasi altra varietà linguistica, presentano influenze di adstrato che derivano non solo dal resto della continuità italo-romanza, ma anche da altre continuità linguistiche neolatine più distanti (come quelle gallo-romanze ed ibero-romanze) e da continuità non romanze (principalmente greco-bizantine), le quali, in alcuni casi, hanno contribuito a caratterizzarne l'inflessione –per molti incomprensibile– soprattutto in relazione al livello fonetico dell'analisi linguistica.[2]

Questo gruppo dialettale è caratterizzato da variazioni percettibili per ogni comune, alle volte anche singolari e con tratti non comuni, come nel caso del ruvestino o del nojano, soprattutto per quanto concerne le vocali accentate e i dittonghi, essendo una varietà linguistica non standardizzata.

Come quasi tutti i dialetti meridionali, le vocali atone subiscono una riduzione, mutando in un'unica "e" indistinta e muta (scevà).[3] Diversamente dalla maggior parte dei dialetti meridionali intermedi, nel barese, così come nel lucano, inizia a ridursi progressivamente la frequenza dello scevà - dapprima nelle vocali intermedie (il Nord barese le pronuncia definite), poi in quelle finali (a sud di Bari) - via via che ci si avvicina al confine linguistico con i dialetti meridionali estremi. Questa vocale si scrive sempre, sia perché sonorizza la consonante a cui si accompagna, sia perché costituisce pur sempre una sillaba; la sua omissione comporterebbe infatti l'illeggibilità del termine o la scrittura di una parola dal significato diverso, come per esempio Bar (bar) e Bare (Bari).

  • accento acuto, usato quando la vocale ha un suono chiuso: é, í, ó, ú;
  • accento grave, usato quando la vocale ha un suono aperto: à, è, ò;

Gli accenti, inoltre, servono anche per distinguere parole scritte nello stesso modo, che però presentano pronunce diverse. I monosillabi non vanno mai accentati, eccetto alcune eccezioni: à (a, preposizione semplice), mà (mai, avverbio di tempo), ecc.

Si prenda in esempio la graduale evoluzione dei termini latini, ad esempio, nel dialetto barese:

  • ă > a (es.: ămylum > àmele, "contenitore di terracotta")
  • ā > á o é (es.: (ad)lixāre > allescià)
  • ĕ > é (es.: dĕcem > dèsce, "dieci") a volte i (es.: mĕdicus > mìdeche, "medico");
  • ē > e > é (es.: sēro > sére, "sera");
  • ĭ > i (es.: ĭmbricem > ìrgeme, "tegola");
  • ī > í (es.: īre > scí, "andare");
  • ŏ > (es.: fŏcus > fuéche, "fuoco"), meno di frequente o (es.: nŏvem > nóve, "nove");
  • ō > au > ó (es.: carbōnem > carvóne, "carbone");
  • ŭ > ù (es.: mŭstaceus > mustazzélle, "dolce tipico preparato con mosto")
  • ū > ú (es.: mus + trillus > mustrìlle, "trappola per topi").
  • ae / oe > gli esiti dimostrano che questi dittonghi vennero recepiti come ĕ (es.: coelum > cìle, "cielo");
  • au > tende a chiudersi in o (es.: aurum > òre, "oro");

I risultati riportati riguardano la maggior parte degli esiti, ma non sono comprensivi di eccezioni. Questi cambiamenti devono essere interpretati come occorrenti solo in sillabe toniche e non tengono conto degli svariati cambiamenti prodotti in quelle atone, che possono però riassumersi essenzialmente così:

  • tutte le vocali (compresi i dittonghi) diventano nella maggior parte dei casi un'indistinta e IPA: [ə] soprattutto in fine di parola;
  • la ŏ tende ad e muta (es.: *cond+sare > conzare > chenzà = "condire");
  • la ŭ tende a scomparire (es.: cicercŭla > *cicer-cl-a > cecérchie, "tipo di legume"; notare che il nesso latino cl passa sempre in ch, es. cl-avis (chiave) > chié);

L'evoluzione delle consonanti e dei nessi consonantici è più articolata e in alcuni casi, che saranno indicati, continuano tendenze già tipiche del latino. Per facilità i nessi saranno trattati a parte:

  • b > resta b quando seguita da consonante o semiconsonante (es.: blancus > biánghe o viánghe, "bianco");
  • c > davanti ai suoni /a/, /o/ ed /u/ e consonantici resta c (es.: casa > càse, "casa"); davanti ai suoni /e/, /i/ ed /ə/ si palatalizza con esiti diversi tra c e sc (es.: macinula > macélene; lucem > lusce, "luce");
  • d > di solito resta d indipendentemente da cosa segua (es.: *diaboliculus > diauìcchie, "peperoncino"), mentre tende ad assimilarsi in n quando preceduta da un'altra n (es.: quando > quanne, "quando"). Solitamente dopo la consonante l e prima di una e muta o di una consonante r si pronuncia desonorizzata (es.: solidus > sòlde, "soldo"), ma nella scrittura non si differenzia questa variazione di suono;
  • f > resta f in tutte le posizioni (es.: frixorium > fresóle, "padella");
  • g > a differenza di moltri altri suoni consonantici, molto frequente nella zona murgiana, in particolare nei comuni di Altamura e Gravina in Puglia, dal latino possiamo sottolineare il nesso gl seguito da a che si trasforma in gn (es.: *glandula > gnàgnele, "ghianda"); nel barese l'esito resta tale, come in italiano (es. *ghianda > ghiande).
  • h > si perde completamente (es.: hora > ore, "ora");
  • j > laddove in latino compariva una i semiconsonantica (j in latino volgare) abbiamo in barese una g o sc (es.: iovis dies > giovedì, "giovedì"), ma la questione è controversa, perché il fatto che spesso tale evoluzione riguarda anche la ī vocalica (es.: gītus/jitus > sciúte, "andato") potrebbe essere indice del fatto che in realtà nel dialetto ci si sia rifatti a espressioni italiane anche volgari come "giovedì" e "gito";
  • l > è una delle consonanti più instabili nel passaggio, i suoi esiti sono tre e tutti estremamente diversi tra loro: l (es.: lingua > lènghe/lèngue, "lingua"), d (es.: caballus > cavádde, "cavallo"). Resta l se iniziale o assieme ad altre consonanti, quando doppia ed intervocalica, soprattutto nei suffissi -allus, -ellus, -illus, -ollus ed -ullus, tende a d nel singolare e a r nel plurale (es.: *anillus > anìdde, "anello");
  • m > non subisce particolari variazioni (es.: moribundus > marabbónne, "campana che suona durante la celebrazione di un funerale");
  • n > come per la m, non subisce alterazioni consistenti, ma nei nessi consonantici genera trasformazioni varie;
  • p > resta di solito p (es.: patiens > pacce, "pazzo");
  • q > non subisce particolari trasformazioni;
  • r > resta praticamente invariata (es.: rex > , "re");
  • s > di solito rimane s (es.: sartaginem > sartàscene, "padella", nei dialetti della zona murgiana); la s finale cade (es.: cras > cré, "domani");
  • t > resta tale, ma spesso muta la sua pronuncia sonorizzandosi. Ciò avviene soprattutto dopo la l (es.: Altus Murus > Ialtamuéure, "Altamura"); segue l'italiano nella trasformazione in precise condizioni in z (es.: amicitia > amecízie, "amicizia");
  • v > gli esiti più evidenti sono v e f.

Differenze tra italiano e apulo-barese

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In genere le parole che passano dall'italiano al barese tendono a semplificare la loro pronuncia. Questa semplificazione passa anche attraverso l'utilizzo di un suono introduttivo che è quasi sempre i (es.: erba > iérve) e che si usa in moltissime parole che iniziano per vocale. Questa semivocale cade nel momento in cui la parola viene preceduta da un articolo (es.: l'erba > l'érve) e le parole che cominciano per i non subiscono il fenomeno (es.: imbricem > ìrgeme [termine della zona murgiana e non presente nel barese puro]). In alcuni casi, comunque solo se la parola comincia per vocale, può capitare che non venga preceduta da i e che trasformi la sua vocale iniziale in a.

Segue un breve elenco delle maggiori trasformazioni dall'italiano al barese, escludendo come per il paragrafo precedente eccezioni e casi particolari:

  • aio/aia > ère (es.: notaio > nutére), in realtà è stato l'italiano a perdere la r originaria latina;
  • cce/cci > zze (es.: salsiccia > salzìzze);
  • g > quando iniziale diviene spesso i (es.: gamba > iàmme). Davanti ai dittonghi ua e ue cade (es.: guerra > uérre), ma questo può essere anche effetto della provenienza germanica di queste parole (si confronti guerra con war inglese e uèrre barese). Spesso g(g) diventa sc (es.: leggere > lésce). Il gruppo gli diventa gghie (es.: aglio > uàgghie);
  • i > tende a cadere quando iniziale (es.: imparare > mbará o mbaré; innamorato > nnammuráte o nnamuréte);
  • p > spesso invariata, si sonorizza dopo nasale (es.: impossibile > mbossìbbele).

Nessi consonantici

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I nessi consonantici che vengono affrontati in questo paragrafo sono considerati indipendentemente dalla loro provenienza latina o italiana. Essi possono variare di luogo in luogo

  • il nesso cl > chi (es.: *cicercla > cecérchie);
  • i nessi nb e np > mb (es.: in braccio > 'mbrazze o nvrazze; in piedi > nbite);
  • il nesso nd > nn (es.: quando > quanne);
  • i nessi ng e nq > ng(u) (es.: in cielo > ngile; in corpo > nguérpe);
  • i nessi nf e nv > mb (es.: inferno > mbirne; invece > mbésce (in alternativa anche ammère);
  • il nesso nm > mm (es.: in mezzo > mménze);
  • il nesso ns > nz (es.: *in sursum > nzuse);
  • il nesso nt > nd (es.: quanto > quande);
  • il nesso pl (latino) / pi (italiano) > chi (es.: pluvere / piovere > chiòve);
  • il nesso tl > cl.

Articoli determinativi e indeterminativi

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Gli articoli: determinativi e indeterminativi
Maschile singolare Femminile singolare Plurale
determinativi u, lu, l' 'a, la, l' i, li, le, l'
indeterminativi nu, n' na, n'

Molti sostantivi sono invariabili: (cambia solo l'articolo)

  • u cane [il cane] - le cane [i cani]
  • la cerase [la ciliegia] - le cerase [le ciliegie]

Altri formano il plurale in -re / -le, caratteristica presente soprattutto nell'entroterra murgiano:

  • case [casa] - càsere [case], sckàffe [schiaffo], sckàffere [schiaffi], peiùne [pugno], peiònere [pugni], frète [fratello], fràtere [fratelli]
  • àrvele [albero] - iàrvele [alberi], criatùre [bambino], criatòrele [bambini], vambasciulère [venditore di lampascioni], vambasciulàrele [venditori di lampascioni]

Altri plurali sono metafonetici:

  • mése [mese] - mise [mesi]
  • uagnone [ragazzo] - uagnune [ragazzi]

Altri ancora sono sia metafonetici che con il finale in -re:

  • sóure [sorella] - serure [sorelle]
  • paise [paese] - paiésere [paesi]

Per il femminile molti aggettivi e sostantivi mutano le vocali interne, altri restano invariati:

  • russe [rosso] - rosse [rossa]
  • serùche [suocero] - seròche [suocera]
  • gnure [nero] - gnore [nera]

Per i nomi esiste una distinzione a due casi: nominativo (soggetto) e vocativo (complemento di vocazione). Per formare il vocativo, il barese tronca la parola al nominativo singolare o, in rari casi, la altera, o adopera l'articolo determinativo preposto al vocativo, e.g. la nò 'nonna!'. Il vocativo plurale, invece, è quasi sempre identico al nominativo singolare.

Mamma:

Caso Singolare Plurale
Nominativo màmme màmmere
Vocativo (le) màmme

Ragazzo:

Caso Singolare Plurale
Nominativo uagnòne uagnùne
Vocativo uagliò uagnù

Nonna:

Caso Singolare Plurale
Nominativo nònne nònnere
Vocativo (la) nò (le) nònne

Zio:

Caso Singolare Plurale
Nominativo ziàne ziàne
Vocativo (lo) zzì (le) zzì
I dimostrativi: aggettivi e pronomi
Maschile singolare Femminile singolare Plurale
Questo/a/i/e cusse chésse/chéssa chisse
Quello/a/i/e cudde chédde/chédda chidde
Pronomi personali soggetto, complemento, termine, misti e di vocazione
Caso 1a persona sing. 2a persona sing. 3a persona sing. m. 3a persona sing. f. 1a persona plur. 2a persona plur. 3a persona plur.
Nominativo tu iìdde iédde lore
Accusativo tonico me te se, ù se, la ce ve se
Accusativo atono me te le le ce ve le
Dativo atono me te ce, nge ce, nge ce ve ce, nge
Dativo+Accusativo m'ù (me u)) t'ù(te u) s'ù(se u), ch'ù(che u), ng'ù(nge u) s'ù(se u), che la, nge la ch'ù(che u) v'ù(ve u) s'ù(se u)
Genitivo - - ne ne - - ne
Strumentale - - nge nge - - nge
Vocativo - a tté / a tte - - - a vvù -
Pronomi clitici verbali
Accusativo/Dativo Dativo + oggetto 3a persona s. m. Dativo + oggetto 3a persona s. f./pl. Accusativo + Strumentale/Comitativo
-(m) me -mmìue -mmìlle -mmece
-(t) te -ttìue -ttìlle -ttece
-nge -ngìue -ngìlle -ngiu
-(c) ce -ccìue -ccìlle -cce
-ve -vìue -vìlle -ve(ce)
-nge -ngìue -ngìlle -ngece

Esempio: Fàmmece scequà n'àld'e mmuésse - Fammici giocare ancora un po'

Come forma di cortesia, per esempio quando ci si trova di fronte a una persona più anziana alla quale bisogna dare rispetto, si utilizza il sostantivo u méste/mé' (signore) se ci riferiamo ad un uomo o la signó/la signóre/la segnó se ci riferiamo ad una donna. Alcune volte anche utilizzato in tono scherzoso.

I pronomi relativi sono:

  • ce [chi];
  • ca [il quale, la quale, i quali, le quali, di cui, a cui].

Per esempio:

  • Ce ssi ttu? [chi sei?];
  • La segnore ca so acchiàte aiíre [la signora che ho trovato ieri];
  • Le libbre ca tu me si parlàte [i libri di cui mi hai parlato].

Gli aggettivi possessivi e i pronomi possessivi sono questi elencati nella seguente tabella:

Possessivi
Persona Maschile singolare Femminile singolare Plurale indistinto Forma enclitica
1a singolare mìe/mi mìe/mi -me
2a singolare tù tò/tò -te
3a singolare sùie/su sòie/so sùie, sòie/sù, sò' -se
1a plurale nèste/nuste nostre nèste/nuste -
2a plurale véste vostre vuéste -
3a plurale llore llore llore -se

In dialetto barese l'aggettivo possessivo va sempre dopo il nome al quale si riferisce.

  • la màchen'a mé [la mia automobile] (si noti che per vocalizzazione dell'articolo femm. la in 'a, esso si pone sistematicamente in fine di parola (sempre al femminile, al maschile non accade) al fine di ribadire l'oggetto, quindi come traduzione letterale avremo la macchina quella mia che in barese risulta in la machen'a; stessa cosa per gli altri possessivi, ad esempio la pentola tua=sost. sartàscene [lat. sartago, -ginis], > la sartàscene > la sartàscen'a tò/tòie).

Altra caratteristica di questo dialetto è anche la forma enclitica del possessivo tramite suffissi, che però è limitata solamente alle persone:

  • attàne-me [mio padre];
  • màme-te [tua madre];
  • sòre-te [tua sorella];
  • fràt-te [tuo fratello];

e via dicendo.

Le preposizioni semplici sono:

  • de [di];
  • à [a];
  • da [da];
  • iìnde ('nde; 'n) [in];
  • che [con];
  • suse/sope [su];
  • pe [per];
  • mménze, ndra [tra, fra].

Possono fare anche da preposizioni:

  • sotte [sotto];
  • abbàsce/sotte [sotto, giù].
Preposizioni articolate
u la le
de d'u de la de le
á o' à lla à lle
da d'u da lla da lle
iìnde iìnde u/nde u iìnde la/nde a lla iìnde le/iìnde à lle/nde à lle/nde le
che c'u che lla che lle
suse suse u/sus'u suse á/sus'á suse le
pe pe u pe lla pe lle

Le principali locuzioni prepositive sono:

  • da ddo, da ddè > di qua, di là;
  • nzime cche, nzime à > insieme a;
  • fine à/finghe à > fino a;
  • sènze > senza (anche se non è una locuzione);
  • pe ccolpe de > a causa di.

Ca (lat. quia) può avere valore di:

  • preposizione relativa: vogghe a accàtte u prime ca iàcchie. [comprerò il primo che trovo];
  • congiunzione:
    • nella proposizione dichiarativa: u sacce ca ié nu buéne uagnóne. [so che è un bravo ragazzo];
    • nella preposizione consecutiva: téne nu sàcche de llibbre ca la casa sò pare na bibliotéche. [ha tanti libri che la sua casa sembra una biblioteca];
  • introdurre il secondo termine di paragone: iéve chiú la fòdde ca u rèste. [era più la folla che il resto].
  • preposizione troncata: tagghià ch'u chertídde. [tagliare col coltello] (troncato)

Che (lat. quem) può avere valore di:

  • nelle proposizioni finali: veléve che iére chiú iàlte [avrei voluto essere più alto];
  • nelle proposizioni concessive: bàste ca pàghe [basta che paghi];

Il partitivo in barese non esiste, e per tradurlo vengono adoperate due forme:

  • nu picche [un poco];
  • à mmuzze [a morsi "mozzichi", un poco];
  • do [due].

Nella zona murgiana si registrano tali forme:

  • nu mùrse/nu muérse de (lett. un morso di, trad. un po dì)

Congiunzioni, negazioni e affermazioni

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Segue l'elenco delle congiunzioni comuni (laddove le varianti siano omesse possono essere aggiunte):

  • e, "e(d)";
  • o, "o(ppure)";
  • ma, "ma";
  • però, "però";
  • ca, "che";
  • ce/si/ci, "se";
  • percé/peccé/pecché, "perché";
  • come/accóme/accàmme, "come";
  • acchessí/dechessì/dacassì, "così";
  • abbàste ca po/baste ca po, "purché";
  • abbàste ca nan/baste ca nan, "purché non";
  • tande ... ca ..., "tanto ... che ...".

Qui troviamo le principali negazioni e affermazioni:

  • none, "no";
  • nan/non, "non" (la n finale modifica in alcuni casi l'iniziale della parola successiva per un fenomeno di sandhi, es.: nan pozze > nan bozze);
  • mè/mà, "mai";
  • sí/sine, "sì";
  • cèrte, "certo";
  • securaménde/secùre, "sicuramente";
  • sènze méne, "certamente".

Comparativo di maggioranza, minoranza e uguaglianza

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  • Comparativo di maggioranza: Soggetto + verbo essere + chiù + aggettivo + de + ...

Es.: Te véde chiù nzìste de cudde ppe ffatié. (Ti vedo più adatto rispetto a codesto per lavorare).

  • Comparativo di minoranza: Soggetto + verbo essere + méne + aggettivo + de + ...

Es.: Maríe ié mméne gròsse de Nenétte. (Maria è meno grossa di Antonietta).

  • Comparativo di uguaglianza: Soggetto + verbo essere + aggettivo + come + ...

Es.: Ziànete ié bbélle come a la mì. (Tua zia è bella come la mia).

Prima coniugazione: verbo mangiare

Variante del sud-est barese

MANGIÈ
presente imperfetto perfetto presente

continuato

finito

presente

continuato

non finito

imperfetto

continuato

finito

imperfetto

continuato

non finito

passato

compiuto

futuro proibitivo
mangeche mangiàie mangíbbe stoche a mmangeche voche mangianne stè mmangiàie sciàie mangiànne hé mangéte hé mmangé / égghie a mmangé -
mange mangive mangíste stè mmange vè mangianne stè mmangive scive mangianne ha mangéte ha mmangé nan sí mmangianne
Iídde

Iédde

mange mangiàie mangí sté mmange vé mangiànne sté mmangiàie sciàie mangianne ho mangéte ho mmangé / hove a mmangé nan scésse mangianne
mangéme mangéreme mangémme sté mmangéme sciéme mangiànne sté mmangéreme scéreme mangiànne ame mangéte ame a mmangé nan sime mangiànne
mangète mangíreve mangísteve sté mmangéte sciéte mangiànne sté mmangíreve scíreve mangiànne hate mangiéte hate a mmangè nan site mangiànne
Lóre màngene mangévene mangérene stonne a mmàngene vonne mangiànne sté mmangèvene scévene mangianne honne mangéte honne a mmangé nan scéssere mangiànne

Dialetto barese

MANGIÀ
presente imperfetto futuro
màngeke mangiàve hi a mangià
tu mange mangiàve hade a mmangià
iìdde/iédde mange mangiàve have a mangià
mangiàme' mangiàveme avime a mangià
mangiàte mangiàvate avite a mangià
lore màngiene mangiàvene hanne a mangià
Seconda coniugazione: verbo sentire

Variante del sud-est barese

SÈNDE
presente imperfetto perfetto presente

continuato

finito

presente

continuato

non finito

imperfetto

continuato

finito

imperfetto

continuato

non finito

passato

compiuto

futuro proibitivo
sèndeche sendai sendíbbe stoche a ssèndeche voche sendènne stè ssendai sciai sendènne è sendute è ssènde / ègghje a ssènde -
sínde sendive sendíste stè ssínde vè sendènne stè ssendive scive sendènne a sendute a ssènde nan sí sendènne
Iídde

Iédde

sènde sendai sendí stè ssènde vè sendènne stè ssendai sciai sendènne o sendute o ssènde / ove a ssènde nan scèsse sendènne
sendime sendèreme sendèmme stè sendime scème sendènne stè ssendèreme scèreme sendènne ame sendute ame a ssènde nan sime sendènne
sendite sendíreve sendísteve stè ssendite scète sendènne stè ssendíreve scíreve sendènne ate sendute ate a ssènde nan site sendènne
Lóre sèndene sendèvene sendèrene stonne a ssèndene vonne sendènne stè ssendèvene scèvene sendènne onne sendute onne a ssènde nan scèssere sendènne

Variante della città di Bari

SÈNDE
presente imperfetto futuro
sènghe sendéve hi a sènde
Tu sínde sendìve hade a sènde
Iìdde/iédde sènde sendéve have a sènde
sendime sendéveme avíme a sènde
sendite sendíve avíte a sènde
lore sèndene sendévene hanne a sènde

In barese i verbi si differenziano in quattro coniugazioni: , -è, -ì, -e. Nella zona murgiana, però, i verbi di prima coniugazione escono spesso in -è.

Modo indicativo

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Le desinenze per formare l'indicativo presente sono:

  • prima coniugazione: -eche, -e, -e, àme/éme, -àte/éte, -ene;
  • seconda coniugazione: -echee, -e, -e, -íme, -íte, -ene.

Il presente continuato nei dialetti apulo-baresi si forma con l'indicativo presente del verbo stare + a + verbo all'infinito (che può assomigliare alle forme del presente, per esempio fernésce).

  • stogghe a ffà - sto facendo

Tuttavia, a Bari e, in diverse misure, nei dialetti dell'hinterland, si è affermato il costrutto stare + a + verbo all'indicativo presente (più comune nella seconda e terza persona singolare a nord della zona apulo-barese, mentre viene usato in più persone grammaticali nei dialetti più a sud).

  • stà a stùdie - sta/stai studiando
  • stà (a) sséne - stai suonando
  • stà (a) ssòne - sta suonando

Nell'imperfetto troviamo le seguenti desinenze:

  • prima coniugazione: -àve, -àve, -àve, -àme, -àte, -àvene
  • seconda coniugazione: -éve, -éve, -éve, -èmme, -íve, -èvene

Il passato prossimo presenta la formazione seguente: ausiliare èsse/avé al presente + participio passato del verbo.

  • accattá/é (comprare): iì so accattàte, tu si accattàte, ìidde/iédde hav'accattàte, nú sime accattàte, vú site accattàte, lore sònde accattàte.

Lo stesso accade per trapassato prossimo e trapassato remoto. Esempio:

  • iì avéve acchiàte - avevo trovato
  • iì fuébbe mbregghiáte - ebbi imbrogliato

Per il tempo perfetto le desinenze sono:

  • prima coniugazione: -éve, -àste, -ò, -àmme, -àste, -àrene;
  • seconda coniugazione: -íve, -íste, -í, -èmme, -íste, -érene.

Per formare il futuro bisogna ricorrere all'ausiliare avé (avere, dovere) al futuro. Verbo avé al futuro + à + verbo all'infinito.

  • canòsce (conoscere): iì hì à ccanósce, tu hadde a ccanósce, iìdde/iédde have a ccanòsce, nú avíme à ccanósce, vú avíte à ccanósce, lore hanne à ccanósce.

Modo congiuntivo

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Il congiuntivo imperfetto ha delle desinenze proprie:

  • prima coniugazione: -àsse, -àsse, -àsse, -àmme, -àste, -àssere;
  • seconda coniugazione: -èsse, -èsse, -èsse, -èmme, -íste, -èssere.

Modo condizionale

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Il modo condizionale, inesistente, viene sostituito con l'uso dell'imperfetto indicativo o dell'imperfetto congiuntivo.

  • Veléve scí o cineme - Vorrei andare al cinema;
  • Velésse vené pure iì - Vorrei venire anche io.

Nei dialetti murgiani si può presentare anche sotto la forma vulàie o vulisse.

Modo imperativo

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L'imperativo è formato semplicemente con l'aggiunta della desinenza -e per la seconda persona singolare, -àme o -íme per la prima persona plurale, e -àte o -íte per la seconda persona plurale davanti all'infinito del verbo: chiamínde! - guarda!

  • sciàme! - andiamo! (viene molte volte usato anche sciamanínne / andiamocene)
  • venite! - venite!

Modo proibitivo

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Il proibitivo è utilizzato per vietare un'azione o anche in forma di semplice negazione. Viene utilizzato per la seconda persona singolare e per la prima e seconda persona plurale. Si ottiene con la forma nan + indicativo presente del verbo essere + verbo al gerundio. Ad esempio:

  • Nan si scénne - non andare
  • Nan site scénne - non andate
  • Nan sime scénne - non andiamo

Modo gerundio

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Il gerundio si ottiene dall'aggiunta della desinenza -ànne per i verbi del primo gruppo e -ènne per i verbi del secondo davanti alla forma infinita del verbo:

  • ndrepequànne - cadendo
  • fescénne - correndo
  • sendénne - sentendo
  • senànne - suonando

Modo participio

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Il participio passato è formato con l'aggiunta del suffisso -àte per i verbi appartenenti al primo gruppo e del suffisso -úte per i verbi appartenenti al secondo. Tuttavia vi sono anche participi passati uscenti in -ste:

  • viste - visto
  • arremàse - rimasto
  • sciúte - andato

In particolare in ambito poetico ci sono autori che hanno prodotto opere di pregio in dialetto barese; tra questi spiccano Francesco Saverio Abbrescia, Antonio Nitti, Davide Lopez e, più recentemente, Alfredo Giovine, Vito Maurogiovanni.[4]

Varianti locali

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Esistono numerose varianti locali che presentano mutamenti fonetici nella costruzione sintattica della frase, a volte anche netti, con inflessioni dovute al contatto con altri dialetti: si definiscono tali come dialetti di transizione, ne sono esempi i dialetti dell'entroterra murgiano, o della fascia confinante con la provincia tarantina. Eccone alcuni esempi.

Variante Chi è? Che vuoi? Come te lo devo dire? Hai comprato la frutta? Ce ne andiamo in villa? Non si vede il treno C'è solamente una padella
Acquavivese: Ci ié? Ce ué? Accome te l'égghie a disce? Si accattéte la frutte? N'amme a scì ò giardine?* Nan ze véde u trène Sté sckitte na fressóle/tiédde
Altamurano: Ci iié Ciàcche ué? Come te l'hé (a) dìsce? Se accattéte la frutte? N'amme a ggì 'mmènze à lla ville? Nan ze vàite u tréne Sté sckitte na sartàscene/tianèdde
Andriese: Ci a iià?

['t͡ʃa 'ja]

Ciobbà? / Cio vù?

[t͡ʃɔb'ba] / ['t͡ʃjo 'vu]

Cume te l'àgghie ddóice?

['kum 'tə 'laˌggja 'dœjt͡ʃə]

Si accattóite la frette?

[si akːa'tːœjt la 'frətt(ə)]

N'amme a sciòie à lla vélle?

['nam 'a 'ʃojə a la 'vellə]

Nan ze vàite u trèine

['nan 'd͡zə 'vəjt u 'trəjn]

Sté assaléute na sartàscene/tianèdde

['stɛ asːa'lewt 'na sartə'ʃəjn]/[tja'nɛd]

Barese: Ci é? / Ci ié? Ce ué? Come t'ie à ddisce? Si accattàte la frutte? 'Nge n'amme a sscí à lla ville? Non ze véde u trène Ce sta asselúte na fresóle
Barlettano: Ci iié? Ce vu? Accóme te l'hé (a) ddéisce? Ha accattàte a frutte? Nge n'amme a sscí à vville? Nan se vate u trène Sté assalóute na tianídde
Biscegliese: Ci à?

[t͡ʃi (j) 'a]

Ce vóu?

[t͡ʃɛ 'vːɜu̯]

Come te r'àgghie a déce? / Come te u àgghie á déce?

[komə tə r agːj a 'dəːt͡ʃə] / [komə tu (w) agːj a 'dəːt͡ʃə]

Si accattòte la frutte?

[si akːatːɔtə la 'frɵu̯tːə]

N'émme a scé à la ville (palazzìne)?

[n ɛmː a ʃə a la 'vɘi̯lːə]

Nan ze vaide u trène

[nan dzə vai̯d u 'trɛːnə]

Sté sole na sartàscene / tiédde

[ste solə na sar'taʃənə]/ [ti'ɪdːə]

Bitettese: - Ce iié? Come te u hàdde a disce? - N'amme a ssciàie à lla ville? - -
Bitontino: Ci iéie? Ce iiéie? / Ce vu? / Ce ié ca vu? Caúme te u àgghie a ddóice? Si accattéute la frutte? N'amme a ssciòie jind'à lla ville? Nan ze vàite u trèine Sté sckitte na fresàule / tièdde
Canosino: Ce ià? Ce vvu? / Ce ssò ca véu? / Ce da? / Ce vve chiànne? Cume te l'agghie à ddésce? Ha accattéte la frutte? Nan ze vàite u trène Nan se vate u trène Sté sckitte na tièdde
Castellanese: Ci è? Cé vvu? Come te l'ègghie à ddésce? Ha accattòte a frutte? Nan ze véde u trène Ama scé a la ville? Sté sckìtte na padèlle
Cistranese: Ci è? Cé vvù Come te l'è ddìscere? Ha accattéte a frutte? Ma sscì 'nda ville? Nan ze véde u tréne Stè sckitte na taèdde
Conversanese: Ci è? Cé vvu? Come te u àgghie à ddésce? Si accattàte la frutte? Non ze véde u trène / Non z'àcchie u trène Non ze véde u trène / Non z'àcchie u trène 'Nge sté sckétte na padèlle
Coratino: Ci è? Cé dé? / Ce dé? Accáme t'u àgghie à ddisce? Si accattàte la frutte? Nan ze vàite u trène Nan ze vàite u trène Sté assalúte na sartàscene
Fasanese: Ci è? Ce vù? Accume t'aggie desce? L'accattòte a frutte? N'amme a scè 'nville? Nan ze vade u trane Sté sckitte na tianédde
Gioiese: Ci è? Ce iié? / Cé iié ca ué? / Cé vví acchiànne? - - - - -
Giovinazzese: Ci iié? Cé rrò? / Cé vvu? Accáme t'u hi à ddéisce? Si accattéte la frutte? N'amme a sscé 'nville? Nan se vàite u trène Ste sckitte na tièdde
Gravinese: Ci ié? / Ci ièie? Acciòcche vù / Ciòcche vu? Accámme te l'àgghie à ddéisce? Ha accattòite la frutte? N'amme a sscí mménze à la ville? Nan ze vòite u trène Sté sckitte na tièdde/sartàscene
Grumese: Ci è? Ce dé? Come t'u agghie a déisce Si accattéte la frutte? N'ame a scéie mmézze a la ville? Nan se vàite u tréne Sté solaménde na fresàule
Minervinese: Ci iàie? Ce vvùie? / Ce che ià ca vu? / Ce vve acchianne? Cume te l'àgghie à dèice? Ha accattàte la frutte? N'imme a scéie à lla ville?** Nan ze vàisce u tréne / Nan z'affítte u tréne Stàie sckitte na sartàscene/tièdde
Modugnese: Ci iiéie? Ciàbbe ué? / Ciàitte ué? Come t'uè à ddóisce? - - - -
Molese: Ce iié? Cia ié? Cume t'u àgghie à ddéisce? Ha accattéte a frotte? N'amme a sscé à lla vélle? Nan ze vàite u tràine Sté sckétte na fressàule / tièdde
Molfettese: Ci è? Ce vvu? Coéme t'u àgghie à ddáisce? Si accattàte la frutte? N'amme a sciàie à lla ville? Nen ze véte u tràen Sté ssaoleménde ne sartàsce / Sté ne sartàsce assóle
Monopolitano[5]: Ci je̋?***

['t͡ʃiː 'j̯ə]

Cia vvù?

['t͡ʃa 'vːu]

Accume te̋ l'àgghjé (e) ddèiscere?

['akkumə 'tə ˌla'ggʲæː 'dæʃt͡ʃərə]

È accattéte â frotte̋?

[e ˌa̯kːa'tːæt ɑː 'froːtːə]

N'amē sce̋ 'nvelle? / N'amē sce̋ jínde â velle?

['namæː 'ʃə ˌnveː'lːə] / ['namæː 'ʃə 'jəndə ɑː ˌveː'lːə]

Nan źe̋ vede u tréne

['nan d͡zə 'vədə̯ u 'træːnə]

Sté sckètte ne tiēnèdde

['stɛ ʃkɛ't̩ 'nɛ djɛː'nɛdːə]

Mottolese: Ce jè? Ce vvu? Accomm t'e l'àgghia ddisce? Ha accattéte la frutte? N'amma scí alla ville? Nan s'affitt u tren Sté sckìtte na tiedde
Nocese: Cí è? / Cin'è? Cia' uè? / Cia' uè acchjanne? Accome te l'è ddisce? / Accome te l'ègghje a ddisce? - N'ame a sscí en vílle? Nan z'affítte nu tréne Stè sckítte na tièdde
Nojano: Ci n'à? - - - - - -
Palagianese: Ci ié? Ce vvú? Come t'l'àgghia a ddisce? Ha accattéte a frutte? N'amma scí alla ville? No s affitt u trène Sté sckítte na tièdde
Palese: Ci iié? Ce ddé? / Ce dé? Come t'uè dóisce? Ha accattàte la frutte? N'amme a sciòie à lla ville? Nan ze vàite u trène Sta sckitte na fressàule
Polignanese: Ci è? Ce vvù? / Ce dé? Accáume t'u àgghie à ddisce? He accattéte a frutte? N'amm'à sciú 'mminze 'a cchiazze?**** Non ze véide u trèine Sté sckitte na tianèlle
Putignanese: Ce n'ìe? Ce vvu? / Ce iìe? Accumme te hé (a) ddéscere? Ha accattàte a frotte? Amme a scéie mmìnze o còrse?***** Nan se ver' u trène Stìe sckette na tielle
Rutiglianese: Ci é? Ce ué acchiánne? Coume te le ddéisce? Ha accattéte a frutte? Ma scí sotte 'a ville? Nen s'affítte u tràene Sté sckitte na tièdde
Ruvestino: Ci é? Ce vu? / Ce dé? Kòm tu u aghì-a déiscǝ? Si accattòtǝ r fruttǝ? Nǝ šiòmà m-bac la villǝ? Nan ƺǝ vàid u trènǝ Sté assaliųtǝ na sartàscǝnǝ
Sammichelino: Ci é? Ce iié? / Ce uè? Accóme te l'hì a ddisce? / Come te hi à ddisce? - Ne amme a sscí nde a vville? / N'amme a sscí (e)n ville? Nan se véde u trène / Nan s'affítte u trène Stè sckitte na frezzòle
Sannicandrese: Ci iiàie? Ce dàie? Come te u agghie à ddóisce? Si accattóite la frutte? Na ma scoi a la vill? Nan ze váide u tràine Stéu asseléute na tièdde/ frsaùl
Santermano: Ci è? Ce uè? Come te l'agghie a disce? Si accattète la frutte? (Am)me a scí abbasce 'a ville? / N(e) (am)me a scí abbasce 'a ville?****** Nan ze véde u trene Sté sckitte na padélle
Spinazzolese: C ghè? C vù? Com t l'aia dòic? Ha accatt't la frott? N'ama scè nda la vell? Nan ze vàit u tren Stè sckett na padell
Terlizzese: Ci à? Ce ddà? Accàme te u hà (a) ddéisce? Si accattéte la frotte? N'amme a scéie mménze a vélle? Nan ze vàite u trène Sté ssolaménde na sartàscene
Tranese: Ci iàie? Ce vù? Come te l'égghie à ddéice? Ha accattàte la frutte? 'Nge n'amme a sscé nde a la ville? Nan ze váite u tràine -
Triggianese: Ci è? Ce vuè? Come te u hué à ddìsce? - - - -
Turese: Cin'è? Ce igghié? Come te l'ègghie à ddìsce? Si accatéte la frutte? - Nan s'affítte u trène Sté sckitte na frezzóle/tièdde

* Ad Acquaviva delle Fonti si utilizza la parola "giardino" (giardini pubblici) per riferirsi alla villa.

** A Minervino Murge non si utilizza il termine villa, bensì Faro, da cui: N'imme a scéie ó Fàre?

*** La è una tonica muta dal suono indistinto nelle monosillabiche.

**** A Polignano si utilizza la parola "piazza" per riferirsi alla villa.

***** A Putignano si è soliti passeggiare su Corso Umberto I

****** A Santeramo si dice correntemente "giù in villa" per riferirsi alla villa comunale.

Avverbi di luogo

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  • do', "qui"
  • dà / dè, "là";
  • addove / addó, "dove";
  • abbàsce / ndérre, "giù";
  • sotte, "sotto";
  • fòre / lla ffòre, "fuori" (ma anche "in campagna");
  • nnanze / da nànze, "davanti";
  • de rembétte, /de fronde, mbacce, "di fronte";
  • apprísse, "appresso";
  • ndràte, "indietro";
  • vecìne, "vicino";
  • lendàne, "lontano";
  • atterne, "attorno".
  • mmére, "dalle parti di..."

Avverbi di tempo

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  • iosce, "oggi";
  • aìre, "ieri";
  • nustérze (variante murgiana) "avantieri"
  • la iòsce, "pomeriggio";
  • crà, "domani";
  • pescrà, "dopodomani";
  • poscrà, "il giorno successivo a dopodomani";
  • de matíne, "di mattina";
  • de di, "di giorno";
  • de sére, "di sera";
  • de notte, "di notte";
  • sémbe, "sempre";
  • mo', "ora, adesso";
  • po', "poi";
  • mo ppùnde, "proprio ora";
  • sùbete, "subito";
  • tarde, "tardi";
  • angóre, "ancora";
  • tanne/quanne iére u timbe, "allora, all'epoca";
  • mbríme, "prima";
  • da mo nnanze/da mo de nanze, "da adesso in avanti";
  • mo iéve, "ne è passato di tempo"

Avverbi di quantità

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  • assà / assé, "molto";
  • chiú, "più";
  • méne, "meno";
  • troppe, "troppo";
  • picche, "poco";
  • n'ogne, "un poco"
  • nudde, "niente";
  • pe nnudda nudde, "nient'affatto".

Locuzioni avverbiali

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  • da ssòpe / pure u rréste amme a avé, "per giunta";
  • à ttutte vanne, "dovunque";
  • come à nna saiétte, "velocemente";
  • o scure , "senza luce, al buio";
  • non zia mà / nan zia mé / mogghie a dDì, "non sia mai", "non voglia Dio";
  • mo mo, "or ora";
  • à 'mmane à 'mmane / a iònze a iònze, "man mano";
  • bélle bélle, "pian piano";
  • fescénne fescénne / fuscénne fuscénne, "in fretta e furia";
  • a ccuérte a ccuérte, "per la via più breve".
  • a dritte e a térte , "bene o male"
  • (a) tené gèse gèse (Gravina), "tenere una cosa con cura"

Vocaboli di origine araba

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  • تَابُوت tābūt > tavúte [bara][6]

Vocaboli di origine greca

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  • κύκλος (kìklos) > cùchele "focaccia di forma circolare", appunto "ciclo"; anche nel dialetto lucano
  • άμυλον (àmilon) > àmele "contenitore di terracotta"
  • εδώ (edò) > dò, addò "qui"
  • απορρήματα (aporrìmata) > remmàte "immondizia"
  • κέντρον (kèntron) > cèndre "chiodo"
  • κεράσιον (keràsion) > ceràse "ciliegia"
  • αμύγδαλο (amìgdalo) > amínue "mandorla"
  • πετροσέλινο (petrosèlino) > pedresíne "prezzemolo"
  • Να! > Nà! "ecco!"

Vocaboli di origine latina

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  • lat. volgare gire (< lat. classico ire) > scí
  • cicer > cícere "cece"
  • cras > crà "domani"
  • digitum > díscete "dito";
  • deexcitare > descetà "svegliare"
  • mox > "adesso, subito"
  • post cras > pescrà "dopodomani"
  • presbiter > prévete "prete"
  • phaseolus > fasúle "fagiolo"
  • mystax > mestàzze/mustàzz "baffi"
  • adcaptare > accattà/è "comprare"

Vocaboli di origine francese

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Vocaboli di origine spagnola

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  • susto > suste "angoscia"
  • estropeado > strepiàte "rotto, danneggiato"
  • esparadrapo > sparatràppe "cerotto"

La tabella che segue offre un confronto tra alcuni termini apulo-baresi e alcuni stranieri simili tra loro per suono e significato: la similitudine non prova tuttavia un rapporto di derivazione, dal momento che in molti casi la parola apulo-barese ha relazioni provate con i dialetti vicini o con il latino medievale. L'affinità con la lingua straniera può essere quindi una coincidenza o un effetto della comune derivazione dal latino di entrambe le varietà linguistiche.

Apulo-barese Lemma italiano standard con uguale significato Lemma simile in una lingua straniera Lingua di riferimento del lemma straniero
abbàsce giù / in basso / abbasso (prima persona dell'indicativo presente nel verbo abbassare) ad + bassum / abajo / abaixo / en bas / a baix latino / spagnolo / portoghese / francese / catalano
muíne chiasso / casino / fracasso / ammoina amohinar / amoïnar spagnolo / catalano
acídde uccello augellum latino
ajíre ieri ad + heri / ayer / hier latino / spagnolo / francese
buàtte barattolo boîte francese
cape de zzì Vengìnze nullatenente caput sine censu latino
Papàle papàle camminata lenta παπελε παπελε (papel papel = un passo dopo l'altro)[espressione presente solo in una manciata di siti sui dialetti italiani meridionali] greco antico
ceràse ciliegia cerasum latino
Checchiàre cucchiaio cochlearia / cuchara latino / spagnolo
crà domani cras latino
Fenéstre finestra fenestra latino
Allassà lasciare laxare latino
Mesàle tovaglia da tavolo μησάλιον (mesálion)[termine apparentemente inesistente in greco, si trova solo in una manciata di siti sui dialetti italiani meridionali; molto più probabile l'etimologia dal latino mensalis] / mesa (tavolo) / mensa (tavolo, pasto, altare) greco antico / spagnolo / latino
Mestazze baffi moustákion / moustache greco bizantino[7] / francese
Pedresíne prezzemolo petroselinum latino
Arellògge orologio horologium / reloj / rellotge / ὡρολόγιον (horológion) latino / spagnolo / catalano / greco
Semàne settimana semaine /sə'mɛn/ francese
Sparatràppe cerotto esparadrapo
sparadrap
esparadrap
spagnolo
francese
catalano
Sparàgne risparmio épargne francese
Tavúte[6] bara ataúd / taüt / تَابُوت (tābūt) spagnolo / catalano / arabo
Tirabbusciò cavatappi tire-bouchon francese

Estratti in lingua

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Attàne nèste - Il Padre Nostro

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Attànma e nèste,
ca stà n-gìile,
sandefecàte iè u nome tù,
dange u Règne tù,
sèmbe ca iè la volondà tò,
accòme n-gìile acchesì n-dèrre.
Dange iòsce u ppane nèste d, tutte le dì.
e allìvenge le peccàte nèste,
accòme nù le levàme a ll'alde–
e nno nge sì mettènne – la prove,
ma scànzece do male,
Amen.

Ave Marì - L'Ave Maria

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Ave MarìQuesto gruppo dialettale è
chiène de grazzie,
u Seggnòre stà che ttè
Tu si benedètte m-mènze a le fèmmene
e benedètte iè u frutte de la venda tò: Gesù.
Sanda Marí,
mamme de Dòmene DDì,
prighe pe nnù peccatùre,
finghe a ll'ore de la morta noste,
Amen.

Glorie o U-attàne - Gloria al Padre

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Glorie o U-attàne
o Figghie
e o Spìrde Sande.
Accòme iève iìnd'o prengìbbie
mò e ssèmbe
iìnd'a le sèghele de le sèghele.
Amen.

U repòse atèrne - L'Eterno riposo

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U repòse atèrne
regàle a llore Seggnòre,
appìcce sop'a llore
la lusce perpètue,
arrepòsene mbàsce,
Amen.

Iàngeue de Dòmene DDì - Angelo di Dio

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Iàngeue de Dòmene DDì
ca sì u uardiàne mì,
lusce, astìpeme, rìsceme e guidìsceme,
ca te fubbe date da la pietà Celèste,
Amen.

Preghìre de la matìne - Preghiera del mattino

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T'adorèsceche o Dòmene DDì mì
e tte vogghe bbène che ttutte u core,
te rengrazièche percè me sì criàte,
lebberàte, fatte crestiàne e astepàte iìnd'a cchèssa notte.
Me mbègneche o Dòmene DDì mì, ca aiùte de la grazzia tò,
de fescì da ogne peccàte e da tutte le cassiùne de peccàte
e te prègheche, p'amòre de Gesù, de darme la forze.
No cchèdda mè, ma se va fà la volondà tò
o Dòmene DDì.

Preghìre de la sère - Preghiera della sera

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T'adore o Dòmene DDì mì,
e tte vogghe bbène che ttutte u core,
te rengràzieche percè me sì criàte,
lebberàte, fatte crestiàne e astepàte iìnd'a cchèssa dì.
Damme la grazzie de recanòssce le peccàte mì
e de sendì addavère delòre.
No cchèdda mè, ma s'av'a fà la volondà tò
o Dòmene DDì.

Estratti da varianti di comuni dell'entroterra murgiano (gravinese e ruvestino)

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Preghìre de la not - Preghiera della notte (gravinese)

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Mcolc e madurmesc,
sus o Cil s dscn tre mess,
ci Di' mprvides l'anmamì nans prdes.
A captl du litt mi ste la presenz di Di',
alt ste la Santissm Trinitè,
dal pit la Mari Maddaln rispon pn'abella vousc
facimc u Segn d Sant Crousc.

Preghiere scritte secondo le regole del Seminario di studi ed approfondimento del dialetto Barese di Mondo Antico e Tempi Moderni. L'ultima preghiera è scritta secondo la tradizione orale tramandata a Gravina in Puglia.

Attòn nuostǝ - Il Padre Nostro (ruvestino)

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Attòn nuostǝ,
ca stè n-cìdd,
sandǝfkòtǝ u nàume tìuǝ,
vìannǝ u Règnǝ tìuǝ,
ca vènǝ fattǝ la vòlùndǫ tìuǝ,
kòm in-dala kìis aksǝi n-dìàrǝ.
Dàš òšǝ r pònǝ nuostǝ dǝ tuttǝ r dèi.
e lìvǝ r peccòtǝ nuostǝ,
kòm nìuǝ r levòmǝ a ll'aldǝ
e nan-ge sì mìttǝ a r provǝ,
ma scànzǝcǝ dù mòlǝ,
Amen.

Note: ǝ (e muta) š (sc), č (ch), ň (gn), ų semivocale, k (c dura)

Preghiera scritta secondo gli studi del cultore di storia locale e lingue locali, il ruvestino Angelo Tedone[8]


  1. ^ Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" in accordo alle norme ISO 639-1, 639-2 o 639-3. Negli altri casi, viene usato il termine "dialetto".
  2. ^ Università di Verona: I verbi modali nei dialetti pugliesi, su researchgate.net.
  3. ^ Enciclopedia Treccani: Definizione di "scevà" o "schwa", su treccani.it.
  4. ^ Giacinto Spagnoletti, La Puglia e i suoi poeti dialettali, su bpp.it. URL consultato il 14 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 16 novembre 2011).
  5. ^ Luigi Reho, Dizionario etimologico del monopolitano, Fasano, Schena Editore, gennaio 2008, SBN RML0006378.
  6. ^ a b Centro di studi filologici e linguistici siciliani, De Blasi-Montuori (PDF), in Giovani Ruffino (a cura di), Bollettino, Palermo, 2012, pp. 166-172.
  7. ^ Ricerca | Garzanti Linguistica
  8. ^ 12^ GIORNATA NAZIONALE DEI DIALETTI Angelo Tedone: «Il dialetto rubastino una vera e propria lingua», in ruvolive.it, 17 gennaio 2024.
  • Michele Loporcaro, Grammatica storica del dialetto di Altamura, Pisa, Ist. Editoriali e Poligrafici, 1988.
  • Bari fra dialetto e poesia, Caratù Pasquale, Daniele M. Pegorari, Rubano Anna, Palomar, 2008.
  • Vocabolario dialettale barese, Barracano Vito, Adda, 2000.
  • D'Amaro, Sergio. "Apulia" Archiviato il 29 agosto 2008 in Internet Archive.
  • Enrica Gentile, Lorenzo Gentile, Dizionario del dialetto barese, Lecce, Edizioni Grifo, 2022.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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